Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il sole e la lucerna

In mezzo ad uno scampanare fioco
sorse e batté su taciturne case
il sole, e trasse d'ogni vetro il fuoco.
C'era ad un vetro tuttavia, rossastro
un lumicino. Ed ecco il sol lo invase,
lo travolse in un gran folgorìo d'astro.
E disse, il sole: - Atomo fumido! Io
guardo, e tu fosti. - A lui l'umile fiamma:
- Ma questa notte tu non c'eri, o dio;
e un malatino vide la sua mamma
alla mia luce, fin che tu sei sorto.
Oh! grande sei, ma non ti vede: è morto! -
E poi, guizzando appena:
- Chiedeva te! Che tosse!
Voleva te! Che pena!
Tu ricordavi al cuore
suo le farfalle rosse
su le ginestre in fiore!
Io stavo lì da parte...
gli rammentavo sere
lunghe di veglia e carte
piene di righe nere!
Stavo velata e trista,
per fargli il ben non vista. -.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il corvo

    Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

    Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

    Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,

    D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.

    "C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta

    Solo questo e nulla più. "

    Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

    Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

    Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri

    Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

    La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

    E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

    E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

    Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,

    Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

    "È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,

    Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

    Ecco: è questo e nulla più"

    Poi mi feci coraggio e senza più esitare

    "Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,

    Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,

    Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

    Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:

    C'erano solo tenebre e nulla più. "

    Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

    Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

    Si era osato sognare: ma nessuno violò

    Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

    Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:

    "Lenore". Solo quello e nulla più.

    Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.

    Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

    E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa

    Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

    Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

    Ma è solo il vento, nulla più. "

    Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

    Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

    Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

    E con aria di dame o di gran gentiluomo

    Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta

    Si posò, si sedette, e nulla più.

    Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,

    Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

    "Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile

    Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.

    Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "

    Disse il Corvo: "Mai più".

    Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,

    Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,

    Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

    Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:

    Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"

    Allora disse il Corvo: "Mai più".

    Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

    "Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta

    A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

    Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,

    Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:

    Mai, mai più".

    Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

    Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

    Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

    Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.

    Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico

    Potesse voler dire gracchiando "Mai più".

    Sedevo in congetture senza dire parola

    All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

    Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

    Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

    Sul viola del velluto dove la lampada luceva

    E che purtroppo Lei non premerà mai più.

    Parve più densa l'aria, profumata da un occulto

    Turibolo, oscillato da leggeri serafini

    Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda

    Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

    Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "

    Disse il Corvo "Mai più".

    "Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

    Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda

    O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

    Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,

    Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "

    Disse il Corvo: "Mai più".

    "Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

    Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

    Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta

    Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

    La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".

    Disse il Corvo: "Mai più".

    "Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai

    "uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

    Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

    Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

    Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"

    Disse il Corvo: "Mai più".

    E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

    Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

    E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

    E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

    E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento

    Non si solleverà "Mai più" mai più.
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      Scritta da: Gaetano Toffali
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Sognando la religione

      Signore
      non credo non credo
      eppure sono qui
      davanti inginocchiato
      Ah se sapessi
      mi piacciono le contraddizioni
      per poter restare me stesso
      Sono uno stupido
      non occorre che te lo dica
      il meno riuscito
      dei tuoi figli
      Sono brutto sono un fallito
      eppure non ho nulla da chiederti,
      non voglio miracoli per me,
      mi accontento che il sole
      mi dica buongiorno.
      Signore, non sono qui
      per fare la ruota come un pavone
      ma neanche per battermi il petto
      domandando perdono.
      Io sono solo un bambino
      che piange e arranca e fatica.
      Io muoio su una croce diversa
      mordendo i chiodi
      e spingendo i piedi
      verso il basso a sentire
      l'erba che cresce.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Io non mi sento italiano

        L'Italia è una repubblica democratica fondata... sulla pasta!

        Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo lo sono.

        Mi scusi Presidente
        non è per colpa mia
        ma questa nostra Patria
        non so che cosa sia.
        Può darsi che mi sbagli
        che sia una bella idea
        ma temo che diventi
        una brutta poesia.
        Mi scusi Presidente
        non sento un gran bisogno
        dell'inno nazionale
        di cui un po' mi vergogno.
        In quanto ai calciatori
        non voglio giudicare
        i nostri non lo sanno
        o hanno più pudore.

        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo lo sono.

        Mi scusi Presidente
        se arrivo all'impudenza
        di dire che non sento
        alcuna appartenenza.
        E tranne Garibaldi
        e altri eroi gloriosi
        non vedo alcun motivo
        per essere orgogliosi.
        Mi scusi Presidente
        ma ho in mente il fanatismo
        delle camicie nere
        al tempo del fascismo.
        Da cui un bel giorno nacque
        questa democrazia
        che a farle i complimenti
        ci vuole fantasia.

        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo lo sono.

        Questo bel Paese
        pieno di poesia
        ha tante pretese
        ma nel nostro mondo occidentale
        è la periferia.

        Mi scusi Presidente
        ma questo nostro Stato
        che voi rappresentate
        mi sembra un po' sfasciato.
        È anche troppo chiaro
        agli occhi della gente
        che tutto è calcolato
        e non funziona niente.
        Sarà che gli italiani
        per lunga tradizione
        son troppo appassionati
        di ogni discussione.
        Persino in parlamento
        c'è un'aria incandescente
        si scannano su tutto
        e poi non cambia niente.

        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo lo sono.

        Mi scusi Presidente
        dovete convenire
        che i limiti che abbiamo
        ce li dobbiamo dire.
        Ma a parte il disfattismo
        noi siamo quel che siamo
        e abbiamo anche un passato
        che non dimentichiamo.
        Mi scusi Presidente
        ma forse noi italiani
        per gli altri siamo solo
        spaghetti e mandolini.
        Allora qui mi incazzo
        son fiero e me ne vanto
        gli sbatto sulla faccia
        cos'è il Rinascimento.

        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo lo sono.

        Questo bel Paese
        forse è poco saggio
        ha le idee confuse
        ma se fossi nato in altri luoghi
        poteva andarmi peggio.

        Mi scusi Presidente
        ormai ne ho dette tante
        c'è un'altra osservazione
        che credo sia importante.
        Rispetto agli stranieri
        noi ci crediamo meno
        ma forse abbiam capito
        che il mondo è un teatrino.
        Mi scusi Presidente
        lo so che non gioite
        se il grido "Italia, Italia"
        c'è solo alle partite.
        Ma un po' per non morire
        o forse un po' per celia
        abbiam fatto l'Europa
        facciamo anche l'Italia.

        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo lo sono.

        Io non mi sento italiano
        ma per fortuna o purtroppo
        per fortuna o purtroppo
        per fortuna
        per fortuna lo sono.
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          Scritta da: Paolo P
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Francesca

          Venivi innanzi uscendo dalla notte
          recavi fiori in mano
          ora uscirai fuori da una folla confusa,
          da un tumulto di parole intorno a te.
          Io che ti avevo veduta fra le cose prime
          mi adirai quando sentii dire il tuo nome
          in luoghi volgari.
          Avrei voluto che le onde fredde sulla mia mente fluttuassero
          e che il mondo inaridisse come una foglia morta,
          o vuota bacca di dente di leone, e fosse spazzato via,
          per poterti ritrovare,
          sola.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Possibilità

            Preferisco il cinema.
            Preferisco i gatti.
            Preferisco le querce sul fiume Warta.
            Preferisco Dickens a Dostoevskij.
            Preferisco me che vuol bene alla gente
            a me che ama l'umanità.
            Preferisco avere sottomano ago e filo.
            Preferisco il colore verde.
            Preferisco non affermare
            che l'intelletto ha la colpa di tutto.
            Preferisco le eccezioni.
            Preferisco uscire prima.
            Preferisco parlare con i medici d'altro.
            Preferisco le vecchie illustrazione a tratteggio.
            Preferisco il ridicolo di scrivere poesie
            al ridicolo di non scriverne.
            Preferisco in amore gli anniversari non tondi,
            da festeggiare ogni giorno.
            Preferisco i moralisti
            che non mi promettono nulla.
            Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
            Preferisco la terra in borghese.
            Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
            Preferisco avere delle riserve.
            Preferisco l'inferno del caos all'inferno dell'ordine.
            Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
            Preferisco foglie senza fiori a fiori senza foglie.
            Preferisco i cani con la coda non tagliata.
            Preferisco gli occhi chiari, perché li ho scuri.
            Preferisco i cassetti.
            Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
            a molte pure qui non menzionate.
            Preferisco gli zeri alla rinfusa
            che non allineati in una cifra.
            Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
            Preferisco toccare ferro.
            Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
            Preferisco prendere in considerazione perfino la possibilità
            che l'essere abbia una sua ragione.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Del non leggere

              In libreria con l'opera di Proust
              non ti danno un telecomando,
              non puoi cambiare
              sulla partita di calcio
              o sul telequiz con in premio una Volvo.

              Viviamo più a lungo,
              ma con minor esattezza
              e con frasi più brevi.

              Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
              e torniamo con foto invece di ricordi.
              Qui sono io con uno.
              Là, credo, è il mio ex.
              Qui sono tutti nudi,
              quindi di certo in spiaggia.

              Sette volumi - pietà.
              Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
              o meglio ancora mostrarli in immagini?
              Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola,
              ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P.

              E poi tra parentesi, chi mai era costui.
              Scriveva, dicono, a letto, per interi anni.
              Un foglio dopo l'altro,
              a velocità ridotta.
              Noi invece andiamo in quinta
              e - toccando ferro - stiamo bene.
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