Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

La canzone del Girarrosto

Domenica! Il dì che a mattina
sorride e sospira al tramonto!...
Che ha quella teglia in cucina?
Che brontola brontola brontola...
È fuori un frastuono di giuoco,
per casa è un sentore di spigo...
Che ha quella pentola al fuoco?
Che sfrigola sfrigola sfrigola...
E già la massaia ritorna
da messa;
così come trovasi adorna,
s'appressa:
la brage qua copre, là desta,
passando, frr, come in un volo,
spargendo un odore di festa,
di nuovo, di tela e giaggiolo.
La macchina è in punto; l'agnello
nel lungo schidione è già pronto;
la teglia è sul chiuso fornello,
che brontola brontola brontola...
Ed ecco la macchina parte
da sé, col suo trepido intrigo:
la pentola nera è da parte,
che sfrigola sfrigola sfrigola...

Ed ecco che scende, che sale,
che frulla,
che va con un dondolo eguale
di culla.
La legna scoppietta; ed un fioco
fragore all'orecchio risuona
di qualche invitato, che un poco
s'è fermo su l'uscio, e ragiona.
È l'ora, in cucina, che troppi
due sono, ed un solo non basta:
si cuoce, tra murmuri e scoppi,
la bionda matassa di pasta.
Qua, nella cucina, lo svolo
di piccole grida d'impero;
là, in sala, il ronzare, ormai solo,
d'un ospite molto ciarliero.
Avanti i suoi ciocchi, senz'ira
né pena,
la docile macchina gira
serena,
qual docile servo, una volta
ch'ha inteso, né altro bisogna:
lavora nel mentre che ascolta,
lavora nel mentre che sogna.
Va sempre, s'affretta, ch'è l'ora,
con una vertigine molle:
con qualche suo fremito incuora
la pentola grande che bolle.
È l'ora: s'affretta, né tace,
ché sgrida, rimprovera, accusa,
col suo ticchettìo pertinace,
la teglia che brontola chiusa.
Campana lontana si sente
sonare.
Un'altra con onde più lente,
più chiare,
risponde. Ed il piccolo schiavo
già stanco, girando bel bello,
già mormora, in tavola! In tavola!,
e dondola il suo campanello.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La sera del dì di festa

    Dolce e chiara è la notte e senza vento,
    E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
    Posa la luna, e di lontan rivela
    Serena ogni montagna. O donna mia,
    Già tace ogni sentiero, e pei balconi
    Rara traluce la notturna lampa:
    Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
    Nelle tue chete stanze; e non ti morde
    Cura nessuna; e già non sai né pensi
    Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
    Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
    Appare in vista, a salutar m'affaccio,
    E l'antica natura onnipossente,
    Che mi fece all'affanno. A te la speme
    Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
    Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
    Questo dì fu solenne: or dà trastulli
    Prendi riposo; e forse ti rimembra
    In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
    Piacquero a te: non io, non già ch'io speri,
    Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
    Quanto a viver mi resti, e qui per terra
    Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
    In così verde etate! Ahi, per la via
    Odo non lunge il solitario canto
    Dell'artigian, che riede a tarda notte,
    Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
    E fieramente mi si stringe il core,
    A pensar come tutto al mondo passa,
    E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
    Il dì festivo, ed al festivo il giorno
    Volgar succede, e se ne porta il tempo
    Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
    Di què popoli antichi? Or dov'è il grido
    Dè nostri avi famosi, e il grande impero
    Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
    Che n'andò per la terra e l'oceano?
    Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
    Il mondo, e più di lor non si ragiona.
    Nella mia prima età, quando s'aspetta
    Bramosamente il dì festivo, or poscia
    Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
    Premea le piume; ed alla tarda notte
    Un canto che s'udia per li sentieri
    Lontanando morire a poco a poco,
    Già similmente mi stringeva il core.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Minerva Jones

      Sono Minerva, la poetessa del villaggio,
      fischiata, schernita dai villanzoni della strada
      per il mio corpo goffo, l'occhio guercio, e il passo largo
      e tanto più quando "Butch" Weldy
      mi prese dopo una lotta brutale.
      Mi abbandonò al mio destino col dottor Meyers;
      e io sprofondai nella morte, gelando dai piedi alla faccia, come chi scenda in un'acqua di ghiaccio.
      Vorrà qualcuno recarsi al giornale,
      e raccogliere i versi che scrissi? —
      Ero tanto assetata d'amore!
      Ero tanto affamata di vita!
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Marzia Ornofoli
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Eppure primavera è nell'aria

        Pieno inverno: il contadino vigoroso
        Trasporta le fascine della legnaia gelida
        e batte i piedi contro il focolare.
        Sul fuoco che langue getta i ceppi freschi
        e ride perché la vampata spaventa
        i suoi bambini. Eppure, primavera è nell'aria.
        Cinta di erba gioia, verde sorridente.
        E avanti indietro per il campo va il seminatore
        e dietro a lui ridendo un ragazzino spaventa i corvi
        Rapaci, coi suoi strilli. Allora il castagno si veste
        Splendidamente, e sull'erba si iega il fiore cremoso
        In eccesso odoroso.
        Composta lunedì 17 agosto 2009
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Rosarita De Martino
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          A Dio

          Sempre ti chiamo
          quando tocco il fondo,
          so il numero a memoria
          e ti disturbo come un maniaco
          abbarbicato al telefono;
          lascio un messaggio se sei fuori.
          So che a volte cancelli
          a qualche fortunato
          il debito che tutti con te abbiamo.
          La bolletta falla pagare a me,
          ma dimmi almeno
          che non farai tagliare la mia linea.
          Ti prego, quando echeggerà
          quell'ultimo e dolorante squillo,
          Dio-per-Dio!
          non staccare: rispondimi!
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Anna Pacelli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            L'albatro

            Per dilettarsi, sovente, le ciurme
            catturano degli àlbatri, marini
            grandi uccelli, che seguono, indolenti
            compagni di viaggio, il bastimento
            che scivolando va su amari abissi.
            E li hanno appena sulla tolda posti
            che questi re dell'azzurro abbandonano,
            inetti e vergognosi, ai loro fianchi
            miseramente, come remi, inerti
            le candide e grandi ali. Com'è goffo
            e imbelle questo alato viaggiatore!
            Lui, poco fa sì bello, com'è brutto
            e comico! Qualcuno con la pipa
            il becco qui gli stuzzica; là un altro
            l'infermo che volava, zoppicando
            scimmieggia.
            Come il principe dei nembi
            è il Poeta che, avvezzo alla tempesta,
            si ride dell'arciere: ma esiliato
            sulla terra, fra scherni, camminare
            non può per le sue ali di gigante.
            Vota la poesia: Commenta
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Aquila solitaria

              Un migliaio di anni,
              un migliaio di paure,
              un migliaio di lacrime
              abbiamo versato
              l'uno per l'altro,
              come falene
              alla fiamma,
              un gioco mortale,
              bambini smarriti
              in cerca
              della loro mamma,
              e quando i cuori cantano,
              la musica porta
              una magia
              come nessun'altra,
              il freddo inverno,
              non una mano da stringere,
              l'estate
              breve
              e assolata,
              e la mattina,
              stretta
              a te,
              momenti preziosi,
              teneri, amorosi,
              divertenti,
              ballavamo,
              ridevamo,
              volavamo,
              crescevamo,
              osavamo,
              volevamo vene
              più di quanto qualunque anima
              potesse capire
              o accettare,
              la luce cosi splendente,
              l'accordo cosi perfetto,
              per cento
              preziose
              stagioni,
              la falena
              la fiamma,
              la danza
              le stesse,
              poi ali spezzate
              e cose
              tenute come un tesoro
              in pezzi
              intorno a noi,
              il sogno
              l'unico
              per il quale mi struggo,
              qui o là,
              le nostre anime
              messe a nudo,
              fra un milione di anni,
              il mio cuore
              ti terrà
              sempre
              con se.
              Vota la poesia: Commenta