Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

L'ultimo canto di Saffo

Placida notte, e verecondo raggio
Della cadente luna; e tu che spunti
Fra la tacita selva in su la rupe,
Nunzio del giorno; oh dilettose e care
Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato,
Sembianze agli occhi miei; già non arride
Spettacol molle ai disperati affetti.
Noi l'insueto allor gaudio ravviva
Quando per l'etra liquido si volve
E per li campi trepidanti il flutto
Polveroso dè Noti, e quando il carro,
Grave carro di Giove a noi sul capo,
Tonando, il tenebroso aere divide.
Noi per le balze e le profonde valli
Natar giova trà nembi, e noi la vasta
Fuga dè greggi sbigottiti, o d'alto
Fiume alla dubbia sponda
Il suono e la vittrice ira dell'onda.
Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella
Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta
Infinita beltà parte nessuna
Alla misera Saffo i numi e l'empia
Sorte non fenno. À tuoi superbi regni
Vile, o natura, e grave ospite addetta,
E dispregiata amante, alle vezzose
Tue forme il core e le pupille invano
Supplichevole intendo. A me non ride
L'aprico margo, e dall'eterea porta
Il mattutino albor; me non il canto
Dè colorati augelli, e non dè faggi
Il murmure saluta: e dove all'ombra
Degl'inchinati salici dispiega
Candido rivo il puro seno, al mio
Lubrico piè le flessuose linfe
Disdegnando sottragge,
E preme in fuga l'odorate spiagge.
Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
In che peccai bambina, allor che ignara
Di misfatto è la vita, onde poi scemo
Di giovanezza, e disfiorato, al fuso
Dell'indomita Parca si volvesse
Il ferrigno mio stame? Incaute voci
Spande il tuo labbro: i destinati eventi
Move arcano consiglio. Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor. Negletta prole
Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo
Dè celesti si posa. Oh cure, oh speme
Dè più verd'anni! Alle sembianze il Padre,
Alle amene sembianze eterno regno
Diè nelle genti; e per virili imprese,
Per dotta lira o canto,
Virtù non luce in disadorno ammanto.
Morremo. Il velo indegno a terra sparto
Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
E il crudo fallo emenderà del cieco
Dispensator dè casi. E tu cui lungo
Amore indarno, e lunga fede, e vano
D'implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal. Me non asperse
Del soave licor del doglio avaro
Giove, poi che perir gl'inganni e il sogno
Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
Giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra
Della gelida morte. Ecco di tante
Sperate palme e dilettosi errori,
Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
Han la tenaria Diva,
E l'atra notte, e la silente riva.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Knowlt Hoheimer

    Io fui il primo frutto della battaglia di Missionary Ridge.
    Quando sentii la pallottola entrarmi nei cuore
    mi augurai di esser rimasto a casa e finito in prigione
    per quel furto dei porci di Curl Trenary,
    invece di fuggire e arruolarmi.
    Mille volte meglio il penitenziario
    che avere addosso questa statua di marmo alata,
    e il piedistallo di granito
    con le parole "Pro Patria".
    Tanto, che vogliono dire?
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Le conchiglie

      Ogni incrostata conchiglia che sta
      In quella grotta in cui ci siamo amati
      Ha la sua propria particolarità.

      Una dell'anima nostra ha la porpora
      Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
      Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

      Un'altra imita te nei tuoi languori
      E nei pallori tuoi di quando, stanca,
      Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

      Questa fa specchio a come in te s'avvolge
      La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
      Alla tenera e corta nuca rosa;

      Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Per Teeo di Argo lottatore

        Mutando a vicenda la sorte,
        essi un giorno dimorano presso Zeus,
        il padre diletto; un altro, nelle cavità della terra,
        nei recessi di Terapne,
        compiendo un uguale destino. Questa vita
        scelse Polluce, più che essere in tutto un dio
        e abitare nel cielo, poi che era morto
        Castore in guerra.
        L'aveva trafitto Ida
        irato per i buoi, con la punta della lancia di bronzo.
        Dal Taigeto, spiando, Linceo
        lo scorse acquattato nel cavo
        di un tronco di quercia: ché di tutti i mortali
        egli aveva più acuto
        lo sguardo. Con corsa veloce subito
        lo raggiunsero, e ordirono in breve il grande misfatto.
        Ma dalle mani di Zeus una pena terribile patirono
        gli Afaretidi. Inseguendo,
        giunse presto il figlio di Leda; ed essi si opposero
        a lui presso la tomba del padre.
        Divelta di qui una pietra levigata, ornamento di Ade,
        la scagliarono contro il petto a Polluce; ma non lo schiacciarono
        né lo respinsero. Balzò egli con la lancia veloce,
        e immerse il bronzo nel fianco a Linceo.
        Contro Ida scagliò Zeus il suo fulmine, portatore di fuoco, fumoso:
        insieme essi arsero, in solitudine. Difficile è per i mortali
        lottare coi più forti.
        Sùbito il figlio di Tindaro
        tornò indietro presso il forte fratello:
        non morto ancora, ma per l'affanno
        scosso da rantoli convulsi lo trovò.
        Versando lacrime calde, tra i gemiti,
        gridò: "Padre Cronide, quale rimedio sarà
        ai miei dolori? Ordina anche a me,
        insieme a lui, la morte, o Signore.
        Per l'uomo privato dei suoi cari
        perduta è la gloria: nell'affanno, sono pochi i mortali
        che, fedeli, partecipano alle pene". Così
        disse. Zeus davanti gli venne
        e pronunciò queste parole: "Tu sei mio figlio;
        poi, congiuntosi alla madre tua
        l'eroe suo sposo stillo
        il seme mortale. Ma orsù, questa scelta
        io ti concedo: se evitata la morte
        e la vecchiezza aborrita,
        tu vuoi abitare con me nell'Olimpo,
        con Atena e con Ares dalla lancia nera,
        è possibile a te questa sorte. Ma se per il fratello combatti,
        e ogni cosa pensi dividere con lui in parte uguale,
        metà del tempo vivrai sotto la terra,
        e metà nelle dimore d'oro del cielo".
        Così parlò. E Polluce non pose alla mente un duplice pensiero:
        sciolse l'occhio e poi la voce
        di Castore dalla cintura di bronzo.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Sera

          Sera piovosa in grigio stanco.
          Tutto è così.
          Gli alberi secchi
          la mia stanza solitaria.
          E i ritratti vecchi
          e il libro intonso...
          Trasuda la tristezza dai mobili
          e dall'anima.
          Forse
          la Natura ha per me
          il cuore di cristallo.
          E mi duole la carne del cuore
          e la carne dell'anima.
          E parlando
          le mie parole restano nell'aria
          come sugheri sull'acqua.
          Solo per i tuoi occhi
          soffro questo male;
          tristezze del passato
          tristezze che verranno.
          Sera piovosa in grigio stanco.
          E va la vita.
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            Scritta da: snivella
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Pecore nella nebbia

            Le colline digradano nel bianco.
            Persone o stelle mi guardano con tristezza, le deludo.

            Il treno lascia dietro una linea di fiato.
            Oh lento cavallo color della ruggine, zoccoli, dolorose campane.

            È tutta la mattina che
            la mattina sta annerendo, un fiore lasciato fuori.

            Le mie ossa racchiudono un'immobilità, i campi
            lontani mi sciolgono il cuore.

            Minacciano
            di lasciarmi entrare in un cielo
            senza stelle né padre, un'acqua scura.
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              Scritta da: Nadia De Luca
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Elevation

              Al di là degli stagni, delle valli e dei monti,
              al di là dei boschi, delle nuvole e dei mari,
              al di là del sole, al di là dell'aria,
              al di là dei confini delle stellate sfere,

              Tu, mio spirito, ti muovi con agilità
              e, come buon nuotatore che gode tra le onde,
              allegro solchi la profonda immensità
              con indocile e maschia voluttà.

              Fuggi lontano dai morbosi miasmi,
              voli a purificarti nell'aria più alta,
              e bevi, come un puro liquido divino,
              il fuoco chiaro che colma spazi limpidi.

              Le spalle alla noia e ai vasti affanni
              che opprimono col loro peso la nebbiosa vita,
              felice chi con ali vigorose
              si eleva verso campi sereni e luminosi;

              Chi lancia i pensieri come allodole
              in libero volo verso il cielo del mattino,
              - chi si libra sulla vita e comprende senza sforzo
              il linguaggio dei fiori e delle cose mute!
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                Scritta da: Andrew Ricooked
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Buddha Chinaski dice

                A volte
                devi
                indietreggiare
                di uno o
                due passi,
                ri-
                considerare

                staccare
                per un
                mese

                non
                fare niente
                non
                volere
                fare niente

                la pace è
                fondamentale
                il ritmo è
                fondamentale

                qualsiasi cosa
                tu voglia
                non
                l'avrai
                provandoci
                con troppa
                insistenza.

                Stacca
                per
                dieci anni

                sarai
                più
                forte

                stacca
                per
                venti anni

                sarai
                amcora più
                forte.

                Non c'è niente in
                palio
                comunque

                e
                ricorda che
                la seconda cosa più bella
                del mondo
                è
                una notte di sonno
                tranquillo

                e
                la più bella:
                una morte
                serena.

                Nel frattempo
                paga la bolletta del
                gas
                se riesci
                e
                cerca di non
                litigare con tua
                moglie.
                Composta domenica 3 gennaio 2010
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                  Scritta da: Gabriella Stigliano
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Pensiero, io non ho più

                  Pensiero, io non ho più parole.
                  Ma cosa sei tu in sostanza?
                  qualcosa che lacrima a volte,
                  e a volte dà luce....
                  Pensiero, dove hai le radici?
                  Nella mia anima folle
                  o nel mio grembo distrutto?
                  Sei cosi ardito vorace,
                  consumi ogni distanza;
                  dimmi che io mi ritorca
                  come ha già fatto Orfeo
                  guardando la sua Euridice,
                  e cosi possa perderti
                  nell'antro della follia.
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