La vita ci bacia sull'una e l'altra guancia
di giorno e di mattina;
ma ride delle nostre grandi imprese
alla sera e all'aurora.
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La vita ci bacia sull'una e l'altra guancia
di giorno e di mattina;
ma ride delle nostre grandi imprese
alla sera e all'aurora.
Sarei stata grande come George Eliot
ma il destino non volle.
Guardate il ritratto che mi fece Penniwit,
col mento appoggiato alla mano e gli occhi fondi —
e grigi e indaganti lontano.
Ma c'era il vecchio, l'eterno problema:
celibato, matrimonio o impudicizia?
Venne il ricco esercente John Slack,
con la promessa che avrei potuto scrivere a mio agio,
e io lo sposai, misi al mondo otto figli,
e non ebbi più tempo per scrivere.
Per me, comunque, era tutto finito
quando l'ago mi trafisse la mano
mentre lavavo i panni del bambino,
e morii di tetano, un'ironica morte.
Anime ambiziose, ascoltate,
il sesso è la rovina della vita!
Le mani con un tremito
del telefono stringevano il filo;
mi aveva poco prima
recato la tua voce
che mi diceva addio.
Un vagante raggio ebbe la luce,
tenue filo dell'anima
del mio bacio donato
solo dal desiderio.
Ma dall'esilio ci libererà
l'ostinato mio amore.
La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.
Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.
A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
Ero nuda tra le sue mani
sotto la gonna alzata
nuda come non mai.
Il mio giovane corpo
era tutto una festa
dalla punta dei miei piedi
ai capelli sulla testa
Ero come una sorgente
che guidava la bacchetta
del rabdomante
Noi facevamo il male
il male era fatto bene.
Pieno inverno: il contadino vigoroso
Trasporta le fascine della legnaia gelida
e batte i piedi contro il focolare.
Sul fuoco che langue getta i ceppi freschi
e ride perché la vampata spaventa
i suoi bambini. Eppure, primavera è nell'aria.
Cinta di erba gioia, verde sorridente.
E avanti indietro per il campo va il seminatore
e dietro a lui ridendo un ragazzino spaventa i corvi
Rapaci, coi suoi strilli. Allora il castagno si veste
Splendidamente, e sull'erba si iega il fiore cremoso
In eccesso odoroso.
Un migliaio di anni,
un migliaio di paure,
un migliaio di lacrime
abbiamo versato
l'uno per l'altro,
come falene
alla fiamma,
un gioco mortale,
bambini smarriti
in cerca
della loro mamma,
e quando i cuori cantano,
la musica porta
una magia
come nessun'altra,
il freddo inverno,
non una mano da stringere,
l'estate
breve
e assolata,
e la mattina,
stretta
a te,
momenti preziosi,
teneri, amorosi,
divertenti,
ballavamo,
ridevamo,
volavamo,
crescevamo,
osavamo,
volevamo vene
più di quanto qualunque anima
potesse capire
o accettare,
la luce cosi splendente,
l'accordo cosi perfetto,
per cento
preziose
stagioni,
la falena
la fiamma,
la danza
le stesse,
poi ali spezzate
e cose
tenute come un tesoro
in pezzi
intorno a noi,
il sogno
l'unico
per il quale mi struggo,
qui o là,
le nostre anime
messe a nudo,
fra un milione di anni,
il mio cuore
ti terrà
sempre
con se.
Quando ama pacato
a Musa e mente arguta e cuor gentile.
Nonno, l'argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri
passi tra i fichi, i susini e i peri
con nelle mani un cesto di primizie:
"Le piogge di Settembre già propizie | gonfian sul ramo i fichi bianchi e neri,
susine claudie varietà pregiata di susine...
a chi lavori e speri
Gesù concede tutte le delizie" Mi specchio ancora nello specchio rotto
rivedo i finti frutti d'alabastro...
Ma tu sei morto e non c'è più Gesù.
Giro le spalle al mare che conosco,
al mio essere umano me ne torno,
e quanto c'è nel mare lo sorprendo
nella pochezza mia di cui son conscio.
Di naufragi ne so più del mare,
dagli abissi che sondo torno esangue,
e perché da me nulla lo separi,
vive annegato un corpo nel mio sangue.