Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

La sera

Sei appena uscito di prigione
e appena uscito
ecco tua moglie incinta.
La sera la prendi sottobraccio.
Ve ne andate a passeggio per le strade del quartiere.
Ha il ventre quasi fino al naso tua moglie.
E il suo peso sacro lo porta con civetteria.
Tu sei fiero e pieno di rispetto.
Fa fresco,
una freschezza come le mani di un bimbo infreddolito.
I gatti del quartiere aspettano attorno alla macelleria.
Al primo piano, la macellaia ricciuta,
i grossi seni appoggiati sul davanzale,
contempla il tramonto.
In mezzo al cielo compare una stella,
limpida e bella come un bicchier d'acqua.
L'estate è durata a lungo quest'anno
e se i gelsi sono ingialliti, i fichi sono ancora verdi.
Refik, il tipografo,
e la figlia più giovane di Jorghi, il lattaio,
passeggiano su e giù, con le dita intrecciate.
Karabè, il pizzicagnolo, ha già acceso le luci.
Quest'armeno non ha dimenticato il massacro di suo padre
tra le montagne curde.
Ma a te, ti vuol bene.
Anche tu non li puoi perdonare
quelli che hanno messo questo marchio sulla fronte del popolo turco.
I malati, i tisici del quartiere guardano da dietro i vetri.
Il figlio di Nuriye, la lavandaia,
disoccupato, ingobbito dalla tristezza,
s'avvia verso la bettola.
In casa di Rahmi si sente il radio-giornale.
Hanno mandato 4500 ragazzi in un paese dell'Estremo Oriente
per massacrare i loro fratelli, dal viso giallo lunare.
Il tuo viso arrossisce di collera e di vergogna.
Non sei obiettivo, no, al diavolo,
ma triste
di una tristezza tua propria,
una tristezza con le mani e i piedi legati,
come se fossi ancora in prigione,
e giù in guardina sentissi i gendarmi battere i contadini .
La notte è caduta.
Il passeggio serale è terminato.
Una jeep della polizia entra nella strada.
Tua moglie sussurra: "andrà a casa? ".
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    L'assiuolo

    Dov'era la luna? Ché il cielo
    notava in un'alba di perla,
    ed ergersi il mandorlo e il melo
    parevano a meglio vederla.
    Venivano soffi di lampi
    da un nero di nubi laggiù:
    veniva una voce dai campi:
    chiù...
    Le stelle lucevano rare
    tra mezzo alla nebbia di latte:
    sentivo il cullare del mare,
    sentivo un fru fru tra le fratte;
    sentivo nel cuore un sussulto,
    com'eco d'un grido che fu.
    Sonava lontano il singulto:
    chiù...
    Su tutte le lucide vette
    tremava un sospiro di vento;
    squassavano le cavallette
    finissimi sistri d'argento
    (tintinni a invisibili porte
    che forse non s'aprono più?... );
    e c'era quel pianto di morte...
    chiù...
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Elogio della rosa (Adone)

      Poi le luci girando al vicin colle,
      dov'era il cespo che ' bel piè trafisse,
      fermossi alquanto a rimirarlo, e volle
      il suo fior salutar pria che partisse;
      e vedutolo ancor stillante e molle
      quivi porporeggiar, così gli disse:
      "Sàlviti il Ciel da tutti oltraggi e danni,
      fatal cagion dei miei felici affanni:
      Rosa, riso d'Amor, del Ciel fattura,
      rosa del sangue mio fatta vermiglia,
      pregio del mondo e fregio di natura,
      de la Terra e del Sol vergine figlia,
      d'ogni ninfa e pastor delizia e cura,
      onor de l'odorifera famiglia,
      tu tien d'ogni beltà le palme prime,
      sovra il vulgo dè fior Donna sublime.
      Quasi in bel trono Imperatrice altera
      siedi colà su la nativa sponda.
      Turba d'aure vezzosa e lusinghiera
      ti corteggia d'intorno e ti seconda;
      e di guardie pungenti armata schiera
      ti difende per tutto, e ti circonda.
      E tu fastosa del tuo regio vanto
      porti d'or la corona e d'ostro il manto.
      Porpora dè giardin, pompa dè prati,
      gemma di primavera, occhio d'aprile,
      dite le Grazie e gli Amoretti alati
      fan ghirlanda a la chioma, al sen monile.
      Tu, qualor torna a gli alimenti usati
      ape leggiadra o zeffiro gentile,
      dài lor da bere in tazza di rubini
      rugiadosi licori e cristallini.
      Non superbisca ambizioso il Sole
      di trionfar fra le minori stelle,
      che ancor tu fra i ligustri e le viole
      scopri le pompe tue superbe e belle.
      Tu sei con tue bellezze uniche e sole
      splendor di queste piagge, egli di quelle.
      Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo,
      tu Sole in terra, ed egli rosa in cielo.
      E ben saran tra voi conformi voglie:
      dite fia '1 Sole, e tu del Sole amante,
      ei de l'insegne tue, de le tue spoglie
      l'aurora vestirà nel suo levante.
      Tu spiegherai nè crini e ne le foglie
      la sua livrea dorata e fiammeggiante,
      e per ritrarlo ed imitarlo appieno
      porterai sempre un picciol Sole in seno. "
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        Scritta da: Francesca Fontana
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Solo et pensoso

        Solo et pensoso i più deserti campi
        vo mesurando a passi tardi e lenti,
        e gli occhi porto per fuggire intenti
        ove vestigio uman l'arena stampi.

        Altro schermo non trovo che mi scampi
        dal manifesto accorger de le genti;
        perché ne gliatti d'alegrezza spenti
        di fuor si legge com'io dentro avampi:

        sì ch'io mi credo omai che monti e piagge
        e fiumi e selve sappian di che tempre
        sia la mia vita, ch'è celata altrui.

        Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
        cercar non so ch'Amore non venga sempre
        ragionando con meco, et io co llui.
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          Scritta da: Marzia Ornofoli
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Eppure primavera è nell'aria

          Pieno inverno: il contadino vigoroso
          Trasporta le fascine della legnaia gelida
          e batte i piedi contro il focolare.
          Sul fuoco che langue getta i ceppi freschi
          e ride perché la vampata spaventa
          i suoi bambini. Eppure, primavera è nell'aria.
          Cinta di erba gioia, verde sorridente.
          E avanti indietro per il campo va il seminatore
          e dietro a lui ridendo un ragazzino spaventa i corvi
          Rapaci, coi suoi strilli. Allora il castagno si veste
          Splendidamente, e sull'erba si iega il fiore cremoso
          In eccesso odoroso.
          Composta lunedì 17 agosto 2009
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato romano

            Li osservo, questi uomini, educati
            ad altra vita che la mia: frutti
            d'una storia tanto diversa, e ritrovati,
            quasi fratelli, qui, nell'ultima forma
            storica di Roma. Li osservo: in tutti
            c'è come l'aria d'un buttero che dorma
            armato di coltello: nei loro succhi
            vitali, è disteso un tenebrore intenso,
            la papale itterizia del Belli,
            non porpora, ma spento peperino,
            bilioso cotto. La biancheria, sotto,
            fine e sporca; nell'occhio, l'ironia
            che trapela il suo umido, rosso,
            indecente bruciore. La sera li espone
            quasi in romitori, in riserve
            fatte di vicoli, muretti, androni
            e finestrelle perse nel silenzio.
            È certo la prima delle loro passioni
            il desiderio di ricchezza: sordido
            come le loro membra non lavate,
            nascosto, e insieme scoperto,
            privo di ogni pudore: come senza pudore
            è il rapace che svolazza pregustando
            chiotto il boccone, o il lupo, o il ragno;
            essi bramano i soldi come zingari,
            mercenari, puttane: si lagnano
            se non ce n'hanno, usano lusinghe
            abbiette per ottenerli, si gloriano
            plautinamente se ne hanno le saccocce
            piene.
            Se lavorano - lavoro di mafiosi macellari,
            ferini lucidatori, invertiti commessi,
            tranvieri incarogniti, tisici ambulanti,
            manovali buoni come cani - avviene
            che abbiano ugualmente un'aria di ladri:
            troppa avita furberia in quelle vene...

            Sono usciti dal ventre delle loro madri
            a ritrovarsi in marciapiedi o in prati
            preistorici, e iscritti in un'anagrafe
            che da ogni storia li vuole ignorati...
            Il loro desiderio di ricchezza
            è, così, banditesco, aristocratico.
            Simile al mio. Ognuno pensa a sé,
            a vincere l'angosciosa scommessa,
            a dirsi: "È fatta, " con un ghigno di re...
            La nostra speranza è ugualmente ossessa:
            estetizzante, in me, in essi anarchica.
            Al raffinato e al sottoproletariato spetta
            la stessa ordinazione gerarchica
            dei sentimenti: entrambi fuori dalla storia,
            in un mondo che non ha altri varchi
            che verso il sesso e il cuore,
            altra profondità che nei sensi.
            In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.
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              Scritta da: Luisa Marcangeli
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Nonno, l'argento della tua canizie
              rifulge nella luce dei sentieri
              passi tra i fichi, i susini e i peri
              con nelle mani un cesto di primizie:
              "Le piogge di Settembre già propizie | gonfian sul ramo i fichi bianchi e neri,
              susine claudie varietà pregiata di susine...
              a chi lavori e speri
              Gesù concede tutte le delizie" Mi specchio ancora nello specchio rotto
              rivedo i finti frutti d'alabastro...
              Ma tu sei morto e non c'è più Gesù.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Non inizia più armonico momento
                per noi, dacché la forza immotivata
                d'amore usò più cruda disciplina.
                Ora nei nostri aspetti già traspare
                la ferina imminenza del piacere.
                Né so, quando mi penetri di baci
                quanto di te il mio spirito trascini.
                Se la tua bianca veste mi raggiunge
                ardo di colpa e muovo l'innocente
                orma del desiderio alle tue case
                e per te che mi piaci
                io cresco in tenerezza senza fine.
                E ti seguo, io, ombra del tuo anello
                di spirito profondo
                ignorata da te, ma ti raggiungo
                nella mia aperta fantasia gioiosa.
                E mi carico sempre di peccati
                presso le porte delle meretrici.
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