Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Valeria S
in Poesie (Poesie d'Autore)

Un sogno

In visioni di notturna tenebra
spesso ho sognato svanite gioie -
mentre un sogno, da sveglio, di vita e di luce
m'ha lasciato col cuore implacato.

Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno
per colui il cui sguardo si posa
su quanto a lui è d'intorno con un raggio
che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?

Quel sogno beato - quel sogno beato,
mentre il mondo intero m'era avverso,
m'ha rallegrato come un raggio cortese
che sa guidare un animo scontroso.

E benché quella luce in tempestose notti
così tremolasse di lontano -
che mai può aversi di più splendente e puro
nella diurna stella del Vero?
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Della morte

    Entrate, amici miei, accomodatevi
    siate i benvenuti
    mi date molta gioia.
    Lo so, siete entrati per la finestra della mia cella
    mentre dormivo.
    Non avete rovesciato la brocca
    nè la scatola rossa delle medicine.
    I visi nella luce delle stelle
    state mano in mano al mio capezzale.

    Com'è strano
    vi credevo morti
    e siccome non credo nè in Dio nè all'aldilà
    mi rammaricavo di non aver potuto
    offrirvi ancora un pizzico di tabacco.

    Com'è strano
    vi credevo morti
    e voi siete venuti per la finestra della mia cella
    entrate, amici miei, sedetevi
    siate i benvenuti
    mi date molta gioia.

    Hascìm, figlio di Osmàn,
    perché mi guardi a quel modo?
    Hascìm figlio di Osmàn
    è strano
    non eri morto, fratello,
    a Istanbul, nel porto
    caricando il carbone su una nave straniera?
    Eri caduto col secchio in fondo alla stiva
    la gru ti ha tirato su
    e prima di andare a riposare
    definitivamente
    il tuo sangue rosso aveva lavato
    la tua testa nera.
    Chi sa quanto avevi sofferto.

    Non restate in piedi, sedetevi.
    Vi credevo morti.
    Siete entrati per la finestra della mia cella
    i visi nella luce delle stelle
    siate i benvenuti
    mi date molta gioia.

    Yakùp, del villaggio di Kayalar
    salve, caro compagno,
    non eri morto anche tu?
    Non eri andato nel cimitero senz'alberi
    lasciando ai tuoi bambini la malaria e la fame?
    Faceva terribilmente caldo, quel giorno
    e allora, non eri morto?

    E tu, Ahmet Gemìl, lo scrittore?
    Ho visto coi miei occhi
    la tua bara scendere nella fossa.
    Credo anche di ricordarmi
    che la tua bara fosse un po' corta per la tua statura.

    Lascia stare, Gemìl
    vedo che ce l'hai sempre, la vecchia abitudine
    ma è una bottiglia di medicina, non di rakì.
    Ne bevevi tanto
    per poter guadagnare cinquanta piastre al giorno
    e dimenticare il mondo nella tua solitudine.

    Vi credevo morti, amici miei
    state al mio capezzale la mano in mano
    sedete, amici miei, accomodatevi.
    Benvenuti, mi date molta gioia.

    La morte è giusta, dice un poeta persiano,
    ha la stessa maestà colpendo il povero e lo scià.
    Hascìm, perché ti stupisci?
    Non hai mai sentito parlare di uno scià
    morto in una stiva con un secchio di carbone?
    La morte è giusta, dice un poeta persiano.

    Yakùp
    mi piaci quando ridi, caro compagno
    non ti ho mai visto ridere così
    quando eri vivo ...
    Ma lasciatemi finire
    la morte è giusta dice un poeta persiano ...

    Lascia quella bottiglia, Ahmer Gemìl,
    non t'arrabbiare, so quel che vuol dire
    affinché la morte sia giusta
    bisogna che la vita sia giusta.

    Il poeta persiano ...
    Amici miei, perché mi lasciate solo?

    Dove andate?
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Le Ciaramelle

      Udii tra il sonno le ciaramelle,
      ho udito un suono di ninne nanne.
      Ci sono in cielo tutte le stelle,
      ci sono i lumi nelle capanne.
      Sono venute dai monti oscuri
      le ciaramelle senza dir niente;
      hanno destata nè suoi tuguri
      tutta la buona povera gente.
      Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
      accende il lume sotto la trave;
      sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
      di cauti passi, di voce grave.
      Le pie lucerne brillano intorno,
      là nella casa, qua su la siepe:
      sembra la terra, prima di giorno,
      un piccoletto grande presepe.
      Nel cielo azzurro tutte le stelle
      paion restare come in attesa;
      ed ecco alzare le ciaramelle
      il loro dolce suono di chiesa;
      suono di chiesa, suono di chiostro,
      suono di casa, suono di culla,
      suono di mamma, suono del nostro
      dolce e passato pianger di nulla.
      O ciaramelle degli anni primi,
      d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
      or che le stelle son là sublimi,
      conscie del nostro breve mistero;
      che non ancora si pensa al pane,
      che non ancora s'accende il fuoco;
      prima del grido delle campane
      fateci dunque piangere un poco.
      Non più di nulla, sì di qualcosa,
      di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
      quel pianto grande che poi riposa,
      quel gran dolore che poi non duole;
      sopra le nuove pene sue vere
      vuol quei singulti senza ragione:
      sul suo martòro, sul suo piacere,
      vuol quelle antiche lagrime buone!
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        Scritta da: Sonia Ghinelli
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        LXIV Sonetto

        Per tanto amore la mia vita si tinse di viola
        e andai di rotta in rotta come gli uccelli ciechi
        fino a raggiungere la tua finestra, amica mia:
        tu sentisti un rumore di cuore infranto

        e lì dalle tenebre mi sollevai al tuo petto,
        senz'essere e senza sapere andai alla torre del frumento,
        sorsi per vivere tra le tue mani,
        mi sollevai dal mare alla tua gioia.

        Nessuno può dire ciò che ti devo, è lucido
        ciò che ti devo, amore, ed è come una radice,
        nativa d'Araucania, ciò che ti devo, amata.

        È senza dubbio stellato tutto ciò che ti devo,
        ciò che ti devo è come il pozzo d'una zona silvestre
        dove il tempo conservò lampi erranti.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Inni alla notte e cantico dei morti

          Noi sogniamo di viaggi per l'universo:
          ma l'universo non è forse dentro di noi?
          Noi non conosciamo gli abissi del nostro spirito.
          La via segreta che conduce all'interno.
          In noi, e in nessun altro luogo,
          sta l'eternità con i suoi mondi, il passato e il futuro.
          Il mondo esterno è il mondo delle ombre,
          e getta le sue ombre nel regno della luce.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Don Chisciotte

            Il cavaliere dell'eterna gioventù
            seguì, verso la cinquantina,
            la legge che batteva nel suo cuore.
            Partì un bel mattino di luglio
            per conquistare il bello, il vero, il giusto.
            Davanti a lui c'era il mondo
            coi suoi giganti assurdi e abietti
            sotto di lui Ronzinante
            triste ed eroico.

            Lo so
            quando si è presi da questa passione
            e il cuore ha un peso rispettabile
            non c'è niente da fare, Don Chisciotte,
            niente da fare
            è necessario battersi
            contro i mulini a vento.

            Hai ragione tu, Dulcinea
            è la donna più bella del mondo
            certo
            bisognava gridarlo in faccia
            ai bottegai
            certo
            dovevano buttartisi addosso
            e coprirti di botte
            ma tu sei il cavaliere invincibile degli assetati
            tu continuerai a vivere come una fiamma
            nel tuo pesante guscio di ferro
            e Dulcinea
            sarà ogni giorno più bella.
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              Scritta da: Francesca Fontana
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Divina Commedia, V canto inferno

              O animal grazïoso e benigno
              che visitando vai per l'aere perso
              noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

              se fosse amico il re de l'universo,
              noi pregheremmo lui de la tua pace,
              poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

              Di quel che udire e che parlar vi piace,
              noi udiremo e parleremo a voi,
              mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

              Siede la terra dove nata fui
              su la marina dove 'l Po discende
              per aver pace cò seguaci sui.

              Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
              prese costui de la bella persona
              che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

              Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
              mi prese del costui piacer sì forte,
              che, come vedi, ancor non m'abbandona.

              Amor condusse noi ad una morte.
              Caina attende chi a vita ci spense.
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                Scritta da: Erika Moon
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Canzone del maschio e della femmina

                Canzone del maschio e della femmina!
                Il frutto dei secoli
                che spreme il suo succo
                nelle nostre vene.

                La mia anima che si diffonde nella tua carne distesa
                per uscire migliorata da te,
                il cuore che si disperde
                stirandosi come una pantera,
                e la mia vita, sbriciolata, che si annoda
                a te come la luce alle stelle!

                Mi ricevi
                come il vento la vela.

                Ti ricevo
                come il solco il seme.

                Addormentati sui miei dolori
                se i miei dolori non ti bruciano,
                legati alle mie ali,
                forse le mie ali ti porteranno,
                dirigi i miei desideri,
                forse ti duole la loro lotta.

                Tu sei l'unica che possiedo
                da quando persi la mia tristezza!

                Lacerami come una spada
                o senti come un'antenna!

                Baciami,
                mordimi,
                incendiami,
                che io vengo alla terra
                solo per il naufragio dei miei occhi di maschio
                nell'acqua infinita dei occhi di femmina!
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