Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Era de maggio

Era de maggio e te cadeano 'nzino
a schiocche a schiocche li ccerase rosse...
Fresca era ll'aria e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciente passe.

Era de maggio — io, no, nun me scordo —
na canzona cantàvamo a ddoje voce:
cchiù tiempo passa e cchiù me n'allicordo,
fresca era ll'aria e la canzona doce.

E diceva. "Core, core!
core mio, luntano vaje;
tu me lasse e io conto ll'ore,
chi sa quanno turnarraje! "

Rispunnev'io: "Turnarraggio
quanno tornano li rrose,
si stu sciore torna a maggio
pure a maggio io stonco cca".

E sò turnato, e mo, comm'a na vota,
cantammo nzieme lu mutivo antico;
passa lu tiempo e lu munno s'avota,
ma ammore vero, no, nun vota vico.

De te, bellezza mia, m'annamuraje,
si t'allicuorde, nnanze a la funtana:
l'acqua Ilà dinto nun se secca maje.
e ferita d'ammore nun se sana.

Nun se sana; ca sanata
si se fosse, gioia mia,
mmiezo a st'aria mbarzamata
a guardare io nun starria!

E te dico — Core, core!
core mio, turnato io sò:
torna maggio e torna ammore,
fa de me chello che buò!
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Solitudine

    Che vergogna andare al cinema da solo
    senza un amico, senza un'amica, senza moglie,
    là dove tutti gli spettacoli sembrano tanto brevi
    e tanto lunga la loro attesa.

    Che vergogna
    in questa interiore guerra dei nervi
    davanti alle coppiette beffarde del foyer
    in un angoletto, tutto rosso, masticare un pasticcino,
    come se ci fosse di che restar confusi...
    Noi,
    fuggendo la solitudine
    e l'angoscia
    ci buttiamo in qualsiasi compagnia,
    e così degli obblighi che fanno schiavi di amicizie senza senso
    ti perseguiteranno ftno alla tomba.

    Le amicizie si formano in modo assurdo:
    gli uni si danno al bere senza una ragione,
    gli altri non sono interessati che ai fronzoli e alle donnacce,
    e c'è pure chi
    sembra occupare il tempo in discussioni astratte,
    ma di fatto
    si somigliano tutti tra di loro...
    Molte son le forme della vanità!
    O l'una,
    o l'altra chiassosa compagniaa...
    Non saprei a quante di queste
    io sia riuscito a sfuggire!

    E come caduto in un nuovo tranello,
    sono riuscito a sfuggire,
    lasciandovi il pelo,
    sono sfuggito!
    Mi sei dinanzi, vuota libertà...
    Perché diavolo mi sei necessaria! Mi sei cara
    e insieme odiosa,
    come una moglie non amata e fedele.
    E tu, amata mia,
    come stai tu?
    Ti sei liberata delle tue vane preoccupazioni?
    A chi adesso appartengono i tuoi occhi strabici
    e le tue bianche, splendide spalle?
    Pensi certo che io mi vendichi,
    che in qualche parte mi precipiti in taxi,
    ma se anche lo facessi
    dove scenderei?
    Eppure non potrei liberarmi di te!
    Con me le donne si rinchiudono in sé,
    perché sentono
    d'essermi ora del tutto estranee.
    Abbandono la testa sulle loro ginocchia, ma non a loro,
    a te appartengo...
    Or non è molto sono stato da una
    in una brutta casupola di via Sennàja.
    Ho appeso il paltò a un misero attaccapanni.
    Sotto un abete spoglio da un lato, con le lampadine fioche,
    rilucendo con le sue pantofoline bianche,
    sedeva una donna, severa come una bambina.
    Avevo così facilmente ottenuto il permesso
    di venire,
    che ero sicuro di me
    e troppo inebriato, come oggi si usa
    e le avevo portato non fiori, ma vino.
    Ma tutto apparve molto più complicato...
    Ella taceva
    e modestamente due goccette trasparenti,
    due orecchini,
    brillavano sui suoi lobi rosati.
    E, come sofferente, guardandomi confusa,
    sollevando il suo corpo di fanciulla, mi disse con voce smorzata:
    "Vattene...
    È meglio di no... Lo vedo,
    non sei mio, ma suo... "
    Mi amava una ragazzetta
    dalle maniere rudi, da maschiaccio,
    con un ciuffetto sbarazzino
    e gli occhi trasparenti,
    pallida di paura e tenerezza.
    Eravamo in Crimea.
    C'era di notte un temporale
    e la ragazzina
    al bagliore dei lampi
    mi sussurrava:
    "Mio piccolo!
    Mio piccolo! "
    e mi copriva gli occhi col palmo della mano.
    Intorno tutto era spaventosamente solenne,
    il tuono
    e il gemito sordo del mare, quando all'improvviso ella,
    con una lucidità tutta femminile, mi gridò:
    "Non sei mio!
    Non sei mio! "
    Addio, mia amata!
    Io sono tuo, cupo
    e fedele,
    e la solitudine
    è la più fedele di tutte le fedeltà.
    E non importa se sulle mie labbra non fonde più
    la neve d'addio del tuo monchino.
    Grazie alle donne
    belle e infedeli
    per tutto ciò che è durato un istante, per quell'addio!
    Che non è un "arrivederci! ",
    perché, fiere come regine nella loro menzogna,
    ci regalano delle dolci sofferenze
    e i magnifici frutti della solitudine.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Marzo: nu poco chiove
      e n'ato ppoco stracqua
      torna a chiòvere, schiove;
      ride 'o sole cu ll'acqua.

      Mo nu cielo celeste,
      mo n'aria cupa e nera,
      mo d' 'o vierno 'e 'tempeste,
      mo n'aria 'e Primmavera.

      N'auciello freddigliuso
      aspetta ch'esce o sole,
      ncopp' 'o tterreno nfuso
      suspirano 'e viole...

      Catarì, che vuò cchiù?
      Ntienneme, core mio,
      Marzo, tu 'o ssaje, si' tu,
      e st'auciello song' io.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Canto D'amore Mia amata
        ancora della salvezza,
        in te rimuovo
        il peso della mia coscienza.

        Sono solo, nudo
        vestito spesso dalle illusioni;
        sconosciuto questo tuo pianeta,
        eppure mi da pace
        e motivo di rivincita
        dalle mie tante sconfitte
        di uomo debole
        che di sogni si nutre
        nella precaria instabile esistenza.

        Mia amata
        ci si rinnova
        navigando attraverso
        il tuo mondo;
        si diventa forti amandoti:
        si trova ogni spiegazione
        anche se inutile o banale.

        Tenendoti per mano
        mi accorgo d'esser vivo:
        non c'è cosa più straordinaria.
        Ogni giorno è migliore
        di quello andato, perduto;
        ogni gesto quotidiano
        acquista peso, valore, sonorità
        in un solo ed unico
        canto d'amore.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Ossessione diventa ciò
          che ti toglie il respiro
          il sonno l'appetito.
          Ossessione per quel amore
          che non puoi avere
          che non ti vuole.
          Per quel traguardo,
          raggiunto da altri.
          Da te ambito e voluto
          fino a stare male.
          Ossessione di una mamma
          che non dorme
          vegliando su un sonno
          che non ne ha bisogno.
          Perché tranquillo è.
          Ossessione per la vita
          spinto dal terrore
          della morte che sai lì e che non vuoi.
          Ossessione tormento,
          sgomento, per le incertezze
          che non sai vivere.
          Alla ricerca di una certezza che non hai.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Mi chiedo cosa hai provato
            quando la morte ha bussato
            Quando hai sentito vicino la tua fine.
            Quando il presente era già un ricordo.
            Quando ogni ricordo diventava presente.
            Quando il tramonto
            non aveva il sapore del domani.
            Quando le parole da dire erano troppe,
            e il tempo troppo poco.
            Quando avresti voluto dare
            o ricevere un abbraccio.
            Quando non hai la avuto ne forza
            ne coraggio di chiederlo e di farlo.
            Quando la vita ti ha preso i sensi,
            in attesa che la morte si prendesse. Il tuo corpo il resto.
            Quante cose in sospeso da dire
            e quante avresti dovuto e potuto sentire.
            Spero solo che tu abbia trovato la tua pace.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Ho voglia di stare con te
              tra le tue braccia
              al sicuro. Dalle incertezze
              ho voglia di stare con te,
              fra le certezze dei nostri sogni
              dalle incertezze del domani
              di sfiorare le tue labbra
              di sentire un brivido nel baciarti.
              Ho voglia di stare con te
              Per quel tempo che ci rimane
              Fra i ricordi di ieri
              le tue braccia oggi,
              per poi vivere insieme il nostro domani.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Port Arthur (Canada)

                Iniziò lì la mia storia,
                in quei prati verdi
                fra cascate e laghi.

                Nei gelidi inverni
                pieni di neve.
                Fra ghiaccioli sul balcone,
                pupazzi di neve ed igloo,
                nel cortile di casa.

                Fiocchi di neve,
                strade ghiacciate,
                una corsa in sky-doo
                e sogni sparsi
                in attesa dell'avverarsi.

                Il profumo di verde,
                l'odore delle vecchie cartiere
                e delle navi del porto.

                Riserve Indiane,
                unica vergogna
                dei grandi massacri
                del passato che hanno
                segnato la tua storia.

                All'orizzonte inconfondibile
                il monte del Sleeping Giant.

                Il gigante che dorme.

                Che traccia, l 'ultimo ricordo
                dei miei giorni migliori.
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