Poesie personali


Scritta da: Rosita Matera
in Poesie (Poesie personali)

Un prato di margherite

Anna, nei tuoi occhi
ho visto finestre
da cui uscivano i sogni di una piccola donna
che prepara il caffè mentre canta la radio,
che scrive parole mentre pensa all'amore,
che sorride alle amiche col nuovo cappello,
che passeggia intonando un allegro canto.
... sogni di sole, di vento, di strade
di piccole cose
odorose di vita.

Sul tuo volto
danzava un prato di margherite,
calde di gioia da dire e da dare.
Ma in quegli occhi profondi, di cielo sereno,
d'un tratto
le margherite son state strappate
... gettate nel vento
in un grido infinito
un urlo che sento
che s'è fatto silenzio.
Ma quel silenzio, Anna
è rotto per sempre
dalla bellezza delle tue parole,
semi di vita
strappati e gettati
a cui la terra ha fatto giustizia,
perché accarezzandoli li ha fatti fiorire
in un prato infinito di margherite
che ora nessuno potrà più strappare
perché ora sono libere di cantare
un canto nuovo, un canto di Vita
che vola più in alto dei fili spinati
e della follia dei fucili puntati.
Composta martedì 27 gennaio 2015
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    Scritta da: Simone Sabbatini
    in Poesie (Poesie personali)

    Equilibrio

    Sarà che la memoria in un soldato
    non è certo la virtù più trasparente;
    ma dell'addestramento e del passato
    a questo punto io mi ricordo poco o niente.
    I miei compagni, i miei fratelli, noi prescelti
    gli stessi gesti, i passi e il solito destino
    d'una missione da giocare ad occhi svelti
    tra i sogni, i giochi, le dita di un bambino.

    Il nostro piccolo cielo s'aprì d'impazienza
    e fu subito giorno, i colori, la stanza
    odor di battaglia, candida violenza
    capire i comandi, il nemico che avanza
    Marciamo! – Svanì tutto quanto, mi accorsi
    d'avere, io solo, una gamba soltanto.
    Sparire: nient'altro soccorso che scorsi
    trascinando la fuga, feroce, nel pianto.

    Per un attimo inciampò anche la ragione
    e credetti d'esser preda della febbre;
    ed invece quella splendida visione
    non era il frutto delle mie meningi ebbre.
    La ballerina stava con le braccia in alto,
    il sorriso di carta, fuori dal castello;
    la vera guerra cominciò con quell'assalto:
    ed ero pronto ad affrontar ogni duello.
    Tutta la notte restai fermo a contemplarla
    mentre d'intorno chi dormiva e chi viveva;
    neppure lei si mosse mai, e a ben guardarla
    su un piede solo come me si sosteneva.
    Nobile stirpe, lustrini sul vestito
    nullatenenza, rozzo cameratismo:
    due mondi a parte, rifiuto garantito.
    E poi la timidezza, il solo virtuosismo.

    Una voce all'improvviso, a notte fonda.
    Un troll brutto e peloso, diceva rauco:
    stai attento all'indomani! E l'altra sponda
    del tavolo raggiunse, il volto glauco
    e poi sparì. Lo so cosa pensate:
    la notte insonne, l'emozione, la stanchezza...
    solo per questo ho visto mostri e fate.
    Ma lei era lì, in leggiadria e bellezza.

    Si fece giorno, s'aprì quella finestra
    fui messo al sole per caso, gioco o sbaglio
    fu il vento o cosa? Finii sulla ginestra
    sotto il balcone. E non fu certo un abbaglio.
    Non sapevo ancora quel che mi attendeva,
    nemmeno m'importava: avevo ormai perduto
    la mia dolce ballerina. Già pioveva
    sul bagnato del mio triste pianto muto.
    Di lì a poco mi trovaron due bambini:
    sognavo un castello, finii dentro un fosso
    su una barca di carta, e tra ratti assassini
    nelle fogne sconquassato a più non posso.
    Mentre l'acqua minacciava il mio respiro
    già la barca sprofondava e si rompeva;
    credendo prossimo l'ultimo sospiro
    pensai alla bella mia, a cosa faceva.
    Per un attimo mi apparve la figura
    del troll che la rapiva e poi sposava,
    costringendola a una vita da paura
    sicuramente trattandola da schiava.
    Sentii una forza grande, un fuoco ardente
    che non m'ero proprio accorto dell'uscita
    dalla fogna alla campagna più ridente:
    ma volevo ritornare alla mia vita
    alla casa, alla ragazza del castello,
    pure al troll, per rovinargli il bel trionfo
    dimostrando come un poco di cervello
    ti riscatti da qualunque brutto tonfo.
    Come fare? Ero disperso non so dove,
    la mia nave era disfatta e andavo a fondo
    proprio in cima a una cascata. Non si smuove
    chi ricerca la sua forza nel profondo.
    Fu un bel volo, ma ero intero e mentre ancora
    inventavo soluzioni e non ne avevo,
    fui scambiato per un verme che ristora
    da un enorme pesce gatto. Non sapevo
    – come prima – cosa fare. Ma il coraggio,
    il sangue freddo: ecco dove ho più valore!
    La fortuna ha fatto il resto. Ero ostaggio
    e dal ventre della bestia un pescatore
    mi salvò, quasi come nel bosco famoso
    la ragazza incappucciata con l'anziana.
    Ma non venni fuori subito: a riposo
    restai su un banco, un ventre morto come tana.

    Ci comprò una cameriera, e fui contento
    di trovarmi nella villa di partenza:
    strana avventura, fine di un tormento.
    Tornai ai miei compagni, e con pazienza
    avrei potuto conquistare anche il suo cuore.

    L'errore è stato questo? Sentirsi salvo?
    Non so dirlo. Nel giardino dell'amore
    non importa essere storpio, o calvo,
    né capire che la ballerina zoppa
    ha invece un piede in alto e sta danzando.
    Avrei ballato anch'io, e dalla coppa
    dei suoi seni attinto al miele. Un suo comando
    sarebbe diventato ogni capriccio,
    e nessun troll, nessun rivale tra di noi.
    Il suo sorriso a me, nessun bisticcio
    della mente, vero amore. E dico a voi
    che già ridete della mia vana illusione
    e non capite invece. Fa così caldo,
    sudo lacrime di piombo e d'emozione.
    Dentro il fuoco dell'amore non son saldo,
    già mi sciolgo. Tanto è forte questo ardore
    che mi sembra tutto intorno, queste braci
    questi scoppi, e quanto fumo... dal furore
    sono preso, mai la sazierò di baci:
    il bambino del soldato s'è scordato
    – m'ha gettato nella bocca del camino.
    Il mio sogno è un bel ricordo arroventato.

    Addio piccolo mondo, addio nemico mio
    hai vinto, con la tua forza malvagia.
    Addio mia innamorata, che triste, brutto addio
    ti guardo e tu mi vedi, la testa già si adagia...

    Più oltre non riesce, non può andare
    a dir della domestica che arriva,
    e chissà come vorrebbe raccontare
    la porta che s'apre, la folata aggressiva
    – lasciva? cattiva? Così poco privata –
    che priva al castello la stella sua più bella,
    spingendola via sorpresa e inaspettata
    al focolare. Una fiammata gemella
    dissolve all'unisono i due innamorati
    confusi per sempre in un cinereo abbraccio.
    In barba a tutti i troll di amori disperati
    l'amore nella morte ha unito con un laccio
    il militare e l'amata signorina.

    Ignaro di tutto qualcuno nel camino
    troverà per ripulire domattina
    un cuore di piombo e un piccolo lustrino.
    Composta lunedì 26 aprile 2010
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      Scritta da: Giuliana Z.
      in Poesie (Poesie personali)

      È un battito del cuore

      Non sprecare il tuo tempo
      non lasciare che l'esitazione
      lo faccia scivolare via,
      il tempo è limitato
      sfugge alla vita
      invisibile agli occhi
      non ha colori
      ma lo ritrovi riflesso
      nelle sfumature della vita
      in un batter di ciglia
      o nei piccoli gesti
      e nei sentimenti profondi
      di chi ama.
      Prendilo
      è solo tuo
      prendilo
      ti appartiene
      prendilo
      è un battito del cuore
      non lasciarlo morire
      altrimenti sarà lui a far morire te.
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        Scritta da: Dolcesogno
        in Poesie (Poesie personali)

        Amica mia

        Afferra le mie mani quando ti sentirai cadere.
        Son qui, con semplici parole.
        Non ti regalerò sogni,
        ti donerò solo realtà e purezza.
        Purezza di un sentimento
        che non conosce indifferenza.

        Son qui, con semplici e umili gesti.
        Dimostrarti il mio bene,
        come meglio mi riesce.
        Parole vergini su foglio di carta,
        solo per te.

        Quando penserai ad una te
        che non rispecchia la tua anima,
        pensa al perché nel mio cuore
        regna tanto amore.
        Li troverai la vera te.
        Composta sabato 24 gennaio 2015
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          Scritta da: Anna Maria D'Alò
          in Poesie (Poesie personali)

          Il lungo inverno

          Vite spezzate dalla Follia,
          dall'onnipotenza del Potere
          di scempiaggini assurde
          senza coscienza, senza umano volto:
          era il demone che imperava!

          Tappeto di ossa consunte
          denudate della loro dignità,
          distese sulla polvere
          per essere polvere, fiori recisi
          dall'uragano della follia collettiva,
          della razza perfetta, dei macelli
          orditi dalle insane menti dell'omofobia,
          del razzismo, dei delitti d'innocenti.

          Il tempo si era fermato nel gelido inverno
          più lungo dell'umanità e la primavera
          tardava ad arrivare: le rose avevano lasciato
          solo le spine sui maledetti recinti
          che separavano dai fratelli, le rose
          non erano sbocciate, la morte uccideva
          ciò che toccava, soffiava forte il vento
          che spazzava sogni e speranze.

          Dov'eri uomo? Ti sentivi Uomo
          con il fucile in mano?
          Ti sentivi forte nello specchio
          di occhi spauriti e di mani tremanti?
          Dov'era il tuo cuore nell'acro odore di gas
          penetranti e di gratuite sofferenze?

          A te che che hai deriso il dolore inferto
          la morte ha ombrato in eterno la Luce,
          ma le stragi d'innocenti vedranno sempre il Sole
          perché sono fiori... in eterno!
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