Poesie personali


Scritta da: Giuliana Z.
in Poesie (Poesie personali)

In questa silenziosa notte

In questa fredda e silenziosa notte
è un cuore ferito che si confida
confuso e triste mi racconta di te
che con indifferenza hai permesso
alla tua essenza di lasciarsi sfogliare
in un album di fotografie.

In questa invernale e triste notte
raccontano di noi vecchie immagini
annebbiate da gocce di pianto
create da quel tuo stupido orgoglio,
e da me, che sono stata sorda e cieca
al tuo lento cambiamento.

In questa distaccata e taciturna notte
imprigionati fra sorrisi e lacrime
riaffiorano frammenti di ricordi,
segni lasciati dal tuo passaggio
che con costanza hanno plasmato
la donna che ora sono diventata.

In questa misteriosa e gelida notte
aggomitolata in una calda coperta
mi lascio avvolgere dal suo calore
quasi fosse il tuo caldo abbraccio
con il cuore custode di foto sbiadite
a mantenere viva la tua distante presenza.
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    Scritta da: Rosita Matera
    in Poesie (Poesie personali)

    Un prato di margherite

    Anna, nei tuoi occhi
    ho visto finestre
    da cui uscivano i sogni di una piccola donna
    che prepara il caffè mentre canta la radio,
    che scrive parole mentre pensa all'amore,
    che sorride alle amiche col nuovo cappello,
    che passeggia intonando un allegro canto.
    ... sogni di sole, di vento, di strade
    di piccole cose
    odorose di vita.

    Sul tuo volto
    danzava un prato di margherite,
    calde di gioia da dire e da dare.
    Ma in quegli occhi profondi, di cielo sereno,
    d'un tratto
    le margherite son state strappate
    ... gettate nel vento
    in un grido infinito
    un urlo che sento
    che s'è fatto silenzio.
    Ma quel silenzio, Anna
    è rotto per sempre
    dalla bellezza delle tue parole,
    semi di vita
    strappati e gettati
    a cui la terra ha fatto giustizia,
    perché accarezzandoli li ha fatti fiorire
    in un prato infinito di margherite
    che ora nessuno potrà più strappare
    perché ora sono libere di cantare
    un canto nuovo, un canto di Vita
    che vola più in alto dei fili spinati
    e della follia dei fucili puntati.
    Composta martedì 27 gennaio 2015
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      Scritta da: Simone Sabbatini
      in Poesie (Poesie personali)

      Equilibrio

      Sarà che la memoria in un soldato
      non è certo la virtù più trasparente;
      ma dell'addestramento e del passato
      a questo punto io mi ricordo poco o niente.
      I miei compagni, i miei fratelli, noi prescelti
      gli stessi gesti, i passi e il solito destino
      d'una missione da giocare ad occhi svelti
      tra i sogni, i giochi, le dita di un bambino.

      Il nostro piccolo cielo s'aprì d'impazienza
      e fu subito giorno, i colori, la stanza
      odor di battaglia, candida violenza
      capire i comandi, il nemico che avanza
      Marciamo! – Svanì tutto quanto, mi accorsi
      d'avere, io solo, una gamba soltanto.
      Sparire: nient'altro soccorso che scorsi
      trascinando la fuga, feroce, nel pianto.

      Per un attimo inciampò anche la ragione
      e credetti d'esser preda della febbre;
      ed invece quella splendida visione
      non era il frutto delle mie meningi ebbre.
      La ballerina stava con le braccia in alto,
      il sorriso di carta, fuori dal castello;
      la vera guerra cominciò con quell'assalto:
      ed ero pronto ad affrontar ogni duello.
      Tutta la notte restai fermo a contemplarla
      mentre d'intorno chi dormiva e chi viveva;
      neppure lei si mosse mai, e a ben guardarla
      su un piede solo come me si sosteneva.
      Nobile stirpe, lustrini sul vestito
      nullatenenza, rozzo cameratismo:
      due mondi a parte, rifiuto garantito.
      E poi la timidezza, il solo virtuosismo.

      Una voce all'improvviso, a notte fonda.
      Un troll brutto e peloso, diceva rauco:
      stai attento all'indomani! E l'altra sponda
      del tavolo raggiunse, il volto glauco
      e poi sparì. Lo so cosa pensate:
      la notte insonne, l'emozione, la stanchezza...
      solo per questo ho visto mostri e fate.
      Ma lei era lì, in leggiadria e bellezza.

      Si fece giorno, s'aprì quella finestra
      fui messo al sole per caso, gioco o sbaglio
      fu il vento o cosa? Finii sulla ginestra
      sotto il balcone. E non fu certo un abbaglio.
      Non sapevo ancora quel che mi attendeva,
      nemmeno m'importava: avevo ormai perduto
      la mia dolce ballerina. Già pioveva
      sul bagnato del mio triste pianto muto.
      Di lì a poco mi trovaron due bambini:
      sognavo un castello, finii dentro un fosso
      su una barca di carta, e tra ratti assassini
      nelle fogne sconquassato a più non posso.
      Mentre l'acqua minacciava il mio respiro
      già la barca sprofondava e si rompeva;
      credendo prossimo l'ultimo sospiro
      pensai alla bella mia, a cosa faceva.
      Per un attimo mi apparve la figura
      del troll che la rapiva e poi sposava,
      costringendola a una vita da paura
      sicuramente trattandola da schiava.
      Sentii una forza grande, un fuoco ardente
      che non m'ero proprio accorto dell'uscita
      dalla fogna alla campagna più ridente:
      ma volevo ritornare alla mia vita
      alla casa, alla ragazza del castello,
      pure al troll, per rovinargli il bel trionfo
      dimostrando come un poco di cervello
      ti riscatti da qualunque brutto tonfo.
      Come fare? Ero disperso non so dove,
      la mia nave era disfatta e andavo a fondo
      proprio in cima a una cascata. Non si smuove
      chi ricerca la sua forza nel profondo.
      Fu un bel volo, ma ero intero e mentre ancora
      inventavo soluzioni e non ne avevo,
      fui scambiato per un verme che ristora
      da un enorme pesce gatto. Non sapevo
      – come prima – cosa fare. Ma il coraggio,
      il sangue freddo: ecco dove ho più valore!
      La fortuna ha fatto il resto. Ero ostaggio
      e dal ventre della bestia un pescatore
      mi salvò, quasi come nel bosco famoso
      la ragazza incappucciata con l'anziana.
      Ma non venni fuori subito: a riposo
      restai su un banco, un ventre morto come tana.

      Ci comprò una cameriera, e fui contento
      di trovarmi nella villa di partenza:
      strana avventura, fine di un tormento.
      Tornai ai miei compagni, e con pazienza
      avrei potuto conquistare anche il suo cuore.

      L'errore è stato questo? Sentirsi salvo?
      Non so dirlo. Nel giardino dell'amore
      non importa essere storpio, o calvo,
      né capire che la ballerina zoppa
      ha invece un piede in alto e sta danzando.
      Avrei ballato anch'io, e dalla coppa
      dei suoi seni attinto al miele. Un suo comando
      sarebbe diventato ogni capriccio,
      e nessun troll, nessun rivale tra di noi.
      Il suo sorriso a me, nessun bisticcio
      della mente, vero amore. E dico a voi
      che già ridete della mia vana illusione
      e non capite invece. Fa così caldo,
      sudo lacrime di piombo e d'emozione.
      Dentro il fuoco dell'amore non son saldo,
      già mi sciolgo. Tanto è forte questo ardore
      che mi sembra tutto intorno, queste braci
      questi scoppi, e quanto fumo... dal furore
      sono preso, mai la sazierò di baci:
      il bambino del soldato s'è scordato
      – m'ha gettato nella bocca del camino.
      Il mio sogno è un bel ricordo arroventato.

      Addio piccolo mondo, addio nemico mio
      hai vinto, con la tua forza malvagia.
      Addio mia innamorata, che triste, brutto addio
      ti guardo e tu mi vedi, la testa già si adagia...

      Più oltre non riesce, non può andare
      a dir della domestica che arriva,
      e chissà come vorrebbe raccontare
      la porta che s'apre, la folata aggressiva
      – lasciva? cattiva? Così poco privata –
      che priva al castello la stella sua più bella,
      spingendola via sorpresa e inaspettata
      al focolare. Una fiammata gemella
      dissolve all'unisono i due innamorati
      confusi per sempre in un cinereo abbraccio.
      In barba a tutti i troll di amori disperati
      l'amore nella morte ha unito con un laccio
      il militare e l'amata signorina.

      Ignaro di tutto qualcuno nel camino
      troverà per ripulire domattina
      un cuore di piombo e un piccolo lustrino.
      Composta lunedì 26 aprile 2010
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        Scritta da: Giuliana Z.
        in Poesie (Poesie personali)

        È un battito del cuore

        Non sprecare il tuo tempo
        non lasciare che l'esitazione
        lo faccia scivolare via,
        il tempo è limitato
        sfugge alla vita
        invisibile agli occhi
        non ha colori
        ma lo ritrovi riflesso
        nelle sfumature della vita
        in un batter di ciglia
        o nei piccoli gesti
        e nei sentimenti profondi
        di chi ama.
        Prendilo
        è solo tuo
        prendilo
        ti appartiene
        prendilo
        è un battito del cuore
        non lasciarlo morire
        altrimenti sarà lui a far morire te.
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          Scritta da: Dolcesogno
          in Poesie (Poesie personali)

          Amica mia

          Afferra le mie mani quando ti sentirai cadere.
          Son qui, con semplici parole.
          Non ti regalerò sogni,
          ti donerò solo realtà e purezza.
          Purezza di un sentimento
          che non conosce indifferenza.

          Son qui, con semplici e umili gesti.
          Dimostrarti il mio bene,
          come meglio mi riesce.
          Parole vergini su foglio di carta,
          solo per te.

          Quando penserai ad una te
          che non rispecchia la tua anima,
          pensa al perché nel mio cuore
          regna tanto amore.
          Li troverai la vera te.
          Composta sabato 24 gennaio 2015
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            Scritta da: Anna Maria D'Alò
            in Poesie (Poesie personali)

            Il lungo inverno

            Vite spezzate dalla Follia,
            dall'onnipotenza del Potere
            di scempiaggini assurde
            senza coscienza, senza umano volto:
            era il demone che imperava!

            Tappeto di ossa consunte
            denudate della loro dignità,
            distese sulla polvere
            per essere polvere, fiori recisi
            dall'uragano della follia collettiva,
            della razza perfetta, dei macelli
            orditi dalle insane menti dell'omofobia,
            del razzismo, dei delitti d'innocenti.

            Il tempo si era fermato nel gelido inverno
            più lungo dell'umanità e la primavera
            tardava ad arrivare: le rose avevano lasciato
            solo le spine sui maledetti recinti
            che separavano dai fratelli, le rose
            non erano sbocciate, la morte uccideva
            ciò che toccava, soffiava forte il vento
            che spazzava sogni e speranze.

            Dov'eri uomo? Ti sentivi Uomo
            con il fucile in mano?
            Ti sentivi forte nello specchio
            di occhi spauriti e di mani tremanti?
            Dov'era il tuo cuore nell'acro odore di gas
            penetranti e di gratuite sofferenze?

            A te che che hai deriso il dolore inferto
            la morte ha ombrato in eterno la Luce,
            ma le stragi d'innocenti vedranno sempre il Sole
            perché sono fiori... in eterno!
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