Poesie personali


in Poesie (Poesie personali)

Il colore della pelle

Uomini senza pelle, addormentati dal sole marino,
ricoprono di rena i castelli di sabbia che non ho potuto fare.
Libri incartati, a forma di cibo, si fanno quasi nocivi,
prima di esserti di nutrimento.
Aspetti ancora, sul tuo confine, per far passare
del tempo che ora ritieni non ti serva.
Altre persone accanto sanno cosa attraversare.
I limiti che le colorano non danno limite a cosa volere.
Anche se con forza le spine strappate dai muri
hanno spento il rumore che ti teneva sveglio
Ora giaci tra gli uomini senza pelle aspettando
chi vesta il tuo corpo per nasconderlo
da un sole troppo violento che non ti dà pace.
Verrà anche la pioggia e con essa
il rimpianto di un'estate mai lontana.
Ho sfasciato tutti i muri che portavano
ombra al tuo dormire, ma nei cantieri malati
c'è sempre qualcuno che alza e rinnalza le tue pareti.
Ho provato a coprirli di sabbia sotto un vento
ormai abile a riscoprire le loro cime.
Secchielli con calce e con pale erano lì,
pronti ad ogni passo per rimediare ai nostri disastri.
Scappare dietro ai monti sembrava ormai l'unica speranza
di lasciarti vivo e di lasciare saldo il muro che ti ha difeso.
Lunghe pareti, vigili salite, e poi discese e poi salite e poi discese
fino a scoprire il segno che non lasci segni.
E tutto senza un motivo che dia importanza alla fatalità delle cose.
Sfascerò tutti i muri che portano ombra al mio dormire.
Cartone e granelli avanzati cadono e si disperdono volentieri
al primo volere del vento.
Biondi capelli sulla nera pelle daranno posto ad un solo carbone.
Nelle ore cocenti il desiderio di spegnermi
verrà consumato molto lentamente. E tu che vivi
puoi anche sfaldare i tuoi muri sgretolati,
lasciando di guardia un uomo che sappia fischiare.
Quando verrà il mio treno potrai fermarlo ancor prima che arrivi,
senza schianti e senza ritorni: un fischio potente per un binario
senza binari per una fuga alla quale non si può rinunciare.
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    in Poesie (Poesie personali)

    Il primo bacio

    Labbra, protese braman la carezza
    soavi, al limitar s'apron d'incanto
    e saggian, con vigor di giovinezza
    nobile bocca di turchino manto.

    Bacio, oh dolce folgorar di sensi
    attimo esistenzial d'animi schiusi
    all'empatia dei cor, d'ardore densi
    ch'è tenero ansimar di spirti fusi.

    Effimera emozion, fragil momento
    che al prodigo nutrir d'intimità
    orme d'amore libransi nel vento
    s'apprestan a decorar l'eternità.
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      in Poesie (Poesie personali)

      Ali di seta

      Dona l'arcobaleno un filamento
      che tessitrici muse ci han foggiato
      crisalide libratasi nel vento
      magico incanto del divin creato.

      Nutresi all'armonia di libertà
      ch'origine trovò a forar di guscio
      raggiante per cotanta immensità
      gioì di volo al salutar dell'uscio.

      La maraviglia di stupor s'inchina
      al passo suo regal bellezza pura
      che grazia di sorgente dea marina
      s'affanna a paragon d'equal natura.

      Con leggiadra movenza ella carezza
      un pavido evocar d'età passata
      sembiante a sapor di giovinezza
      che al navigar di vita s'è celata.

      Foschi frammenti d'un sentor lontano
      a raffiorar pensier poco si mostra
      che l'animo smarrito al quotidiano
      negar si suole il dondolar di giostra.

      L'esister di cangianti ali di seta
      sguardo rapisce col segnar di danza
      fremente d'esser fior d'unica meta
      ch'ogni petalo vibra di speranza.

      Ma è d'apparir fugace la farfalla
      che al volteggiar maliarda adulazione
      posa gentil al profferir di spalla
      poi aleggia e s'invola l'emozione.
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        Scritta da: NikkiPinki
        in Poesie (Poesie personali)
        Un lampo di vita mi afferrò per le braccia...
        seduta su una nuvola del Cielo... lo sfidai con lo sguardo...
        guardandomi fisso negli occhi, iniziò:

        "L'hai persa...
        e non è un lavoro... non è un amore... non è una madre...
        non è il dolore... non è la vita...
        l'hai solo persa...
        la tua Anima
        l'hai persa...
        e adesso sei tra la gente
        con un corpo che solo in parte sei tu...
        e non senti niente...
        Sottili respiri sei...
        Dolci carezze e baci rubati...
        sei...
        Ma come si può vivere senz'Anima?
        E adesso silenziosa te ne stai
        con una mano tra i capelli...
        L'hai persa... L'hai persa...
        e non ridere..."

        Ed io pensavo...
        "Eppur vivo... Io sono viva...
        Ma la cerco... ho solo un po' paura!"
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          Scritta da: Sir Jo Black
          in Poesie (Poesie personali)

          Dove l'ombra s'allunga

          Dove l'ombra s'allunga
          davanti il cammino,
          seguo la linea.

          Passi sempre più pesanti
          tagliano le gambe.

          Il vento spinge,
          l'ombra s'allunga.

          Il vento spinge,
          la luce s'allontana.

          Il vento spinge,
          l'aria manca.

          Quì,
          sulla linea grigia:
          con le gambe tagliate,
          senza speranze.
          Nel buio,
          senz'animo,
          senz'aria nel petto,
          ma sguardo alto e passo antico.
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            Scritta da: Laura Di Nella
            in Poesie (Poesie personali)

            Un dinosauro inadeguato

            Ahimè, quale immagine può raffigurare il percorso del mio essere,
            se non quella di un dinosauro inadeguato?

            Un enorme animale
            che, trascinando la sua esistenza solitaria,
            ignaro della sua mole,
            incute paura ed orrore
            ma non se ne preoccupa:
            le sue brutture sono lo specchio
            dell'animo di chi lo giudica senza pietà.
            La sua presenza non passa inosservata: troppo diversa per essere accettata.

            Nella casa di bambole
            non può celare la sua essenza,
            urla la sua vitalità,
            scambiata per immane furia distruttiva.

            I suoi movimenti,
            per cercare una posizione
            che non disturbi la quiete di chi,
            con la perfidia e l'inganno, ha nutrito prole altrui,
            generano frastuoni
            che rimbombano nella valle incantata,
            attraverso echi amplificati e deformati
            dalle urla di chi vuol seminare panico.

            Nessuno riesce a capire
            e il delirio collettivo degenera in follia.

            L'animale deve essere addomesticato, sentenziano!
            Ma come può il dinosauro vivere in una gabbia dorata
            che lo isoli dal mondo, per poterne far parte?

            Nonostante capisca di rinnegare se stesso,
            si cimenta in dissertazioni
            sulle porcellane del negozio
            e finge di non intuire
            il vero intento dei suoi carcerieri.
            Ma il gesto atteso ed orchestrato viene compiuto,
            indicando un piccolo vassoio nell'angolo di una vetrina,
            al viandante che gli si avvicina incuriosito.

            La gioia disperata del dinosauro non vacilla, guardando l'abisso che ha davanti:
            apre lentamente l'anta
            e mostra con fierezza quel vassoio.

            Un vento gelido si alza impetuoso,
            dopo che, anche la più piccola finestra
            della casa delle bamole, sia stata serrata accuratamente,
            si veste di uragano e si avventa sul negozio
            distruggendo ogni cosa.

            Lo sguardo del dinosauro è ormai rassegnato,
            porge, con delicatezza, quel vassosio
            all'incredulo viandante
            e, in un baleno, è come inghiottito dalla vallata.

            Il viandante riprende il suo cammino, disorientato e stordito, porta con sé quel prezioso dono,
            cercando di dare un senso a quella frenetica pazzia.

            Verso sera si siede stanco ed esausto
            e ripensa tristemente al dinosauro.

            Osserva la vallata dalla cima del monte,
            stringendo a sé il vassoio, inorridisce:
            le bambole si muovono al ritmo di una macabra danza,
            improvvisamente,
            quell'eco spaventoso torna inquietante
            ... che delirio!
            Un altro innocente perisce,
            in nome di un potere che codardamente cela sempre il suo vero colto!
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              Scritta da: Cleonice Parisi
              in Poesie (Poesie personali)

              L'offesa

              È buona cosa,
              lasciar all'offesa lo spazio per far dilagar parola,
              affinché in quello stesso mare affoghi.

              È buona cosa,
              lasciar all'offesa l'intero cielo,
              affinché sol del suo volo si scorga,
              ed il giudizio solo lei colga.

              È buona cosa
              nel subir offesa,
              non cader nella trappola tesa
              che vorrebbe sguainar spada alla difesa;

              L'offesa è una spada tesa,
              non accettar impresa
              per una terra già presa.

              L'eco dell'offesa arrecata nella valle del silenzio,
              raddoppierà il cordoglio nella sorniona montagna,
              che disturbata da quel molesto dire,
              apprezzerà della valle
              il suo non voler interloquire.

              Quando alle porte del tuo castello,
              busserà nemico armato,
              basterà non schiuder porta
              del suo ulterior bussar poco importa.

              È nell'offesa
              la pretesa e la trappola tesa,
              non aprirai castello
              per un inutil duello.
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                in Poesie (Poesie personali)

                Vorrei

                Vorrei accarezzarti le mani
                e con le mani toccarti capelli,
                vestire i tuoi occhi sì belli
                di sguardi e sospiri lontani...
                Trovarti di notte e abbracciarti,
                cercare di te e poi fermarti,
                poterti donare il mio viso
                e rubarti contenta un sorriso.
                Vorrei aspettarti la sera nascosta nell'erba, sudata,
                carpirti i segreti che ancora non hai,
                scoprire che forse verrai
                e aspettare la notte
                nell'ansia passata;
                capire il perché non basta a fuggire,
                nel prato, tra l'erba e l'aurora,
                riposa la piccola debole spora
                che ieri voleva morire.
                Vorrei rimanere da te,
                levarmi gli occhiali
                e posarli sul prato,
                aprire il tuo guscio incastrato
                e farti nutrire di me.
                Ma senza parole e in pochi momenti
                qualcuno mi chiama lontano
                raccolgo a tastoni sul suolo le lenti
                e chiudo il mio guscio pian piano.
                Tu resti un istante confuso
                poi apri la porta che avevi sbarrato
                mi spingi nell'atrio,
                poi fuori, scocciato,
                ma non sembri deluso.
                Il nostro pensiero rimane immutato,
                sei sempre il mio uomo,
                l'amore che ha vinto
                ed io... il timore
                che spesso hai respinto...
                ma mai che hai scordato.
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