C'era una volta in un piccolo villaggio... Un cavallo di nome furia... Questo cavallo era speciale perché era un cavallo... Sicuro, veloce e amichevole, questo cavallo Voleva volare come tutte le renne... Però c'era una renna che non andava d'accordo con il cavallo (che si chiamava Furia) Allora babbo natale se ne accorse e dovette annullare a consegnare i doni... Tutti aspettavano con ansia babbo natale poi le altre renne chiesero di fare pace loro la fecero... Diventarono amici... babbo natale si accorse che erano di nuovo amici... Allora decise di consegnare i doni... Ma una renna si era ferita gravemente e questo il punto che a noi ci piace... Babbo natale decise di far provar a furia il cavallo... Di volare era un po' difficile poi andò tutto bene... I bambini avevano già i loro regali e iniziarono... A scartarli e poi trovarono dei regali più belli di quelli che avevano... Chiesto a babbo natale.
Le Havre non era mai stata una città di provincia era viva nel suo cuore pulsante... splendida e malinconica... lambita dallo sferzante vento marino... l'oceano che abbarbicandosi sugli scogli emetteva il suo urlo rabbioso e profondo... le sue case erano riposanti come amache dai colori chiarissimi a respingere il calore del sole... rendendo più fresche quelle giornate che avvolgono quel paradiso... in un calore dantesco... la salsedine che forma erosioni tra i piccoli mattoni ormai stanchi... questi sono i miei ricordi... di un tempo ormai lontano... quando nel tardo pomeriggio me ne stavo a guardare i pescatori... indaffarati... i più vecchi quelli dalla pelle scura... aggrinzita dal tanto sole... intrepidi lupi di mare a cercare di comunicare il vento alle loro vele... alle loro speranze... ai loro sogni... era un brulicare di figure quel porto che guardava al di la dell'oceano cheto e dolce... le sue acque limpide e profonde... una grande insenatura verso la Manica... a guardare la vastità di blu... solo blu e nulla d'altro... qui gli altri colori sono solo sfumature... da quel punto avevo visto partire piccole e sgangherate barchette lucide di rattoppi... traghetti colmi di brulicante vita... yacht e catamarani a spingersi verso l'orizzonte... e qui a perdita d'occhio i colori infuocati del cielo alla fine del giorno... ci andavo con mio padre... ricordo il circolo dei nautici un grande spiazzo in cui nella pavimentazione era impressa una rosa dei venti... e nella parte più esterna avevano installato un grande cannocchiale... da lì l'orizzonte appariva senza segreto alcuno... io però ero troppo piccina per farlo... mi bastavano i racconti che spesso mi narravano... ed io con la mia immaginazione lo dipingevo come più mi piaceva... lontani i ricordi di un tempo... che però non sfugge... tra le mie mani come scintille... sempre vive... ricordo i pantaloncini in lana bianchi nella fresca primavera i dolci più buoni comprati nelle vecchie boulangerie... dove antichi odori di lievito e pane ristagnavano come se non volessero più lasciare quel posto di terra e di mare... e poi il gelato consumato a piccoli tratti per trattenerne il gusto... per assaporare quella bontà che mi era stata offerta... non lontano scorci di città immersa nel suo silenzioso vivere venditori di piccoli pesci offerti da quel generoso mare... e la mia curiosità che veniva colmata con la visione in prima fila di giganteschi polipi e frutti di mare... bellissime conchiglie che ogni tanto mi venivano regalate... era sempre la forte mano di mio padre a stringere la mia... si lui uomo di comando... ma che io avevo sempre visto chiuso nei suoi pantaloni classici e golfini in cachemire... difficile pensarlo in uniforme e basco da parà... era sempre vacanza camminare lungo quelle grandi spiagge la domenica... tornavo spesso inzaccherata dalla sabbia e dalla salsedine marina che si impregnava nei tessuti degli abiti... da casa dei miei nonni si vedeva la notte arrivare... le luci delle prime barche a guadagnare il mare... le piccole vetture che si fermavano sul molo... e le luci delle case che sembravano occhi nelle tenebre... li guardavo silenziosa quel mio mondo che mi apparteneva in parte... e poi mia nonna con grandi occhi azzurri amorevoli mi versava il latte caldo in una ciotola... poi mi portava a dormire nella mia coltre ben curata... queste sono le immagini che più mi appaiono... un limbo della vita in cui la consapevolezza di essere adulta non ha annullato la fanciulla che è rimasta dentro me...
L'ultima pagina di questo libro si è chiusa in modo lieve forse aiutata dal dolce scender della neve
che come copertina è scesa a ricoprir l'anno ormai... vecchio... stanco
facendoci trovare pronto stamattina un nuovo immenso foglio bianco
che tutti noi saremo pronti a ricoprir d'amore scrivendo le parole che ci detta il cuore
felici di poterle indirizzare in ogni dove contenti di sapere che qualcuno nelle nostre righe ritrovi il suo colore e perché no! Alleviare qualche piccolo dolore
il primo foglio bianco di questo nuovo libro mi trova con la gioia dentro al cuore
Scende la neve in questa notte speciale che trova la storia di un intero anno finire con un count down che termina pian piano ai rintocchi ritmici di mezzanotte... Scende la neve in questa notte festosa che trova tante persone abbracciate nel mondo pronte a brindare alzando i calici o pronte ad emozionarsi per non poterselo permettere... Scende la neve in questa notte illuminata dai razzi e dai petardi lanciati verso il cielo quasi a chiedere un aiuto dal Creatore per il nuovo anno simile ad un neonato... Scende la neve in questa notte italiana ed i barboni si stringono nei loro cartoni oppure s'allineano verso i centri d'accoglienza tanto noti ai nostri fratelli immigrati... Scende la neve sui loro capi scoperti e la sua gelida carezza li fa rabbrividire, loro abituati ad altri climi e ad altre storie, loro abituati a radunare le loro grandi famiglie... Scende la neve in questa notte fatata e la festa si dissolve pian piano com'è nata, mentre si posano i vestiti luccicanti e gli occhi si chiudono, tanto stanchi... Scende la neve e l'anno nuovo è pronto a far sognare intere generazioni, misterioso come misterioso è il cammino di Voi, Amici pronti a narrare qualche frammento di storia a chi si fa largo nei meandri del cuore... cosa Augurarvi, dunque, se non la gioia, la serenità, la fraternità, la bontà, la carità?
È una cosa che brilla come scoppio di sintilla. E come una stellina che piano, piano si avvicina. Nella stalla sa illuminare e di notte incantare se qualcuno la tocca scotta! È uno scoppio ma attenzione non è un pioppo!
Trascorrono gli anni, oggi più veloce di ieri, destrieri inbizzarriti erranti senza sosta in una realtà di cui l'essenza è la sola difficoltà
E oggi come ieri, cerchiam l'appiglio nel punto finale dell'interminabile figura, che chi la segue, or sarà all'inizio, della fine, o alla fine, dell'inizio.
Ed ignari della nostra sostanza più vera, fluttuiamo, nel marasma di una vita ordinata, nella frenesia di una vita tranquilla, nel terrore di un domani certo, nell'amore, di un'esistenza meschina.
Or che in un nuovo ultimo giorno sei giunto, interrompi per un istante il tuo vagare.
Rinasci ora e per sempre, ad ogni istante, nell'infinito presente, unico vero sinonimo della tua ragion dell'essere.
Non tentar l'ingegno nell'escogitar qualche tranello, ma come l'aria alimenta il fuoco, fa che l'amor di una nuova esistenza incendi il tuo cuore, e come disse il sommo poeta, che quella poca favilla sia la sostanza di una gran fiamma seconda
Rivoluzione dell'animo, "fattor che si fa sua fattura", artefice del nuovo anno, artefice della tua esistenza!
Un giorno vidi un uomo, un uomo strano a dire il vero chi egli fosse tuttora rimane per me un mistero. Era un soggetto alquanto singolare ciò che lui faceva nessun altro lo riusciva a fare.
Lui giocava, sì, avete capito bene, giocava e di nient'altro si interessava. Come i bambini le novità scopriva ma solo di carta e penna si serviva.
Giocava con le parole, sue amiche erano le congiunzioni che usava come i mattoncini delle costruzioni per creare palazzi fatti per misteriosi abitanti, sue compagne erano le virgole e i punti suoi fedeli aiutanti. Con un verbo dava il movimento ad un soggetto con un aggettivo o un'apposizione arricchiva un concetto.
Se le parole non erano contente di stare come stavano e con lui stonate si lamentavano egli minimamente si indispettiva cominciando invece una nuova trattativa subito le accontentava con un articolo o un verbo in più o in meno.
Una vita del genere a molti provocherebbe noia, ma non per l'uomo che giocava con le parole, ogni giorno era una sfida e una gioia accontentare un verbo, litigare con un complemento tutto questo per lui era un vero divertimento!
C'era chi lo credeva pazzo, a vederlo lì seduto a conversare con la sintassi, c'era chi lo credeva un genio, chi lo chiamava poeta, scrittore, professore! Ma in verità a lui non interessava, l'unica cosa che lo intristiva era lasciare le parole alla deriva.
Come venne così se ne andò un giorno mai più lo si trovò. Io ancora credo che lui giochi con le sue amate parole con cui trascorreva felice tutte le ore.