Mi guardo allo specchio e più non vedo il sorriso che arrivava al cielo, cerco la donna che mostrava gli occhi, non c'è, è scomparsa dietro i rintocchi.
Costeggio la mia vita, la guardo dal di fuori, non sono quella che voglio e son dolori, sorrido e mi soddisfo del giorno che ho, la notte scende presto, chiede il conto però...
Mostrami dolce luna la vera faccia non stare con la maschera, sei una feccia, allarghi il cuore e sorridi dolcemente, non puoi ingannare il sole e chi ti conosce veramente.
Scelgo di restare, non posso più andare, la vita è destino, non si può cambiare, nel tempo che ho del sonno chiedo a Dio di non svegliarmi all'alba, di divenir oblio...
Oggi ho poco da dire... penso sì penso molto, a volte troppo oggi è uno del mese uno... un inizio... fuori silenzio interrotto da qualche tram che sferragliando tranquillo passa con nessun viaggiatore... solo chi guida c'è sul tram... e io curiosa continuo a guardare e a pensare... il pino di fronte la mia finestra è leggermente imbiancato dalla polvere di neve caduta sta notte... guardo uno dei miei gatti che silenzioso osserva e forse ancora si sta chiedendo cos'è stato tutto quel rumore di boati e lampeggi colorati... gli altri due dormono abbracciati sul divano... e penso e ascolto questo inizio di ciclo, questo numero uno che è già un passo in più per camminare nei sogni in cui credo, senza conoscerne la meta ma nello stesso tempo imparando dalle stesse orme che lascio...
C'era una volta un principe che cercava moglie... Il re e la regina invitarono tutti solo che erano tutte brutte... Poi vide che scendeva da un cavallo col manto d'oro... e tutti si stupirono... - Ma che bella che è! Diceva uno tutto assonnacchiato... Il principe si avvicinò e chiamò l'orchestra disse - Musica! Il re disse - Che siano aperte le danze... Questa signorina iniziò a ballare... Il ragazzo la fissava proprio in quel punto... Suona la campana e la ragazza dovette andar via... Il principe era molto sconvolto... Allora il principe chiamò le guardie... e fece setacciare tutta la città... Ma proprio niente... Allora il principe chiese aiuto a suo padre il re... Ma il padre non sapeva cosa fare... Poi trovò un ferma capelli della principessa... Allora chiese a tutte le case di chi era Questo ferma capelli... Poi trovò il proprietario e vide la principessa... Il re invitò la principessa a palazzo al re e alla regina Li stava simpatica lei era dolce e carina e al ballo portava Un lungo vestito tutto... Bianco... a lei li piacevano le collane Allora il principe prima che lo sapesse... Li regalò una collana tutta Bianca poi loro avevano deciso di sposarsi... Allora il re celebrò le nozze... Si comprarono un altro castello ancora più bello e più grosso.
C'era una volta in un piccolo villaggio... Un cavallo di nome furia... Questo cavallo era speciale perché era un cavallo... Sicuro, veloce e amichevole, questo cavallo Voleva volare come tutte le renne... Però c'era una renna che non andava d'accordo con il cavallo (che si chiamava Furia) Allora babbo natale se ne accorse e dovette annullare a consegnare i doni... Tutti aspettavano con ansia babbo natale poi le altre renne chiesero di fare pace loro la fecero... Diventarono amici... babbo natale si accorse che erano di nuovo amici... Allora decise di consegnare i doni... Ma una renna si era ferita gravemente e questo il punto che a noi ci piace... Babbo natale decise di far provar a furia il cavallo... Di volare era un po' difficile poi andò tutto bene... I bambini avevano già i loro regali e iniziarono... A scartarli e poi trovarono dei regali più belli di quelli che avevano... Chiesto a babbo natale.
Le Havre non era mai stata una città di provincia era viva nel suo cuore pulsante... splendida e malinconica... lambita dallo sferzante vento marino... l'oceano che abbarbicandosi sugli scogli emetteva il suo urlo rabbioso e profondo... le sue case erano riposanti come amache dai colori chiarissimi a respingere il calore del sole... rendendo più fresche quelle giornate che avvolgono quel paradiso... in un calore dantesco... la salsedine che forma erosioni tra i piccoli mattoni ormai stanchi... questi sono i miei ricordi... di un tempo ormai lontano... quando nel tardo pomeriggio me ne stavo a guardare i pescatori... indaffarati... i più vecchi quelli dalla pelle scura... aggrinzita dal tanto sole... intrepidi lupi di mare a cercare di comunicare il vento alle loro vele... alle loro speranze... ai loro sogni... era un brulicare di figure quel porto che guardava al di la dell'oceano cheto e dolce... le sue acque limpide e profonde... una grande insenatura verso la Manica... a guardare la vastità di blu... solo blu e nulla d'altro... qui gli altri colori sono solo sfumature... da quel punto avevo visto partire piccole e sgangherate barchette lucide di rattoppi... traghetti colmi di brulicante vita... yacht e catamarani a spingersi verso l'orizzonte... e qui a perdita d'occhio i colori infuocati del cielo alla fine del giorno... ci andavo con mio padre... ricordo il circolo dei nautici un grande spiazzo in cui nella pavimentazione era impressa una rosa dei venti... e nella parte più esterna avevano installato un grande cannocchiale... da lì l'orizzonte appariva senza segreto alcuno... io però ero troppo piccina per farlo... mi bastavano i racconti che spesso mi narravano... ed io con la mia immaginazione lo dipingevo come più mi piaceva... lontani i ricordi di un tempo... che però non sfugge... tra le mie mani come scintille... sempre vive... ricordo i pantaloncini in lana bianchi nella fresca primavera i dolci più buoni comprati nelle vecchie boulangerie... dove antichi odori di lievito e pane ristagnavano come se non volessero più lasciare quel posto di terra e di mare... e poi il gelato consumato a piccoli tratti per trattenerne il gusto... per assaporare quella bontà che mi era stata offerta... non lontano scorci di città immersa nel suo silenzioso vivere venditori di piccoli pesci offerti da quel generoso mare... e la mia curiosità che veniva colmata con la visione in prima fila di giganteschi polipi e frutti di mare... bellissime conchiglie che ogni tanto mi venivano regalate... era sempre la forte mano di mio padre a stringere la mia... si lui uomo di comando... ma che io avevo sempre visto chiuso nei suoi pantaloni classici e golfini in cachemire... difficile pensarlo in uniforme e basco da parà... era sempre vacanza camminare lungo quelle grandi spiagge la domenica... tornavo spesso inzaccherata dalla sabbia e dalla salsedine marina che si impregnava nei tessuti degli abiti... da casa dei miei nonni si vedeva la notte arrivare... le luci delle prime barche a guadagnare il mare... le piccole vetture che si fermavano sul molo... e le luci delle case che sembravano occhi nelle tenebre... li guardavo silenziosa quel mio mondo che mi apparteneva in parte... e poi mia nonna con grandi occhi azzurri amorevoli mi versava il latte caldo in una ciotola... poi mi portava a dormire nella mia coltre ben curata... queste sono le immagini che più mi appaiono... un limbo della vita in cui la consapevolezza di essere adulta non ha annullato la fanciulla che è rimasta dentro me...