Cercare suoni trillanti per innalzare lo sguardo e vedere intrigato il sole tra palme ridenti... di brezza. Avvertire sulla pelle carezze di raggi come lievi dita che arpeggiano note al tempo. Non dolersi del vento che schiaffeggia onde al di là dell'orizzonte e sorridere alla risacca che, invadente di schiuma, dissolve orme... Continuare invece l'incerto cammino in voli della mente e allontanarsi, piano respirando, libera da malinconie, nell'infinito di un sogno.
È destino... La nuvola che passa e si dissolve... Forse non era suo il momento per aggregarsi e scuotere foglie di pioggia... e il mandorlo che sfida l'ultimo gelo e s'appropria di raggi deboli imponendo il fiorire dei suoi rami forse è perché confonde l'effimero tepore o forse s'inganna d'improvvisi terrosi umori. Guardare oltre... oltre la mente segni indefiniti di germogli che s'incuneano in petali chiusi apparentemente pronti a palpiti d'inaspettate visioni... è desiderio. E avverti solo magia... guardando al di là del tempo ... che non è però il tuo tempo... Ed è difficile e infelice poi il solito soffermare lo sguardo su addomesticate sensazioni. Ma guardare oltre è anche, per un interminabile attimo, voler lasciare l'emozione alimentarsi di sogni quasi reali che accompagnano passi con un sorriso, senza far caso che hai già iniziato, nel medesimo secondo, a dissolvere nel silenzio ogni illusione.
La società recidiva senza occhi senza voce senza orecchie reprime immensità di nuova vita in metafore di vista, di urli, di udito. La compagine povera che soffre percepisce ciò che nessun potente potrà mai imitare o soffocare. Una nuova èra avanza nell'aria e nel sangue già volteggia e pulsa. Nel sapere di chi non sa l'alba e il tramonto è ancora alba e tramonto. Ma se il tramonto si chiamasse alba? E se l'alba si chiamasse tramonto? E se la morte della ricchezza si chiamasse vita?
Sfiorandoti per caso, un brivido mi assale. Ti sento a me vicino, ma sei così lontano. Guardando la tua pelle, così amata, desiderata. Guardando la tua pelle, così temuta, così venerata. Mi chiedo, ogni momento, cosa mai potrei provare, cosa mai potrei sentire, cosa mai potrei avvertire, se tu mi permettessi, di poterla accarezzare. Se la mia mano tremante, si potesse su te posare, per poter solo sfiorare, per un attimo, un secondo, quel territorio così amato, così cercato, così atteso, e alla fine poi trovato, incontrato, conosciuto. Nei miei sogni agitati, posso fare quel che voglio. Nella vita che ora vivo, tutto questo è solo... un sogno.
Or scse il gelo a rapir la primavera sui monti in fiore e l'area in spine ferì l'incanto d'accesi albe e tramonti di nuovi allori attesi amori. Tradì il pensiero errante in scoscesi assolati e verdi pendii, pescò l'intenso diaccio d'inverno in meritato oblio. Ma or seppur riaffiora non sarà tuttavia questa a lungo del gelo sua dimora.
T'amai per quel che d'irreale trovai nelle tue carni Per lo sguardo assente l'aria pacata il sorriso candido e sfuggente. Per il cruccio la ragione estrema e la saggezza. Un'emozione intensa in scintille di zeffiro ancora m'accarezza.
Al tramontar di luci agli occhi miei... sorge l'anima mia che nel silenzio ode il sospirar dei cuori... e porge come un fior a luna e stelle speranze e desideri... del dì trascorso setaccio delusioni di cui farò saggezza l'indomani e sorridendo co la mano al petto prometto... agli angeli e a Morfeo...
Regolarità scomparse si racchiudono in estreme inquietudini nate per eventuali sicurezze di discorsi che i posteri probabilmente non potranno neanche comprendere.