Amami per come sono
per come sbaglio
e per i miei difetti...
il mio tesoro è quello che non vedi.
Composta giovedì 2 dicembre 2010
Amami per come sono
per come sbaglio
e per i miei difetti...
il mio tesoro è quello che non vedi.
Luci silenziose
brillano nel buio,
figlie di una luna
che veglia maliziosa
sul volo indisturbato
di fantasmi del passato
Anime vaganti
che aspettano pazienti
l'ascesa incontrollata
di sogni appena nati,
sull'uscio di un portone
che stride i suoi battenti
lasciando intravedere
vallate di speranza
terre seminate
dai nostri desideri
che all'alba sbocceranno
con i raggi dell'amore
e inonderanno i vuoti
lasciati dal dolore
aprendo le finestre
ad un mondo fatiscente
colmando le sue stanze
di un tenero calore.
Scrivo...
con calamo ed inchiostro,
su vergini papiri
purificati al sole,
per stendere parole
fatte di poesia
ricche di profumi
e magiche emozioni.
Lascio scie sfumate
di dolci sentimenti
inondando versi
che parlano d'amore.
Sposo la mia prosa
a note vellutate
coniando la canzone
che canto solo a te.
Sei entrato nella mia vita
come un fiume in piena,
spazzando via
ogni possibile incertezza
che frenava il mio slancio.
Ti sento ancora scorrere nelle vene
entrare nella mia anima
far parte di me.
Tu hai dato un senso alla mia vita
troppe volte buttata
per riempire il pauroso vuoto
della mia esistenza.
Con te divido un sogno magico.
Ebbra di felicità percorro in volo
gli infiniti spazi dell'universo.
Ricamo fregi in ogni filo di di vento
intesso di stelle le nuvole del cielo
mi ammanto di luminoso splendore...
Ho incastonato il tuo cuore nel mio cuore.
Ad ogni battito mi brilla tra le mani.
Appoggiarsi sfinita
sul muretto del cuore
Catturata da due reti
troppo calde e vive
mi stringi e mi ami.
Io mi sento così quando mi abbracci sul divano mentre si guarda la tele. E sorrido, arrossendo.
Quasi per caso, forse voluto,
son qui che scrivo sul nostro incontro mai avvenuto...
Il mio sguardo attratto dalla tua foto,
trascina velocemente nel cuore, tanta vita quanto vuoto...
Un vuoto sinonimo di dispiacere,
consapevole che i tuoi occhi questo mondo non potran più vedere...
Ma il sorriso gioioso che splende sul tuo viso,
mi dice che finalmente lì hai trovato il tuo Paradiso...
Non so né immaginare né capire
quanto la vita a noi possa sfuggire...
In quell'attimo scivola via
e già so che Lei non è più mia...
Perciò vivo, vivo profondo ogni momento,
senza esser triste, senza alcun lamento...
Così ho imparato adesso a fare,
da quando la vita ho capito d'apprezzare...
Questo è ciò che amavo dirti,
Mia Cara Amica che son certo che ancora esisti!
Accovacciato ai piedi di montagna
posto è il ridente paese dei miei sogni;
guarda il Tirreno da sopra la campagna,
alle spalle coperto è di castagni.
Imponente svetta Monte Mancuso
ricco di faggio di verde scuro foglie,
con l'ontano pregiato di grand'uso
l'attenzione di chi lo guarda coglie.
Di piante verdeggianti sempre verdi
è circondato a mò di mur di cinta,
la gente l'accarezza di suoi guardi
innamorata di sua verde tinta.
Vanta tra nati di suo ventre uomini
dottii, illustri d'ogni sorta: dottori,
speziali e ingegneri, sonanti nomi:
prefetti, generali ed ispettori.
Ora paesino mio dolce ed amato,
i tempi sono andati del passato;
tutti gl'illustri tuoi si son dissolti
in casse chiuse e in neri panni avvolti.
Vivono in te solo persone ingrate
alla materia dal bene già sviate,
son solo belve ed avvoltoi rapaci
che d'amor patrio più non son capaci.
Come appassita pianta dell'alloro,
non più ridente come gli anni d'oro,
sol nell'orgoglio tuo mai svalutato
rimani afflitto, là, dove sei nato.
Sentivo dir di te, Padre, che c'eri
a mamma che a Maria ardeva ceri,
sentivo dir che stavi in lontan loco
quando raccolti s'era accanto al fuoco.
Parlar sentivo d'Africa Orientale:
Speriamo, si pregava, ritorni per Natale.
Mamma in ginocchio: a Dio, tua volontà,
fa che torni a questi bimbi il lor papà.
Fa che ritorni a noi il gran tesoro:
Così, faceanci cantare tutti in coro,
fa che ritorni a noi il dolce amore
che qui l'aspetta il pezzo del suo cuore.
Io non sapevo l'Africa che fosse
né capivo papà che dir volesse,
ma un giorno don Arlia* nell'Omelia
disse esser figlio alla Vergine Maria.
Indi la mamma che m'avea per mano
spiegommi che un papà l'ha ogni umano.
Il tuo, mi disse, sta in altra Terra
dove chiamato è a far la guerra.
Ma tosto tornerà: Vedrai che bello!
La casa allieterà come fringuello
e mi descrisse, poi, la sua bellezza
e il cuore mio fu colmo d'allegrezza.
Fu nell'estate del quarantacinque
che nelle braccia forti sue mi cinse,
sul volto dipinto avea l'amore,
forte batteva il piccolo mio cuore.
Seguirono, ricordo, giorni felici,
Non tornarono più: Furon fugaci.
Furono quando la mano sua possente
davami il senso d'essere saliente.
Erano tempi duri, era la fame;
necessitava ricercare il pane.
Lo facesti, Papà, coi bidoni in mano
andando dalla casa ancor lontano.
A cavalcioni stavi ai respingenti
di quei vagoni merce traballanti
ché posto non era su miglior convoglio
per chi non possedeva portafoglio.
Fosti amico duro ma sincero,
ti dimostrasti uomo, un uomo vero,
burbero padre fosti m'affettuoso
e pur nell'austerità giammai odioso.
Sotto finzione della noncuranza
d'amor profondo segno era presenza.
Lo sguardo torvo, l'animo benevolo
piccolo sorriso tradiva finto nuvolo.
Mi torna alla memoria il tuo dispero
allorquando finir potevo in cimitero.
Er'avvilito, confuso e desolato:
Ah! Povero figlio mio, che sfortunato.
Ma tutto è solo nella mia memoria;
l'Anima tua s'è alzata in aria
e il ricordo ch'è nel mio pensiero
è che di Te, Padre, fui e sono fiero.
Non ho mai saputo perché ma guardavo sempre a ritroso,
versi Tempi più oscuri, verso Stagioni di rigori invernali, di Notti infinite.
In quel Tempo Illusione e Sapienza erano altra cosa:
l'inebriamento della Ragione era similitudine di Dio,
la Malattia era Peccato, il Vizio Compagno fidato.
Tra l'Aurora e il Tramonto una nuova Verità mi fu rivelata,
una Luce si era fatta nel mio Spirito:
io ho bisogno di Compagni,
ma vivi,
non già di compagni morti, cadaveri che non sanno di essere tali,
coi quali accompagnarmi in fumose taverne.
Ho bisogno di Compagni vivi,
i quali mi seguano, i quali seguire, perché vogliamo obbedire a Noi stessi.
Ma io non voglio esser felice
voglio solo vivere la mia vita in quieta pace
combattere certe guerre futili
che ti portano solo a risultati inutili.
la felicità è un utopia
è solo un attimo di vita che schizza via
sta a noi cogliere quel momento
e ricordarci di lui nello sconforto.
il mio attimo felice per esempio
è veder nascere mia figlia in sala parto
quanto ho invidiato quella donna sul lettino
che regalava al mondo la vita di quel ragnettino
mi sarei sostituito a lei in quel tormento
per riuscire a vivere in pieno quel momento.
ma quello che per me era un attimo felice
un momento da ricordare
per lei era un attimo di vita
un dolore da dimenticare.
e ho capito che se ero io al posto suo su quel lettino
non avrei mai vissuto quell'attimo felice
quel momento da cretino...