Poesie personali


Scritta da: Brunason
in Poesie (Poesie personali)

Pace

È ormai il tempo
di seppellire l'ascia di guerra.
Dando la pace a te,
dono la pace anche me.

E oggi, infine, perdono.
Graziando condono,
e con semplicità ti dono.
il regalo più bello.

Ti offro quello
che mai hai inseguito
bramato, preteso:
il mio perdono.
Composta martedì 21 dicembre 2010
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    Scritta da: Armando
    in Poesie (Poesie personali)

    Raccoglitrici di Olive

    Sotto gli ulivi ultime reti tese
    olive già mature nella cesta
    sorride un sole debole e la brina
    carezza gli ultimi radi cespi d'erba
    sparsi ai bordi dell'aia liscia e spianata
    che i rami ombreggiano incostanti.

    Un libro su una cesta capovolta,
    le scale tra i rami strette ed avvinghiate
    l'equilibrio che manca e che barcolla
    un sorriso che da lontano tende
    ad una prostrazione dissipata
    ad un affetto che ormai tutto s'è spento.

    E nel frantoio cigola la cinghia,
    semi oleosi la macina frantuma
    cola il verde liquor, unge la brocca,
    la boccia cambia colore, rinverdisce.

    E lei sorride ancora debolmente,
    un sorriso che sa d'ira e d'intesa
    mentre la cesta afferra e la sospinge
    sul motocarro che romba e che barbuglia,
    tracce profonde nella terra arrossa.

    Trilla tra i rami dei mandorli nostrani
    un suono stanco di campana a sera
    lei ancor sorride e già tende le mani
    lieve si segna e sale una preghiera.
    E la regala a me che ormai dispero
    in quest'angolo perso di maremma,
    pensa di cancellar quel segno nero
    e quel rosso che la palude ingemma.
    Composta lunedì 20 dicembre 2010
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      Scritta da: Nello Maruca
      in Poesie (Poesie personali)

      Redentore

      Fredda era la notte ed innevata
      e la Pia Donna di bontà infinita
      di stanchezza e doglianza già stremata
      Al Redentore del mondo dava vita.
      Bussò Giuseppe a tutti i casolari
      Onde dare a Maria caldo giaciglio
      ma tutti gli occupanti furo avari
      Disdicendo Chi portava Divin Figlio.
      Aveva posto solo in una stalla,
      per letto il fieno d'una mangiatoia,
      al respiro del bue e l'asinella
      tenea Maria della maternità la gioia.
      Lui di tutto il creato possidente
      luogo migliore per nascere non ebbe,
      per l'ingordigia dell'umana gente
      nacque in miseria ed in miseria crebbe.
      Quel sembiante Umano, ch'era Divino,
      da Castissima Donna concepito
      al Dio Grande e Beato era l'affine
      ma da bieca umanità non fu capito.
      A Betlemme di Giudea resta la Grotta
      Che il Vagito Divino prima intese;
      luogo diviene di retta condotta
      cui grazia rende il cristiano e rese.
      Regnava, allora, nella Giudea Erode,
      uomo protervo, essere triviale
      d'ognuno paventava tranello e frode,
      poiché l'istinto suo era carnale.
      Seppe, dai Magi, di Gesù la nascita
      che di Giudea predicavano Re,
      decretò, quindi, togliere la vita
      agl'innocenti sotto gli anni tre.

      Al Puro putativo Padre Giuseppe
      un Angelo veloce venne in sogno:
      corri in Egitto, non badare a steppe
      ch'Erode al Piccoletto porta sdegno.
      Dell'Angelo a Maria dato l'avviso
      lasciavano quel luogo benedetto,
      in braccio Gesù dal casto bel sorriso
      in cerca d'altro tetto e d'altro letto.
      Quando l'Onnipotente al sonno eterno
      gli occhi chiudeva al bruto re regnante
      fu la Divina Famiglia di ritorno
      alle mura paterne, alla sua gente.
      A Nazareth di Galilea con i parenti
      rimaneva Gesù fino ai trent'anni,
      per essere battezzato tra le genti
      incontravasi al Giordano con Giovanni.
      Sconfiggeva Satana tra i monti;
      poscia, in testa a moltitudine gaudente
      cominciava gl'insegnamenti itineranti.
      Or visitando questa or quella gente.
      Seguito da Gerusalemme e da Giudea
      sanava storpi, ciechi ed ammalati;
      da riva al mar di Cafarnao in Galilea
      tutti erano accolti, toccati, graziati.
      Dai guarimenti dati al Suo passaggio
      la Siria tutta n'ebbe conoscenza;
      Ovunque dava del Padre il buon messaggio
      mostrando la grandezza e la Sua scienza.

      Moltiplicava i pesci e pure
      il pane, le acque quietava, comandava
      i venti, ai tormentati dava le Sue cure,
      sui mari e sopra i laghi camminava.
      Nemici farisei, scribi e sinedrio
      da Giuda, Suo discepolo, tradito
      ebbe Pilato giudice avversario
      capo di crudel popolo inferocito.
      Al posto di Barabba condannato
      fu crocefisso in mezzo due ladroni;
      Spirò, il cielo fu squarciato, fu boato,
      tremò la terra, tremaro i sommi troni.
      L'esanime Divin Corpo torturato,
      avvolto nel lenzuolo di bianco lino
      al suolo della tomba fu adagiato
      d'uomo devoto, avverso di Caino.
      Restava il Corpo esanime tre giorni,
      indi in cielo accanto al Padreterno,
      in terra, poscia, dai lochi Sempiterni
      a recare agli Apostoli governo.
      l'incredulo dei dodici Tommaso
      le dita nelle piaghe mettere volle,
      restò, ciò fatto, sgomento ma persuaso,
      cadde in ginocchio nelle carni imbelle.
      Ai Discepoli, Gesù, lascia la pace
      indi s'invola al Divin Palagio
      e, dal cospetto di Dio, dall'amor verace,
      guida gli Apostoli al Divin Messaggio.
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        Scritta da: Nello Maruca
        in Poesie (Poesie personali)

        Il fico

        Ogn'anno al giungere dell'estate afosa
        a noi che al fresco tuo ci si riposa
        fico, che vecchio ti ricordo d'anni assai,
        di frutto dolce non fosti avaro mai.

        Delle cure avute, quasi a dispetto,
        quest'anno di pregiati fichi fai difetto,
        giacché confronto non è coi passat'anni
        di pene mi riempi e tant'affanni.

        Ma ora che ci penso, mi ricordo,
        tutto mi torna in mente or che ti guardo:
        Tu pure l'anno scorso fosti fermo
        e prim'ancora ti mostrasti infermo.

        Qui ti lasciò mio nonno al dipartirsi
        e ancor prima il bisnonno vide aprirsi
        la bella chioma che tale fu per anni
        che, poi, curò mio padre per trent'anni.

        A loro mai donasti alcun cordoglio
        ma a me, che t'accarezzo come figlio,
        dal dispiacere m'hai levato il sonno
        come non mai a padre, nonno e bisnonno.

        Io non ho forza più di tolleranza,
        da me s'è dipartita la pazienza;
        ora m'appari come fossi morto
        perciò toglierti voglio dal mio orto.

        Con quest'arnese ch'è d'acciaio puro
        ti tolgo il fiato con un colpo duro,
        levoti, così, dal mio cospetto
        onde non far mai più alcun dispetto.

        Molto frutto, per te, questo fusto tira
        e nulla feci per muovere la tua ira;
        bene mi comportai sempre finora
        e riconoscoti mio padrone ognora.

        Per te produco, nobile signore,
        nella giornata, fresco, a tutte l'ore,
        dei tuoi bimbi soggiaccio a frusta e grida
        ferma la mano, non renderla omicida.

        La frutta la produco in abbondanza.
        son sempre pronto, in ogni circostanza,
        son sempre qui che sono ad aspettarti
        qual è lo sbaglio, forse il troppo amarti?

        Osi essere sdegnoso ed arrogante?
        Dimentichi che sono alto e importante?
        Tosto ti sfratto dall'orto e dal cospetto
        perché osi mancarmi di rispetto.

        Con questa scura ch'è tagliente
        più di quanto il tuo mordente dente
        ti stendo lesto sulla nuda terra
        giacché osasti dichiararmi guerra.

        No! non toccarmi con quel ferro rozzo;
        se morir debbo fa che sia in un pozzo:
        Mi pare a questa fine esser più degno
        che se pur vecchio, tenero è il mio legno.

        Per l'affanno di padre, nonno e bisnonno
        rimanda la mia fine al prossim'anno;
        fallo pel fresco che ti stai godendo
        e per il frutto ch'ivi oggi gustando.

        Taci! Scampo per te alcun non è,
        schiavo sei, io sono podestà e pure re
        e fermare non posso l'omicida impulso
        finché non t'ho da mia vista espulso.

        Il dolore lasciommi senza fiato
        giacché pugno violento avea sferrato
        alla base del fico, della cui ombra
        affidato avea in sonno le mie membra.
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          Scritta da: Nello Maruca
          in Poesie (Poesie personali)

          Dialogo

          Tu, che rilassato, all'ombra degl'austeri
          pioppi sprofondato sei in sonno tranquillo
          e resti steso al loco dei misteri,
          tornato sei alla terra, suo pupillo.

          Tutto scordato hai dacché sei chiuso,
          tutto scordato hai dacché sei steso;
          se piove resti là, come recluso,
          tra cielo e terra resti là, conteso.

          Manco ti smuovono i caldi raggi
          di cocente sole d'estiva calura,
          né scuotonti li vermi dei paraggi
          e d'aria t'è ripugna ogni fessura.

          Prima che fosti tu, fui così pur'io.
          Prima che mi partissi stetti lassù,
          non sai che stare dolce è in quest'oblio:
          Ah! perché non scendi pure tu quaggiù?

          Non devi mai dormire perché già dormi,
          non devi mai svegliarti, non è risveglio;
          ten stai disteso sotto i grandi olmi,
          posto più quieto non esiste e meglio.

          Beato te se scendi in quest'anfratto:
          Il luogo lo dimori senza sosta,
          nessuno sogna mai di darti sfratto,
          stai pur tranquillo: Non arriva posta.

          Maestri qui non sono né mastri d'ascia,
          avvocati e notai qui non trovi;
          chi quivi approda tutto a terra lascia,
          non sono né alberghi né ritrovi.

          Pioggia mai fu e immenso mare giace;
          tutt'è frastuono ma rumor non senti.
          Se qui ti stendi resti in grande pace;
          l'Alme son tante e tutte son'assenti.

          Fors'io verrei pure in quella valle
          ove mi dici che c'è tutto e nulla,
          lasciando, ahimè, la conosciuta calle
          per coricarmi in quell'oscura culla.

          Ma il dire che tu fai parmi mistero:
          Nel cranio gira forte l'emisfero,
          nel petto dice il cuor: Voglio pulsare:
          Non dire nulla ancor, lasciam'andare

          Scendere in tale luogo non mi lice
          ove ognuno parla e nessun dice,
          ove tutt'è silenzio e nulla tace,
          ove frastuono è ma è grande pace.

          Il racconto, mi pare d'altro mondo
          e partorito da mente malata;
          è come in aria fare il girotondo
          e la matassa è troppo ingarbugliata.

          Tutto il tuo racconto è un enimma
          che in toto pare solo melodramma:
          Indi, eternamente restati laggiù
          ch'io preferisco starmene quassù.
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            Scritta da: Gennaro Keller
            in Poesie (Poesie personali)

            Vorrei

            Vorrei venire da te,
            capire il tuo essere,
            cancellare la tua tristezza,
            accarezzarti piano, dolcemente,
            suscitare in te
            brividi d'amore,
            rincorrerti nel passato,
            vivere il tuo presente,
            guardare il tuo futuro.
            Vorrei vederti sorridere,
            stringerti forte
            e diventare con te
            un'anima sola.
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              Scritta da: Michele Pernozzoli
              in Poesie (Poesie personali)

              Per Fioravanti

              Novelliamo qui il destino
              Di Ruggero, Paladino
              Degli affari dello Stato.
              Il suo Spirito è dotato
              Di quell'affabilità
              Che vuol dire Nobiltà.

              Dalla Francia all'Equatore,
              Sposo e gran lavoratore.
              Dal Marocco allo Zaïre
              Ha piantato con ardire,
              Con coraggio e con bravura
              Frutti per l'agricoltura.

              Con un nome assai glorioso
              Fioravanti è un generoso
              Che comprende con il cuore
              Ogni collaboratore
              Dimostrandosi valente
              E perfetto dirigente.

              Il suo tocco di saggezza
              Giustamente ognuno apprezza.
              Come guida nei marosi
              Dei problemi più spinosi,
              Che tracciare sa la via
              Con prontezza e cortesia.

              Lavorò con grande slancio
              Prima al Sud e poi al Bilancio
              E nel CIPE, ente supremo
              Impegnandosi allo stremo:
              Dedicando estate e inverno
              Al servizio del Governo.

              Dopo tanti bei successi
              Può goder nuovi interessi
              E apprezzare la pensione
              Come gran liberazione
              Dedicandosi a pescare
              E provando anche a sciare.

              Festeggiamo il gran momento
              Con un bel ricevimento,
              Con un brindisi frizzante
              E il pronostico esaltante
              Di una splendida realtà
              Nella nuova libertà.
              Composta lunedì 20 dicembre 2010
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                Scritta da: Michele Pernozzoli
                in Poesie (Poesie personali)

                Fioravanti Ruggero

                Con fervida baldanza
                Messer Ruggero avanza
                sempre pronto, ognun lo sa
                Nell'esprimer l'amistà.

                Fortunata è la presenza:
                già nel nome l'espressione
                di germogli è la visione
                o di splendida ghirlanda
                scintillante ed ammiranda.

                Sia di stami, sia di petali
                O di sepali e pistilli
                Proiettato sempre innanzi
                Gran bel fiore: Fioravanti.

                Ognissanti è già passato
                Il Natale è già annunciato
                Si preparan le vivande
                E non mancan le bevande.

                Nel bicchiere c'è il liquore
                E nell'anima l'ardore
                Degli auguri strappacuore,
                profferiti con calore,
                dall'amico tuo del cuore.
                Composta lunedì 20 dicembre 2010
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                  Scritta da: Brunason
                  in Poesie (Poesie personali)

                  Eppure...

                  Un bagliore filtra
                  tra le venature
                  che sembrano ossa.
                  Pian piano trapela
                  una pallida luce.
                  Frammento di cielo.

                  Non so o non posso
                  naufragare nel vuoto,
                  annaspare nel vento.
                  Ci sei tu.

                  Tenace e presente
                  mi tendi una mano,
                  mi scuoti anche piano.
                  E attendi.

                  La tua mano mi sfiora
                  leggera una guancia.
                  Lo sguardo mi aggancia,
                  non posso sfuggirlo.

                  Un braccio, lieve di piuma,
                  mi tira un colpetto: "È l'ora!".
                  Coraggio e vigore
                  di nuovo mi dona.

                  L'alba è tornata.
                  Alzati, andiamo!
                  Composta domenica 19 dicembre 2010
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