Poesie personali


Scritta da: Rosaria Modica
in Poesie (Poesie personali)

Di notte in giorno

Distesa azzurra
serena quiete
di pecore volate in cielo.
Silenziose abbracciano la notte
illuminate da uno strascico di luna
ed ora insinua le stelle.
Celate in un vetro che bianco fa morir notte
in un azzurro mattino
di luci che in terra si accendono
nel disperdere il giorno.
Composta mercoledì 22 dicembre 2010
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    Scritta da: Nello Maruca
    in Poesie (Poesie personali)

    Lussuria

    Dapprima all'uomo Iddio donò la vita,
    del costato di lui donna formò ardita,
    d'ella ad Adamo regalò il sorriso
    assieme a regale casa in Paradiso.

    Nasce, così, il connubio umano
    ch'essendo buono diventa tosto strano
    tanto che pur di cristianità esser dottrina
    stringi una mano e presto sei in berlina.

    Finché il giorno arrivò del matrimonio
    giammai fu Adamo d'abominio a Dio.
    Sempre fedele fu agl'insegnamenti,
    mai il proibito toccò degl'alimenti.

    Ma quando ch'ebbe con egli la compagna
    lasciossi intenerire da sua lagna;
    a viso bello, in personaggio abietto,
    resistere non seppe, poveretto!

    Onde non essere ad ella in dispiacere
    fece quel ch'era d'ella il suo volere:
    Avido ingurgitò il frutto proibito
    che penzolava dall'albero lì sito.

    Subito preso fu da gran terrore
    e d'incontrare Iddio ebbe timore;
    paura aveva d'essere trovato
    ma fu scovato e lesto fu scacciato.

    Errabondo va l'uomo da quel dì
    per la scomunica ch'addosso gli finì,
    per colpa della donna maledetta
    l'umanità ridotta è alla distretta.

    Beato chi da sol vita conduce
    ché, d'essa a fine, finisce nella Luce.
    Il Maligno da sé ha distanziato
    giacché donna in vita ha mai amato.

    Per quel che sopra è detto, o uomo saggio,
    deserta il tristo tuo retaggio
    e da cattiva lonza stai in lontananza
    poiché lupo la veste perde, non l'usanza.
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      Scritta da: Nello Maruca
      in Poesie (Poesie personali)

      Preghiera

      Quell'essere cattivo, pestilente
      come canna al vento è fluttuante,
      alfine di ferire l'umanità
      passa dall'una all'altra malignità.
      Gode nel vedere dell'altrui le pene
      ché il male in petto tiene, non il bene;
      la dignità per esso è cosa insulsa,
      come l'umanità gli è di ripulsa.

      Ascolta! mio Signore, non far l'ingrato:
      trasportalo dov'è pace e sia "beato".
      Se posto più non è ch'è esaurito
      Fa che in inferno arda all'infinito.
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        Scritta da: Nello Maruca
        in Poesie (Poesie personali)

        Uguaglianza

        Sento da sempre dir con insistenza
        di somiglianza con altrui presenza;
        da tempo studio, io, ciascuna usanza
        e, incontrato mai ho l'uguaglianza.
        Quel che qui dico può sembrar non vero
        E senza scambiare il bianco per il nero
        Vagliamo bene assai la circostanza
        Ed alla cosa diamo giusta importanza.

        Consideriamo il dotto e lo sciancato:
        Il primo se la fa con l'avvocato
        l'altro con le persone abominate
        seguono, perciò, vie divaricate.
        Or l'umile guardiamo e l'orgoglioso:
        Il primo in un cantuccio resta pensoso
        l'altro, a testa alta, baldanzoso
        passeggia col suo fare spocchioso.

        Prendiamo ad esempio la marchesa,
        con chi, secondo voi, ha la sua intesa?
        Certo non con l'onest'uomo di paese
        ma col suo pari rango, nobile marchese.
        la nobildonna dai guantoni bianchi
        malaticcia, occhi cerchiati e stanchi
        porta il suo velo sia per eleganza
        quanto mostrare agli umili importanza.

        Di sul calesse dal mantice nero
        trainato da nobile destriero
        non un sorriso spento, non uno sguardo
        manco all'inchino di stanco vegliardo.
        Luminoso diviene il cereo viso
        e la sua bocca è tutta gran sorriso
        se solo scorge da lontano il ricco
        anche se nell'andare è smorto e fiacco.

        Il capufficio, poi, lo ben sapete
        mostrare preminenza ha grande sete.
        I dipendenti inchioda a scrivania
        a spregio e dell'amore e d'armonia.
        Ancor quando innocenza in aria affiora
        niuno accostamento vedo, poi, ancora,
        tra il magistrato e il malcapitato
        ché poco o tanto resta bacchettato.

        La pari dignità tanto cantata
        da quest'umanità già traviata,
        misconosciuta in ogni umano gesto
        solo giustifica è d'enorme guasto
        al fine che al finir di vita terrena
        sminuita possa essere la pena
        al cospetto del Giudice Divino
        come se a giudicar fosse un padrino.
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          Scritta da: Nello Maruca
          in Poesie (Poesie personali)

          Riconoscenza

          Negl'ingenui giochi fanciulleschi
          fummo inseparabili compagni. Erano
          I tempi in cui gl'atti furbeschi
          furon tanti e gli animi formavano.
          Puberi, insieme, ancora fummo
          a scorrazzare quando la sarmentosa liana,
          a mò di sigaretta, mandavamo in fumo
          stando sdraiati accanto alla fontana

          Giovinetti, ci trovammo ancor legati
          dai vincoli d'affetto primitivi
          che s'erano, nel tempo, rafforzati
          per i nostri giuochi semplici e furtivi.
          Ci perdemmo, però, nell'età verde
          che da necessità fu fatta avulsa
          e sballottati come legion che perde
          e dalla sua amata Terra viene espulsa.

          Poi, di nuovo, nella vita adulta,
          in loco di lavoro e di consulta,
          ci ritrovammo come ai vecchi
          tempi, d'esperienza e conoscenza ricchi:
          così crescemmo assieme per vent'anni,
          colleghi di lavoro e non di giuochi
          e, l'uno dell'altrui vide gl'affanni
          che furono tanti, quanto poco i giochi.

          Or che l'adulto cede al vecchio il posto,
          un po' ammosciato come morent'arbusto,
          non più la grinta del destriero di corsa
          in ansia, stretto dagl'anni, in dura morsa,
          col nero trasformato in bianca chioma
          dal lavoro ti togli, ahimè! La dolce soma.

          Pria che ti diparti dal tenuto per tempo
          Degno posto, dire ti voglio qual'importanza
          per noi tutti avesti. Fosti di vecchio stampo:
          Laborioso, intemerato e con pazienza
          sopportasti del lavoro i turbamenti,
          senza darti né a pene né a lamenti.

          Costanza avesti di formica infaticabile
          ch'onde stipare il formicaio schianta se stessa
          E, dopo aver del grano pulito ogni cortile
          Soltanto allora, la faticosa spola cessa.
          All'operosa ape, che la real sua casa
          d'abbondante polline e miele tiene pervasa,
          in tutto, somiglianza nel lavoro avesti
          che con la dolcezza del far lo raddolcisti.

          Per le doti che ho appena qui cantato,
          scarsa è di nobile metallo ogni medaglia
          perciò, altra d'altro metallo t'ho forgiato
          onde nessuna mai a essa sia d'uguaglio:
          RICONOSCENZA è quel che in cuore io veggo:
          per te, migliore altro metallo non posseggo.
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            Scritta da: CINELLA MICCIANI
            in Poesie (Poesie personali)

            Guscio di cristallo

            Questo nostro amore,
            così fragile e impaurito
            così tenero e dolce,
            oggi è racchiuso
            in un guscio di cristallo.
            Vince lo scorrere del tempo.
            È più forte di ogni altra verità.
            È un amore vivo
            palpitante
            indistruttibile.
            Chiuso nel suo guscio di cristallo
            come gemma preziosa
            illumina il nostro mondo
            e rende speciale
            ogni istante di noi due.
            Vivo di questo amore.
            Vivo di te.
            Sarà così per sempre.
            Composta martedì 21 dicembre 2010
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              Scritta da: Rosarita De Martino
              in Poesie (Poesie personali)

              Ritrovamento

              Cammino,
              brivido di freddo
              nel mio cuore.
              Primi ricami del tempo
              sul mio viso.
              Scintillano
              anonime luci natalizie
              che cantano la festa,
              eppure manca il festeggiato.
              Ma ecco tra folla immane
              improvviso
              mi sorprende
              sorriso di bimbo,
              che mi offre
              sua corda di speranza.
              Sorpresa l'afferro
              e respiro profumo d'infanzia
              mentre, in certezza di fede,
              ritrovo il mio presepe.
              Contemplo, o Bimbo Divino,
              la potenza disarmata
              e disarmante
              del Tuo Amore.
              In luminosità di pace
              accanto a Te
              Ridono
              fiori colorati
              E ritrovo
              la mia gioia,
              che, quale tenera rugiada,
              si posa sul mio viso
              in luce di giovinezza
              ritrovata.
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                Scritta da: Nello Maruca
                in Poesie (Poesie personali)

                L'onest'uomo

                Nel corso di sua vita un sentimento
                unico l'ha sempre accompagnato
                mai, in nessun tempo, nemmeno per un momento
                tal'alto sentimento l'havea abbandonato
                finché avvenne un dì scompiglio in mente
                sua che quale gran macigno schiacciavagli
                la coscienza e lo rendeva niente.
                Da energici e vitali flemmi

                i pensieri furo, tutto abbagliato
                vide e il male quale tarlo rodeva
                i buoni intenti e lo sbagliato
                al giusto s'imponeva e vile lo rendeva.
                Più pace mai s'avrà ché il sentimento
                se pur per poco lasso s'è dipartito
                altrove rendendolo sgomento
                talché triste morire non è ma desiato.
                Purità! Per tanti lunghi anni stata
                gli sei vicino, l'hai per man portato,
                l'hai sempre ben guidato: Eri appagata:
                Perché o purità lo hai abbandonato?
                Vero che in abituale tua dimora
                sei tornata ma il segno dell'assenza
                chi lo cancella mai? Quel ch'era allora
                più non sarà da ora. Più non è l'essenza.

                L'incerta fede che porta poco sollievo
                gli offre e chi, allora, più l'allieterà?
                Mai cercò onori, sempre ne fu schivo,
                e alla sua follia chi ora crederà?
                Fu la pazzia a travolgerlo, a fargli
                tanto male, soltanto in sette giorni
                sconvolsegli la vita come guerrieri in armi
                sconvolgono palazzi, rovesciano governi.

                Maligno maledetto! tutto gli togliesti:
                La sposa stanca e buona, i figli,
                i nipotini: Quanto cattivo fosti!
                Eri in agguato, colpisti con gli artigli.
                Dell'orto distrutto hai albero e frutto
                perciò desiderio della fine avverte
                così, Maligno, sei contento in tutto
                mentr'egli riposo avrà perché inerte.

                Vergogna nel guardare i figli porta,
                indegno d'abbracciare la sposa amata,
                non ha argomento no, nulla gl'importa,
                non ha coraggio a dire: O mia adorata.
                Il cuore t'ha trafitto o dolce donna
                per futile motivo e sciocco orgoglio;
                per lui sei stata portante colonna
                non piangere più di tanto la sua spoglia.

                Per lungo tempo di te pur degno fu,
                fu la pazzia a sviarlo da sentier verace
                e tu, soltanto tu, puoi sol saperlo tu
                che solo per te vorrebbe riaver pace.
                Al Creatore credeva ed al creato,
                mai prima aveva in sé alcun reato,
                dell'onestà teneva culto assai
                ma cadde in burrone profondo, ormai.

                La mente er'intontita e lui vagava,
                svaniva il sogno di restar coi suoi
                giacché il male per strada lo ghermiva
                e lo gettava infra immensi guai.
                Non fece, no, per nulla alcuna ruberia
                od offesa a qualunque esser vivente;
                giammai la mente sfiorò tal cattiveria
                ma di tal'azioni è meno che niente.

                Commise illecito che vergogna mena
                per quell'essere ch'è certo cristiano
                poiché irregolarità comporta pena
                di profonda ferita dentro l'animo.
                L'illegalità non fu contro persona
                e nemmanco ad essere vivente
                in generale, può parere strano
                ma il danno verso altri è inesistente.

                Il cruccio ch'à è d'essersi discosto
                da quant'imposto da Dio Salvatore
                perché, inopportunamente, con furbizia
                ha ricevuto ciò che lecito era
                in altro corretto modo, comunque, avere

                Da retta via dal diavolo distorto
                agli uomini non voleva esser di torto
                e preso da enorme orgoglio sciocco
                resta stordito in immenso fosso.
                Sol Dio può dare ristoro all'alma sua,
                ridare la serenità che prima aveva,
                chetar la pena che gli arde in petto
                giacché non volea mancargli di rispetto.
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