Poesie personali


Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
in Poesie (Poesie personali)
Vanità delle vanità, essere o non essere:
ecco la sintesi dell'uomo che s'interroga
sul suo passato, sul presente e sul futuro.
Siamo scintille di fuoco che non controlliamo
che brucia sempre, ci riscalda e spinge lontano.

I giorni della vita sono pieni di sole e di nuvole
poggia e vento, gioia e dolori e di ansie eterne.
Lavoriamo di giorno penetrando nel cuore del tempo
meditiamo di notte per scoprire la nostra essenza:
siamo esseri passeggeri o l'alito divino del Padreterno?

Scopriremo chi siamo avendo la mente sempre sveglia
captando le dolci voci del silenzio, leggendoci dentro.
Tutto quello che ci circonda ci parla di vita e di morte
ma sorride in noi una brezza divina nascosta nel cuore
che ci spinge per fissare lo sguardo sempre più in alto.

Giorno e notte, vita e morte, realtà e sogni spezzati
sono compagni di avventura in questo mondo di gioia
che ci apre gli occhi per vedere e captare nuova vita.
Passato, presente e futuro sono doni da conoscere
per dare senso ai nostri giorni in attesa di nuovi sogni.
Composta venerdì 30 novembre 2018
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    Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
    in Poesie (Poesie personali)
    Si rompono le inattese barriere della morte
    quando il nostro cuore piange di allegria
    il fidanzato gioisce baciando la sua amata
    la mamma abbraccia suo figlio che nasce
    cogliendo il primo fiore della sua primavera.

    Si aprono le grandi finestre di cristallo
    nel cielo di stelle che gocciolano rugiada
    su un giardino di rose rosse e gigli bianchi
    aspettando il sorriso del giorno che nasce.

    Lentamente i nuovi boccioli si aprono alla luce
    le ombre si nascondono nelle tane della notte.
    Occhi indiscreti scrutano il giorno che nasce
    mentre un bambino sorride all'uccello che canta.

    Sono spalancate le porte alla luce del sole
    l'aria notturna si purifica con il vento che ruggisce.
    Le ragazze accarezzano il mattino che canta
    mentre il loro cuore batte in attesa di un canto.
    Composta lunedì 15 luglio 2019
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      Scritta da: Cristina Metta
      in Poesie (Poesie personali)

      Jingle

      Palazzi code di gatti intrecciate davanti alla Luna
      periscopio d'ombra emerge dai corpi di cemento a fissare le stelle
      caramelle di zucchero esseri alle piccole finestre ad aspettare il futuro
      mentre la glassa della loro anima
      cola in lettere d'amore spedite coi respiri ai fantasmi
      danze tribali del vento tra i labirinti di strade
      semafori in coma sul giallo intermittente mayday allo spazio
      polveri giocano a sbattere contro qualche vetrina
      pompieri corrono verso l'ultima vita rimasta a bruciare senza aiuti

      Un jingle alla radio - da un'auto di guardia notturna
      seducenti parassiti seviziano il pelo d'un cane abbandonato
      lei non conosce altro mestiere e si fa pagare
      ogni angolo di strada racconta di spiriti
      e da sotto il piume il mondo ti sembra più buono
      tutte scimmie sopra un casco di banane così noi per l'amore
      col sorriso allontani la morte per pochi secondi
      forse sta scritta da qualche parte di ogni dolore la cura.
      Composta lunedì 7 ottobre 2019
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        Scritta da: Cristina Metta
        in Poesie (Poesie personali)

        Tamigi col sesso gabbiano

        Notte senza stelle allegre e puttane d'ombra a Park St
        nevica con unghie di ghiaccio e sirene senza appetito di umani ma solo di canto
        subcontinente oceanico con inferni nascosti dentro palazzi dall'aria sobria
        il mio cuore è la papilla gustativa di un demone di fuoco che s'alza in grattacieli
        non voglio qualcosa di facile o di difficile ma voglio qualcosa di mio
        Tamigi col sesso gabbiano l'aria stagna di freddo soltanto febbraio gela in vena
        bistrot occupati fish and chips e Byron maledetto solo l'assenzio tra rime
        ubriaca la gioia s'alza verso una stella lontana col nome di Keats ma in versi
        piccoli angeli di pietra tubano con le guglie sui ponti già vecchi condanna alla storia
        ogni tanto uno schiaffo di vento porta lontano il bianco dal fiocco di neve
        nudi entrambi di ogni leggenda ci abbracciamo a terra cercandoci negli occhi
        neve uomo neve cuore neve palpito e affondi tremante col corpo
        notte senza stelle allegre
        freddo scure
        gelida insonnia
        cielo d'acciaio
        mentre solo tu bruci.
        Composta lunedì 7 ottobre 2019
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          Scritta da: Cristina Metta
          in Poesie (Poesie personali)

          Young Zero

          Ho smesso di fare lo shakespeariano
          il mio cuore ha una sentenza di morte partita alla nascita col conto alla rovescia
          e sono incapace di costruire dopo il Ground 0 della poetica lasciata da Keats e gli altri
          la femminilità della Luna traumatizzata dalla mia noia

          mi chiamo 0 come il principio fondamentale di qualcosa
          che piace agli spettri in letargo sotto sta pelle di lupo
          ciò mi rende rognoso ai diavoli abbelliti a biscotti con spezie
          ma dentro più del putrido stagno _ amari
          io sono il Re della mia storia
          il guerriero
          l'uragano
          il ciclone
          l'incipit
          l'infetto di malinconia
          l'infermo d'amore
          l'incurabile
          il malato di tutto ciò che l'emozione potrà mai trasmettere
          io sono il bastoncino di lussuria intinto nel miele di donna
          pagliaccio per le emergenze
          abbaio
          ringhio e mordo
          fotto
          corro e friggo guardando alle stelle
          chiamatemi Male
          chiamatemi Demone o Uomo
          queste mani sentono più di quanto l'occhio possa vedere
          sentono i morti
          i poemi rimasti non scritti
          sentono le leggende ancora da tramandare

          e allora
          l'infermo lascia impronta
          mentre al suo orecchio
          il sensibile sussurro d'astri
          quello di Dei lontani
          gli canta
          lo imbriglia
          lo ubriaca di eterno

          tanto da sentire come la carne urla in quel buio
          dentro il petto
          o vedere l'orco della rima divincolarsi alla catena di sangue

          è un vecchio rito d'assenza dal presente
          con un pugnale più vigoroso dell'acciaio chiamato ode
          che infligge il più acuto dolore quello da sogni
          oh Follia
          di cui di son guardiano
          in sta nebbia notturna fatta di specchi con legioni
          di Byron e di Cesari
          io ho sto bulbo in battito che ancora non fa fiore
          e per cui scrivo
          per cui amo
          per cui rovescio mari
          per cui resto in viaggio
          senza una mappa
          senza una strada
          senza una meta

          "Young Zero".
          Composta lunedì 7 ottobre 2019
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            Scritta da: Cristina Metta
            in Poesie (Poesie personali)

            Randagio

            Cammino malato di foglie in ruggine
            sei quegli occhi che cerco in mezzo a una folla
            tormentata dall'oroscopo mattutino
            un caffè al bar
            sempre di corsa verso qualcosa che non da mai premi
            eccoti! mi dico ma i tuoi occhi fuggono via
            via dove?
            cerco un parcheggio in settima fila
            costa un rene sognare a tutte le ore del giorno
            vado verso una tomba
            che mi aspetta otto ore per quarant'anni circa
            dopo di che andrò in una buca sempre uguale
            con più silenzi forse
            viva l'amore
            che non ti vede
            che non ti guarda
            e non ti sorride
            nelle ore lavorative

            rincorro come l'infetto
            una cura per questo autunno
            senza alberi secolari
            senza ossigeno
            senza profumi di fiori
            ma ho l'app conta passi o incontra l'anima gemella
            dietro una stella nel Paradiso del Botox
            che può suturare per il momento
            quella ferita umana
            lasciata aperta dai troppi ormoni
            con astinenza da sentimento

            eccomi qua
            randagio come i randagi
            ringhione con il magone e rosicone per la felicità d'altri
            oh cerco gli occhi
            dove stanno i tuoi occhi
            il mio Apple contento mi gratifica con il Pokemon
            Durdix appostato in mezzo a una strada
            dove potrei morire investito
            ma vale la pena rischiare
            per catturare l'ennesima chimera
            costruita dall'uomo
            per ovviare a solitudini tristezze e suicidi
            mi manchi
            e quella condensa mi manca
            che parte col fuoco del tuo corpo quando si muove
            come una corona di alberi danzanti durante una pioggia
            per me sei come un fiore che sboccia tre le mani spettrali
            di un poeta sfuggito all'inferno
            che resta in strada a mirare le onde
            di uomini e nuvole e stagioni
            ognuno col proprio vulcano pieno di lava
            col proprio poema
            da recitare
            alle paure nei pensieri astratti
            di pogni passante senza uno scopo
            un brivido
            che rende ancora possibile
            mirare all'autunno come un gioia per pochi
            ed io ti cerco
            in mezzo a una folla
            col peso del cielo e d'ogni stella
            su questo cuore che tiene nel brivido d'amore
            la sua essenza di sognatore tra sognatori.
            Composta lunedì 7 ottobre 2019
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              Scritta da: Cristina Metta
              in Poesie (Poesie personali)

              Atelier zombie

              Ogni alba contata sulle dita porta la Morte
              un poco di morte ogni ora - ricorda il valore del respiro
              prendi la tua anima le soffi in bocca un po' di sogni
              poi la agiti così dopo l'ebbrezza lei torna al precedente equilibrio
              siamo sulla stessa barca del tempo - fantasmi
              ognuno col proprio posto numerato
              con una sigla sul braccio
              con un angelo dormiente al capezzale
              con uno strano brusio in un cranio virtuale
              osservato al suo microscopio atomico da un Dio curioso
              che sta imparando ancora le tabelline della rinascita

              ci fanno da guardia le paure
              quelle che ci spingono alle domande
              quelle che nutrono la nostra fame
              quelle che ci dicono tic tac fantasma!
              mentre ci cerchiamo dentro i corpi le risposte
              ci strappiamo coi becchi l'uno all'altra le piume dall'orgoglio
              prima di liberarci come uccelli blu
              che voleranno un abisso di numeri a forma di nuvole
              mentre dall'orologio biologico partirà il suono di una sirena
              costringendo il sole al tramonto
              regalandoci piccoli attimi di eternità tra infiniti momenti di sogni
              gli stessi con cui gli zombie popolano l'Eden
              prima che il piccolo Dio studente li faccia rinascere.
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