Scritta da: Stefano Medel
in Poesie (Poesie generazionali)
Come foglia al vento
Il tempo fugge,
come una foglia
sbattuta dal vento freddo;
ed è subito tardi;
niente si ferma;
tutto è in cammino;
in cammino.
Composta venerdì 22 novembre 2013
Il tempo fugge,
come una foglia
sbattuta dal vento freddo;
ed è subito tardi;
niente si ferma;
tutto è in cammino;
in cammino.
La donna è estro e addio
la vivi col suo permesso
È adorna di peccati
e più sono nascosti più sono allettanti
È carne modellata dal desiderio dell'uomo
Ti cambia la vita nel bene e nel male
lascia il segno come una cicatrice
Non siamo nulla senza la donna giusta
Diventiamo niente quando la troviamo
Che scherzo macabro può diventare
Voglia inarrivabile che esalta e ti annulla
Lascia a casa risolutezza e orgoglio
Con una donna sono armi spuntate
La donna è lo specchio che riflette quello che nascondiamo
la sua debolezza la tua forza
Tutto e niente, come ogni grande mistero insoluto.
Tornerai,
si che tornerai
E allora dal cielo
smetterà di piovere,
il vento spazzerà via le nuvole
e ogni cosa
si rivestirà di colori
Spunterà l'arcobaleno
e insieme aspetteremo
una nuova alba,
una nuova vita
Ricominciare,
Vivere
Candito e profumato
sapore di vita,
leggera e soffice come un fiore
la tua anima che mai sarà
uguale a te.
Limpida voce che parla al cuore
occhi che esprimono
che mostrano la dolcezza che
Nessuno bel fiore potrà mai imitare
Quello che tu sei dentro.
La vita
non sbaglia,
la vita ti dona
e poi porta via
le lacrime restano,
ma anche le
lacrime
una volta
esaurite non
resta nulla,
se non la
speranza
che domani
la vita ci doni
senza portar
via nulla!
Tengo stretta
a me
la vita
anche se vi
sono attimi
in cui vorrei
che il dolore
terminasse,
tengo stretta a me
la vita
anche se
tutto cio'
che desidero e'
lontano da me ,
tengo stretta la vita
anche se i miei
sogni mi
sembrano
irraggiungibili
e tu tieni
stretta
la mia mano
anche se
sono lontana
da te!
Come l'erba cresce la fame
un fumo d'arrosto di supposta
lesbica la befana a riposo
brutto porco lasciami stare
tonto d'un bidone chiedimi perdono.
Lasciami stare perverso gesto
ammetti d'averti avvertito.
Fichi d'india di celebre razza
la notte è lunga: di guerra e non di pace... taci!
È nelle mie mani
che stringo
una triste verità,
e nella mia anima
che abbraccio
un amore
finto,
quasi a mezzo respiro,
una sfuggita
carezza al senso
senza senso,
un bacio mai dato,
eppur resta in fondo
all'anima,
un senso di te,
un senso senza pace,
che mi tormenta,
ed i tuoi occhi,
le tue parole
perse in fondo
all'anima mia!
Lascerò
che sia il tempo
a decidere,
si,
lascerò che la vita
faccia il suo
percorso,
in fondo non posso
lottare contro
i venti della vita,
inutile farlo,
si inutile,
i ventoi sono forti
distruttivi
ed io sono un
po' stanca di
lottare contro i venti,
venti freddi,
venti distruttivi,
venti e sempre
venti,
venti troppo
forti per un anima
irrequiete, venti di vita
che passano
lasciandomi
senza respiro
per poi andare altrove,
adesso ho deciso mi fermo,
senza più lottare
e lascerò che sia il tempo
solo il tempo può,
io,
io mi fermo qui,
ad aspettare senza
andare contro
vento!
Quanri ricordi porta su il passato
per colpa di un vecchio diario ritrovato.
Jacovitti era firmato, se non lo avevi
potevi considerarti uno sfigato.
Jacovitti, un nome assai famoso,
era il disegnatore del "Il Vittorioso".
Dentro c'erano vignette, consigli
e barzellette.
Ancora oggi le ricordo quasi tutte.
Scuola Media "Manzi" 3^ D,
sezione non proprio benvoluta,
da tutti gli altri era temuta.
Ultimo piano, in fondo ad un corridoio stretto,
dopo di noi c'era solo il tetto.
Ci avevano isolati, non tanto per punizione
ma per assicurare agli altri
la giusta protezione.
Quanto tempo ormai è passato,
ma tutto è chiaro in mente,
come fosse appena vissuto.
Silvio, Mario, Piero, Giordano,
quel matto del Savini e poi il Fumini,
che parlava strano, era Ternano.
E le ragazze, Anna, Patrizia, Anna Maria,
Ornella e poi Daniela, senza far torto alle altre
certamente la più bella.
In tutti suscitava pensieri ed emozioni
ed è pensando a lei che, nel chiuso del tuo io
partivano le prime e sempre più frequenti
masturbazioni.
Nello studio non è che fossi un gran portento,
forse un po' scarso e, alle versioni di latino,
salando, preferivo sempre il biliardino.
Un giorno fui anche espulso,
fù una cosa ingiusta e deprimente poiché,
ancor oggi lo giuro, ero innocente.
"Leggi la poesia a pagina trentotto",
ed io, sicuro, inzio e, ad alta voce declamo:
"Il beccamorto".
Esplose tutta la classe in un sol boato,
una gran risata che arrivo sino al vicino porto.
Solo la Prof. non rideva ma, rossa e paonazza,
strillava e urlava come una pazza.
Evidentemente qualcosa era andata storta
tanto che mi ritrovai fuori dalla porta.
Solo dopo seppi che un poeta idiota
aveva inteso declamar versi in onor di un frutto
che sembra si usi per far profumi
e grattugiarne la buccia sul risotto.
Il nome era "bergamotto".
Fatto sta che tutto fu preso
come una bravata e, a casa,
rischiai pure qualche mazzata.
Ora tutto è diverso,
è passato tanto tempo
e il mondo sembra falso,
anche l'amore tra ragazzi ha cambiato nome.
Ora si chiama semplicemente sesso.
Francamente non scambierei con loro
un sol momento.
Ciò che provano loro è solo un fatuo godimento.
Gli manca una cosa basilare.
Il vecchio caro sentimento.