Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Alla fine il segreto viene fuori

Alla fine il segreto viene fuori,
come deve succedere ogni volta,
è matura la deliziosa storia
da raccontare all'amico del cuore;
davanti al tè fumante e nella piazza
la lingua ottiene quello che voleva;
le acque chete corrono profonde
mio caro, non c'è fumo senza fuoco.

Dietro il morto in fondo al serbatoio,
dietro il fantasma sul prato da golf,
dietro la dama che ama il ballo e dietro
il signore che beve come un matto,
sotto l'aspetto affaticato,
l'attacco di emicrania e il sospiro
c'è sempre un'altra storia,
c'è più di quello che si mostra all'occhio.

Per la voce argentina che d'un tratto
canta lassù dal muro del convento,
per l'odore che viene dai sanbuchi,
per le stampe di caccia nell'ingresso,
per le gare di croquet in estate,
la tosse, il bacio, la stretta di mano,
c'è sempre un segreto malizioso,
un motivo privato in tutto questo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Blues in Memoria

    Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
    fate tacere il cane con un osso succulento,
    chiudete i pianoforti e fra un rullio smorzato
    portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

    Incrocino gli aereoplani lassù
    e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
    allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
    i vigili si mettano i guanti di tela nera.

    Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
    la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
    il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
    pensavo che l'amore fosse eterno: avevo torto.

    Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte;
    imballate la luna, smontate pure il sole;
    svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
    perché ormai nulla può giovare.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La verità, vi prego, sull'amore

      Dicono alcuni che amore è un bambino
      e alcuni che è un uccello,
      alcuni che manda avanti il mondo
      e alcuni che è un'assurdità
      e quando ho domandato al mio vicino,
      che aveva tutta l'aria di sapere,
      sua moglie si è seccata e ha detto che
      non era il caso, no.

      Assomiglia a una coppia di pigiami
      o al salame dove non c'è da bere?
      Per l'odore può ricordare i lama
      o avrà un profumo consolante?
      È pungente a toccarlo, come un prugno
      o è lieve come morbido piumino?
      È tagliente o ben lischio lungo gli orli?
      La verità, vi prego, sull'amore.

      I manuali di storia ce ne parlano
      in qualche noticina misteriosa,
      ma è un argomento assai comune
      a bordo delle navi da crociera;
      ho trovato che vi si accenna nelle
      cronache dei suicidi
      e l'ho visto persino scribacchiato
      sul retro degli orari ferroviari.

      Ha il latrato di un alsaziano a dieta
      o il bum-bum di una banda militare?
      Si può farne una buona imitazione
      su una sega o uno Steinway da concerto?
      Quando canta alle este è un finimondo?
      Apprezzerà soltanto roba classica?
      Smetterà se si vuole un po' di pace?
      La verità grave, vi prego, sull'amore.

      Sono andato a guardare nel bersò
      lì non c'era mai stato;
      ho esportato il Tamigi a Maidenhead,
      e poi l'aria balsamica di Brighton.
      Non so che cosa mi cantasse il merlo,
      o che cosa dicesse il tulipano,
      ma non era nascosto nel pollaio
      e non era nemmeno sotto il letto.

      Sa fare delle smorfie straordinarie?
      Sull'altalena soffre di vertigini?
      Passerà tutto il suo tempo alle corse
      o strimpellando corde sbrindellate?
      Avrà idee personali sul denaro?
      È un buon patriota o mica tanto?
      Ne racconta di allegre, anche se spinte?
      La verità, vi prego, sull'amore.

      Quando viene, verrà senza avvisare,
      proprio mentre sto frugando il naso?
      Busserà la mattina alla mia porta
      o là sul bus mi pesterà un piede?
      Accedrà come quando cambia il tempo?
      Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
      Darà una svolta a tutta la mia vita?
      La verità, vi prego, sull'amore.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il principe rivoluzionario

        "Parla il cameriere"
        Quando tiene i discorsi, è vero,
        è rivoluzionario, lo ammetto:
        ma quando non parla cambia aspetto,
        diventa di tutt'altro umore.

        È a casa che avviene il cambiamento:
        povero me, se manco di rispetto!
        O se nel dargli un foglio non lo metto
        come vuole lui, nel vassoio d'argento!

        Ti basti questo: quando va in campagna
        a tenere le conferenze nei comizi
        sua moglie la chiama: la compagna.
        La compagna? Benissimo: ma allora
        perché con le persone di servizio
        continua a chiamarla: la mia signora?
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          In pretura

          - Alzatevi, accusata: vi chiamate?
          - Pia Tonzi. - Maritata? - Sissignora.
          - Con prole? - No... con uno che lavora...
          - D'anni? - Ventotto. - Che mestiere fate?

          - Esco la sera verso una cert'ora...
          - Già, comprendo benissimo, abbordate...
          - Oh, dico, sor pretore, rispettate
          l'onorabbilità d'una signora!

          - Ma le guardie vi presero al momento
          che facevate i segni ad un signore,
          scandalizzando tutto il casamento...

          - Loro potranno divve quer che vonno:
          ma io, su le questioni de l'onore,
          fo come li Ministri: nun risponno!
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            L'agnello infurbito

            Un lupo che beveva in un ruscello
            vidde, dall'antra parte de la riva,
            l'immancabbile Agnello.
            -Perché nun venghi qui? - je chiese er Lupo -
            L'acqua, in quer punto, é torbida e cattiva
            e un porco ce fa spesso er semicupio.
            Da me, che nun ce bazzica er bestiame,
            er ruscelletto è limpido e pulito... -
            L'Agnello disse: - Accetterò l'invito
            quanno avrò sete e tu nun avrai fame.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
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              Carità cristiana

              Er Chirichetto d'una sacrestia
              sfasciò l'ombrello su la groppa a un gatto
              pè castigallo d'una porcheria.
              - Che fai? - je strillò er Prete ner vedello
              - Ce vò un coraccio nero come er tuo
              pè menaje in quer modo... Poverello!...
              - Che? - fece er Chirichetto - er gatto è suo? -
              Er Prete disse: - No... ma è mio l'ombrello! -.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                La diplomazia

                Naturarmente, la Dipromazzia
                è una cosa che serve a la nazzione
                pè conservà le bone relazzione,
                cò quarche imbrojo e quarche furberia.

                Se dice dipromatico pè via
                che frega cò 'na certa educazzione,
                cercanno de nasconne l'opinione
                dietro un giochetto de fisonomia.

                Presempio, s'io te dico chiaramente
                ch'ho incontrato tù moje con un tale,
                sarò sincero, sì, ma sò imprudente.

                S'invece dico: - Abbada cò chi pratica...
                Tu resti cò le corna tale e quale,
                ma te l'avviso in forma dipromatica.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  L'alba meridionale

                  Torno, ritrovo il fenomeno della fuga
                  del capitale, l'epifenomeno (infimo)
                  dell'avanguardia. La polizia tributaria
                  (quasi accertamento filosofico
                  sugli incartamenti di un poeta)
                  fruga in quel fatto privato che sono i soldi,
                  contaminati da carità, dolenti
                  di inspiegabili consunzioni, e pieni
                  di senso di colpa, come il corpo da ragazzi:
                  però con mia gongolante leggerezza perché qua,
                  non c'è da accertare nulla, se non la mia ingenuità.
                  Torno, e trovo milioni di uomini occupati
                  soltanto a vivere come barbari discesi
                  da poco su una terra felice, estranei
                  ad essa, e suoi possessori. Così nella vigilia
                  della Preistoria che a tutto ciò darà senso,
                  riprendo a Roma le mie abitudini
                  di bestia ferita, che guarda negli occhi,
                  godendo del morire, i suoi feritori….
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Ballata delle madri

                    Mi domando che madri avete avuto.
                    Se ora vi vedessero al lavoro
                    in un mondo a loro sconosciuto,
                    presi in un giro mai compiuto
                    d'esperienze così diverse dalle loro,
                    che sguardo avrebbero negli occhi?
                    Se fossero lì, mentre voi scrivete
                    il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
                    o lo passate a redattori rotti
                    a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

                    Madri vili, con nel viso il timore
                    antico, quello che come un male
                    deforma i lineamenti in un biancore
                    che li annebbia, li allontana dal cuore,
                    li chiude nel vecchio rifiuto morale.
                    Madri vili, poverine, preoccupate
                    che i figli conoscano la viltà
                    per chiedere un posto, per essere pratici,
                    per non offendere anime privilegiate,
                    per difendersi da ogni pietà.

                    Madri mediocri, che hanno imparato
                    con umiltà di bambine, di noi,
                    un unico, nudo significato,
                    con anime in cui il mondo è dannato
                    a non dare né dolore né gioia.
                    Madri mediocri, che non hanno avuto
                    per voi mai una parola d'amore,
                    se non d'un amore sordidamente muto
                    di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
                    impotenti ai reali richiami del cuore.

                    Madri servili, abituate da secoli
                    a chinare senza amore la testa,
                    a trasmettere al loro feto
                    l'antico, vergognoso segreto
                    d'accontentarsi dei resti della festa.
                    Madri servili, che vi hanno insegnato
                    come il servo può essere felice
                    odiando chi è, come lui, legato,
                    come può essere, tradendo, beato,
                    e sicuro, facendo ciò che non dice.

                    Madri feroci, intente a difendere
                    quel poco che, borghesi, possiedono,
                    la normalità e lo stipendio,
                    quasi con rabbia di chi si vendichi
                    o sia stretto da un assurdo assedio.
                    Madri feroci, che vi hanno detto:
                    Sopravvivete! Pensate a voi!
                    Non provate mai pietà o rispetto
                    per nessuno, covate nel petto
                    la vostra integrità di avvoltoi!

                    Ecco, vili, mediocri, servi,
                    feroci, le vostre povere madri!
                    Che non hanno vergogna a sapervi
                    – nel vostro odio – addirittura superbi,
                    se non è questa che una valle di lacrime.
                    È così che vi appartiene questo mondo:
                    fatti fratelli nelle opposte passioni,
                    o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
                    a essere diversi: a rispondere
                    del selvaggio dolore di esser uomini.
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