Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

La Speranza

O abbiamo la speranza in noi, o non l'abbiamo;
è una dimensione dell'anima,
e non dipende da una particolare osservazione del mondo
o da una stima della situazione.
La speranza non è una predizione,
ma un orientamento dello spirito e del cuore;
trascende il mondo che viene immediatamente sperimentato,
ed è ancorata da qualche parte al di là dei suoi orizzonti.
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    Scritta da: Elisa Iacobellis
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Mi piace quando taci
    Mi piace quando taci perché sei come assente,
    e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
    Sembra che gli occhi ti sian volati via
    e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
    Poiché tutte le cose son piene della mia anima
    emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
    Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
    e rassomigli alla parola malinconia.
    Mi piace quando taci e sei come distante.
    E stai come lamentandoti, farfatta turbante.
    E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
    lascia che io taccia col tuo silenzio.
    Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
    chiaro come una lampada, semplice come un anello.
    Sei come la notte, silenziosa e costellata.
    Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
    Mi piace quando taci perché sei come assente.
    Distante e dolorosa, come se fossi morta.
    Allora una parola, un sorriso bastano.
    E son felice, felice che non sia così.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La Credenza

      È un ampio armadio scolpito; l'antica scura
      quercia ha preso una buon'aria di vecchia gente;
      l'armadio è aperto, e scioglie dentro l'ombratura
      come onda di vin vecchio, un profumo attraente.

      È un miscuglio di vecchie anticaglie, stipato
      di panni odorosi e gialli, di straccetti
      di donne e fanciulli, di appassiti merletti,
      di scialli di nonna col grifo pitturato;

      - Qui trovi ciocche di capelli bianche e bionde,
      i ritratti, i medaglioni, la frutta e i fiori
      secchi il cui profumo insieme si confonde.

      - Ne sai di storie, o mia credenza d'ore morte!
      Vorresti dirci i tuoi racconti, e fai rumori
      se lente s'aprono le grandi nere porte.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Chiesa veneziana

        Così, da sempre, come una memoria
        che mai giunge a sbiadirsi, che mai
        perde
        la traccia immaginosa, questa storia
        di pietra e d'acqua, di laguna verde,

        tratteggiata dai neri colombari
        delle mura, da lapidi di rosa,
        s'è fatta chiesa aperta agli estuari,
        all'incrocio dei venti. Non riposa

        mai tomba che non veda la sua morte
        frangersi ancora contro il nero eterno.
        E le gondole, battono alle porte
        i lugubri mareggi dell'inverno.
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          La partita di calcio

          Boccaccio era il portiere,
          il gran portiere giallo
          della squadra del quartiere.
          Stava all’erta come un gallo

          sulla porta del campetto
          alla periferia.
          Diceva: "Qua sul petto,
          ed ogni palla è mia".

          Ma quel giorno, chi lo sa,
          sbuca di qua sbuca di là
          - Boccaccio attento! - pa pa
          la palla è in rete. "Ma va,
          ma va, Boccaccio, è uno".

          Attento, di qua di là,
          passa non passa, tira.
          Boccaccio si rigira;
          si tuffa - passerà?-
          "Qui non passa nessuno",
          ma la palla è nel sacco.

          E son due. Lo smacco,
          i fischi, e poi sotto...
          "Salta a pugno, Boccaccio,
          ma non la vedi dov’è,
          salta, salta"... E son tre.

          E quattro e cinque e sei.
          - Boccaccio dove sei?-
          E sette e otto e nove
          e piove e piove e piove
          con grandine e con tuoni.  
          Quattordici palloni
          nella rete di Boccaccio
          poveretto poveraccio,
          bianco come uno straccio
          col berretto da fantino
          ubriaco senza vino.

          Quanti fischi! e poi "cretino",
          "pastafrolla", "posapiano",
          "tappabuchi", "moscardino!"
          Oh, quel povero Boccaccio
          nella furia del baccano
          si strappava i suoi capelli
          e la folla dai cancelli
          gli gridava: "Ancora, ancora".

          Tutti tutti, ad uno ad uno
          si strappò capelli e baffi
          e poi schiaffi sopra schiaffi
          si ridette per lezione.
          Restò lì con la sua testa
          tonda, liscia come palla.
          "Oh, son quindici con questa
          - gli gridò dietro la folla -
          tappabuchi, pastafrolla
          vai a guardia d’un portone!"

          E difatti il buon Boccaccio
          col berretto e col gallone,
          mani pronte e spazzolone,
          oggi è a guardia d’un portone
          dove passano persone
          che fermare egli non può,
          dieci venti cento e più.
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            Scritta da: Lucio Dusso
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Cum subit illius tristissima noctis imago,
            Quae mihi supremum tempus in Urbe fruit;
            Cum repecto noctem, qua tot mihi cara reliqui;
            Labitur ex oculis nunc quoque gutta meis.
            Iamque quiscebant voces hominunque canumque;
            Lunaque nocturnos alta regebat equos.
            Hanc ego suspiciens, et ab hac Capitolia cernens.
            Quae nostro frustra iuncta fuere Lari.

            Quando risorge in me la tristissima immagine di quella notte
            che fu l'ultima ora a me concessa in Roma,
            quando rivivo la notte in cui lasciai tante cose care,
            qualche lacrima ancora mi scorre dagli occhi.
            E già le voci degli uomini e dei cani tacevano;
            e la luna alta nel cielo reggeva i cavalli notturni.
            Io la guardavo lassù, e poi guardavo i templi capitolini, che inutilmente furono vicini al nostro Lare.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              È bellissimo

              È bellissimo guardare fuori mentre piove.
              Piovono pugni dal cielo e lacrime sudate.
              Tutti fuggono cercando riparo, molti riparano nella fuga.
              La ragione si da ai pazzi, forse perché hanno ragione.
              Il mio torto è il buonumore, non riesco ad alzarmi dal letto senza cantare,
              non riesco ad uscire di casa senza sorridere.
              Mi piace pensare positivo, sorseggiare una birra fresca,
              guardare indietro e vedere il futuro.
              Sentirmi un evaso all'ora dell'aperitivo.
              È bellissimo andare a dormire mentre la città si sveglia.
              Le valigie sono piene di sogni e i treni pieni di rassegnazione.
              Il mio torto è la ragione e la ragione mi dice di seguire l'istinto.
              Non riesco ad alzarmi dal letto senza di te,
              non riesco ad uscire di casa senza tornarci.
              Fuori continua a piovere, mentre il cielo schiarisce,
              ed è bellissimo.
              È bellissimo.
              Composta venerdì 22 marzo 2013
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                Scritta da: Phantastica
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Timor di me?

                Oh, un terribile timore;
                La lietezza esplode
                Contro quei vetri al buio
                Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce
                È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere -
                Dietro, sotto il riquadro del cielo annerito
                Riapparizione ctonia!
                Non scherzo: ché tu hai esperienza
                Di un luogo che non ho mai esplorato,
                UN VUOTO NEL COSMO
                È vero che la mia terra è piccola
                Ma ho sempre affabulato sui luoghi inesplorati
                Con una certa lietezza, quasicché non fosse vero
                Ma tu ci sei, qui, in voce
                La luna è risorta;
                le acque scorrono;
                il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata
                finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo
                Chi c'è, in quel VUOTO DEL COSMO,
                che tu porti nei tuoi desideri e conosci?
                C'è il padre, sì, lui!
                Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli;
                come ingenuamente dai per certo ciò che non lo è affatto;
                fondi tutto il discorso, ripreso qui, cantando,
                su questa presunzione che per te è umile
                e non sai invece quanto sia superba
                essa porta in sé i segni della volontà mortale della maggioranza -
                L'occhio ilare di me mai disceso agli Inferi,
                ombra infernale vagolante
                nasconde
                E tu ci caschi
                Tu conosci di ciò che è realtà solo quell'Uomo Adulto
                Ossia ciò che si deve conoscere;
                lei, la Donna Adulta, stia all'Inferno
                o nell'Ombra che precede la vita
                e di là operi pure i suoi malefizi, i suoi incantesimi;
                odiala, odiala, odiala;
                e se tu canti e nessuno ti sente, sorridi
                semplicemente perché, per ora, intanto, sei vittoriosa -
                in voce come una giovane figlia avida
                che però ha sperimentato dolcezza;
                Parigi calca dietro alle tue spalle un cielo basso
                Con la trama dei rami neri; ormai classici;
                questa è la storia -
                Tu sorridi al Padre -
                Quella persona di cui non ho alcuna informazione,
                che ho frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo -
                strano, è da quel mostro di autorità
                che proviene anche la dolcezza
                se non altro come rassegnazione e breve vittoria;
                accidenti, come l'ho ignorato; così ignorato da non saperne niente -
                cosa fare?

                Tu doni, spargi doni, hai bisogno di donare,
                ma il tuo dono te l'ha dato Lui, come tutto;
                ed è Nulla il dono di Nessuno;
                io fingo di ricevere;
                ti ringrazio, sinceramente grato;
                Ma il debole sorriso sfuggente
                non è di timidezza
                è lo sgomento, più terribile, ben più terribile
                di avere un corpo separato, nei regni dell'essere - se è una colpa
                se non è che un incidente:
                ma al posto dell'Altro
                per me c'è un vuoto nel cosmo
                un vuoto nel cosmo
                e da là tu canti.
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