Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

L'anguilla

L'anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre piú addentro, sempre piú nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d'acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d'Appennino alla Romagna;
l'anguilla, torcia, frusta,
freccia d'Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l'anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l'arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito:
l'iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell'uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Marradi

    Il vecchio castello che ride sereno sull'alto
    La valle canora dove si snoda l'azzurro fiume
    Che rotto e muggente a tratti canta epopea
    E sereno riposa in larghi specchi d'azzurro:
    Vita e sogno che in fondo alla mistica valle
    Agitate l'anima dei secoli passati:
    Ora per voi la speranza
    Nell'aria ininterrottamente
    Sopra l'ombra del bosco che la annega
    Sale in lontano appello
    Insaziabilmente
    Batte al mio cuor che trema di vertigine.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Sognato per l'inverno a... lei

      Andremo, d'inverno, in un vagoncino rosa
      con tanti cuscini blu.
      Sarà dolce. Un nido di baci folli posa
      nei cantucci molli. Tu

      chiuderai gli occhi, per non vedere dai vetri
      smorfiare l'ombre delle sere,
      la plebaglia di démoni e di lupi tetri,
      mostruosità arcigne e nere.

      Poi la tua guancia graffiare si sentirà...
      un bacetto, un ragno matto, ti correrà
      sul collo... Intanto

      tu mi dirai: "Cerca! ", chinando a me la testa
      - prenderemo tempo a scovare quella bestia
      - che viaggia così tanto...
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Colore di pioggia e di ferro

        Dicevi: morte, silenzio, solitudine;
        come amore, vita. Parole
        delle nostre provvisorie immagini.
        E il vento s'è levato leggero ogni mattina
        e il tempo colore di pioggia e di ferro
        è passato sulle pietre,
        sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
        Ancora la verità è lontana.
        E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
        e tu dalle mani grosse di sangue,
        come risponderò a quelli che domandano?
        Ora, ora: prima che altro silenzio
        entri negli occhi, prima che altro vento
        salga e altra ruggine fiorisca.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Di fronte all'Africa

          Aver casa è un bene
          dolce il sonno sotto il proprio tetto
          figli, giardino e cane.
          Ma certo appena ti sei riposato dall'ultimo viaggio

          la lontananza t'insegue con nuove lusinghe.
          Meglio è patire di nostalgia di casa
          e sotto le alte stelle, solo,
          riposare con la propria melanconia.

          Avere e riposare può soltanto,
          chi ha il cuore tranquillo,
          mentre il viandante sopporta fatiche e difficoltà
          con sempre delusa speranza.

          In vero più lieve è il tormento di andare,
          più lieve che trovar pace nelle valli di casa,
          dove tra le gioie e le solite cure
          solo il saggio sa costruire la propria felicità.

          Per me è meglio cercare e mai trovare
          che legarmi, caldo e stretto a quanto mi è accanto,
          perché anche nel bene, su questa terra
          sono solo ospite, mai cittadino.
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            Scritta da: Marco Bertazzoli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            L'Onda

            Nella cala tranquilla
            scintilla,
            intesto di scaglia
            come l'antica
            lorica
            del catafratto,
            il Mare.
            Sembra trascolorare.
            S'argenta? S'oscura?
            A un tratto
            come colpo dismaglia
            l'arme, la forza
            del vento l'intacca.
            Non dura.
            Nasce l'onda fiacca,
            sùbito s'ammorza.
            Il vento rinforza.
            Altra onda nasce,
            si perde,
            come agnello che pasce
            pel verde:
            un fiocco di spuma
            che balza!
            Ma il vento riviene,
            rincalza, ridonda.
            Altra onda s'alza,
            nel suo nascimento
            più lene
            che ventre virginale!
            Palpita, sale,
            si gonfia, s'incurva,
            s'alluma, propende.
            Il dorso ampio splende
            come cristallo;
            la cima leggiera
            s'arruffa
            come criniera
            nivea di cavallo.
            Il vento la scavezza.
            L'onda si spezza,
            precipita nel cavo
            del solco sonora;
            spumeggia, biancheggia,
            s'infiora, odora,
            travolge la cuora,
            trae l'alga e l'ulva;
            s'allunga,
            rotola, galoppa;
            intoppa
            in altra cui 'l vento
            diè tempra diversa;
            l'avversa,
            l'assalta, la sormonta,
            vi si mesce, s'accresce.
            Di spruzzi, di sprazzi,
            di fiocchi, d'iridi
            ferve nella risacca;
            par che di crisopazzi
            scintilli
            e di berilli
            viridi a sacca.
            O sua favella!
            Sciacqua, sciaborda,
            scroscia, schiocca, schianta,
            romba, ride, canta,
            accorda, discorda,
            tutte accoglie e fonde
            le dissonanze acute
            nelle sue volute
            profonde,
            libera e bella,
            numerosa e folle,
            possente e molle,
            creatura viva
            che gode
            del suo mistero
            fugace.
            E per la riva l'ode
            la sua sorella scalza
            dal passo leggero
            e dalle gambe lisce,
            Aretusa rapace
            che rapisce la frutta
            ond'ha colmo suo grembo.
            Sùbito le balza
            il cor, le raggia
            il viso d'oro.
            Lascia ella il lembo,
            s'inclina
            al richiamo canoro;
            e la selvaggia
            rapina,
            l'acerbo suo tesoro
            oblìa nella melode.
            E anch'ella si gode
            come l'onda, l'asciutta
            fura, quasi che tutta
            la freschezza marina
            a nembo
            entro le giunga!

            Musa, cantai la lode
            della mia Strofe Lunga.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Quando tu sarai vecchia, bimba (Ronsard già te lo disse),
              ricorderai quei versi che io recitavo.
              Avrai i seni tristi d'aver cresciuto i figli,
              gli ultimi germogli della tua vita vuota...
              Io sarò così lungi che le tue mani di cera
              areranno il ricordo delle mie rovine nude.
              Comprenderai che può nevicare in Primavera
              e che in Primavera le nevi son più crude.
              Io sarò così lungi che l'amore e la pena
              che prima vuotai nella tua vita come un'anfora piena
              saranno condannati a morire tra le mie mani...
              E sarà tardi perché se n'è andata la mia adolescenza,
              tardi perché i fiori una volta danno essenza
              e perché anche se mi chiamerai io sarò così lungi.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                La lettura di poesia

                Pieno pomeriggio
                in un college vicino al mare
                sobrio
                col sudore che mi cola sulle braccia,
                una goccia di sudore sul tavolo,
                l'asciugo col dito,
                per i soldi per i soldi
                mio dio penseranno che adoro tutto questo come gli altri
                mentre è per il pane e la birra e l'affitto
                per i soldi,
                sono teso faccio schifo mi sento male
                poveracci che fiasco, che disastro.

                Una donna si alza,
                esce
                sbatte la porta.

                Una poesia sconcia
                me l'avevano detto di non leggere poesie sconce
                qui
                troppo tardi.

                I miei occhi non vedono alcune righe,
                le leggo
                fino alla fine -
                disperato, tremante,
                che schifezza.

                Non possono sentire la mia voce
                e io dico
                basta, è finita, sono
                rovinato.

                E più tardi in camera mia
                trovo birra e scotch:
                il sangue d'un codardo.

                Questo dunque
                sarà il mio destino:
                scribacchiare per quattro soldi in stanze semibuie
                leggere poesie di cui da un pezzo mi sono
                stancato.

                E una volta credevo
                che gli uomini che guidano l'autobus
                o puliscono le latrine
                o ammazzano altri uomini nei vicoli
                fossero degli idioti.
                Composta mercoledì 25 settembre 2013
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