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in Poesie (Poesie d'Autore)

I tuoi occhi

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono cosi, le spighe, di primo mattino;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
Così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
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    Scritta da: Elisa Iacobellis
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Mi piace quando taci
    Mi piace quando taci perché sei come assente,
    e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
    Sembra che gli occhi ti sian volati via
    e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
    Poiché tutte le cose son piene della mia anima
    emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
    Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
    e rassomigli alla parola malinconia.
    Mi piace quando taci e sei come distante.
    E stai come lamentandoti, farfatta turbante.
    E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
    lascia che io taccia col tuo silenzio.
    Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
    chiaro come una lampada, semplice come un anello.
    Sei come la notte, silenziosa e costellata.
    Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
    Mi piace quando taci perché sei come assente.
    Distante e dolorosa, come se fossi morta.
    Allora una parola, un sorriso bastano.
    E son felice, felice che non sia così.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La Credenza

      È un ampio armadio scolpito; l'antica scura
      quercia ha preso una buon'aria di vecchia gente;
      l'armadio è aperto, e scioglie dentro l'ombratura
      come onda di vin vecchio, un profumo attraente.

      È un miscuglio di vecchie anticaglie, stipato
      di panni odorosi e gialli, di straccetti
      di donne e fanciulli, di appassiti merletti,
      di scialli di nonna col grifo pitturato;

      - Qui trovi ciocche di capelli bianche e bionde,
      i ritratti, i medaglioni, la frutta e i fiori
      secchi il cui profumo insieme si confonde.

      - Ne sai di storie, o mia credenza d'ore morte!
      Vorresti dirci i tuoi racconti, e fai rumori
      se lente s'aprono le grandi nere porte.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Chiesa veneziana

        Così, da sempre, come una memoria
        che mai giunge a sbiadirsi, che mai
        perde
        la traccia immaginosa, questa storia
        di pietra e d'acqua, di laguna verde,

        tratteggiata dai neri colombari
        delle mura, da lapidi di rosa,
        s'è fatta chiesa aperta agli estuari,
        all'incrocio dei venti. Non riposa

        mai tomba che non veda la sua morte
        frangersi ancora contro il nero eterno.
        E le gondole, battono alle porte
        i lugubri mareggi dell'inverno.
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          La partita di calcio

          Boccaccio era il portiere,
          il gran portiere giallo
          della squadra del quartiere.
          Stava all’erta come un gallo

          sulla porta del campetto
          alla periferia.
          Diceva: "Qua sul petto,
          ed ogni palla è mia".

          Ma quel giorno, chi lo sa,
          sbuca di qua sbuca di là
          - Boccaccio attento! - pa pa
          la palla è in rete. "Ma va,
          ma va, Boccaccio, è uno".

          Attento, di qua di là,
          passa non passa, tira.
          Boccaccio si rigira;
          si tuffa - passerà?-
          "Qui non passa nessuno",
          ma la palla è nel sacco.

          E son due. Lo smacco,
          i fischi, e poi sotto...
          "Salta a pugno, Boccaccio,
          ma non la vedi dov’è,
          salta, salta"... E son tre.

          E quattro e cinque e sei.
          - Boccaccio dove sei?-
          E sette e otto e nove
          e piove e piove e piove
          con grandine e con tuoni.  
          Quattordici palloni
          nella rete di Boccaccio
          poveretto poveraccio,
          bianco come uno straccio
          col berretto da fantino
          ubriaco senza vino.

          Quanti fischi! e poi "cretino",
          "pastafrolla", "posapiano",
          "tappabuchi", "moscardino!"
          Oh, quel povero Boccaccio
          nella furia del baccano
          si strappava i suoi capelli
          e la folla dai cancelli
          gli gridava: "Ancora, ancora".

          Tutti tutti, ad uno ad uno
          si strappò capelli e baffi
          e poi schiaffi sopra schiaffi
          si ridette per lezione.
          Restò lì con la sua testa
          tonda, liscia come palla.
          "Oh, son quindici con questa
          - gli gridò dietro la folla -
          tappabuchi, pastafrolla
          vai a guardia d’un portone!"

          E difatti il buon Boccaccio
          col berretto e col gallone,
          mani pronte e spazzolone,
          oggi è a guardia d’un portone
          dove passano persone
          che fermare egli non può,
          dieci venti cento e più.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Tuo fratello

            Tuo fratello morì giovane;
            tu eri la bimba scaruffata che mi guarda
            "in posa" nell'ovale di un ritratto.
            Scrisse musiche inedite, inaudite
            oggi sepolte in un baule, o andate al macero.
            Forse le reinventa qualcuno
            inconsapevole se ciò che è scritto è scritto.
            L'amavo senza averlo conosciuto.
            Fuori di te nessuno lo ricordava.
            Non ho fatto ricerche: ora è inutile.

            Dopo di te sono rimasto il solo
            per cui egli è esistito. Ma è possibile,
            lo sai, amare un'ombra, ombre noi stessi.
            Composta giovedì 1 luglio 2010
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Deh, se mai a un tocco d'angelo un bagliore
              cadesse in questo mare da una luna
              dove il mio io, corallo senza flettersi,
              dimora nei più verdi rami.

              Angoscia che mi affligge... Sconosciuto
              chi opera mi resta, una corrente
              che indugia, che mi supera, si perde,
              ostacoli la guidano e fondali.

              Da primordi insensibili di pietra
              si volgono creature a un tratto elette
              e sul silenzio eterno di ogni essere
              precipita il fragore di un evento.
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                Scritta da: Lucio Dusso
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Cum subit illius tristissima noctis imago,
                Quae mihi supremum tempus in Urbe fruit;
                Cum repecto noctem, qua tot mihi cara reliqui;
                Labitur ex oculis nunc quoque gutta meis.
                Iamque quiscebant voces hominunque canumque;
                Lunaque nocturnos alta regebat equos.
                Hanc ego suspiciens, et ab hac Capitolia cernens.
                Quae nostro frustra iuncta fuere Lari.

                Quando risorge in me la tristissima immagine di quella notte
                che fu l'ultima ora a me concessa in Roma,
                quando rivivo la notte in cui lasciai tante cose care,
                qualche lacrima ancora mi scorre dagli occhi.
                E già le voci degli uomini e dei cani tacevano;
                e la luna alta nel cielo reggeva i cavalli notturni.
                Io la guardavo lassù, e poi guardavo i templi capitolini, che inutilmente furono vicini al nostro Lare.
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                  Scritta da: Marco Giannetti
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Qui ti amo.
                  Negli oscuri pini si districa il vento.
                  Brilla la luna sulle acque erranti.
                  Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.

                  La nebbia si scioglie in figure danzanti.
                  Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
                  A volte una vela. Alte, alte stelle.

                  O la croce nera di una nave.
                  Solo.
                  A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
                  Suona, risuona il mare lontano.
                  Questo è un porto.
                  Qui ti amo.

                  Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde.
                  Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
                  A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
                  che corrono per il mare verso dove non giungono.
                  Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
                  I moli sono più tristi quando attracca la sera.

                  La mia vita s'affatica invano affamata.
                  Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
                  La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.
                  Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
                  La luna fa girare la sua pellicola di sogno.

                  Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
                  E poiché io ti amo, i pini nel vento
                  vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
                  Composta giovedì 13 dicembre 2012
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