Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Guardo in ginocchio la terra

Guardo in ginocchio la terra
guardo l'erba
guardo l'insetto
guardo l'istante fiorito e azzurro
sei come la terra di primavera, amore,
io ti guardo.

Sdraiato sul dorso vedo il cielo
vedo i rami degli alberi
vedo le cicogne che volano
sei come il cielo di primavera, amore,
io ti vedo.

Ho acceso un fuoco di notte in campagna
tocco il fuoco
tocco l'acqua
tocco la stoffa e l'argento
sei come un fuoco di bivacco all'addiaccio
io ti tocco.

Sono tra gli uomini amo gli uomini
Amo l'azione
Amo il pensiero
Amo la mia lotta
Sei un essere umano nella mia lotta
Ti amo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Al sonno

    O soave che balsamo soffondi
    alla quieta mezzanotte, e serri
    con attente e benevole le dita
    gli occhi nostri del buio compiaciuti,
    protetti dalla luce, avvolti d'ombra
    nel ricovero di un divino oblio.
    O dolcissimo sonno! Se ti piace
    chiudi a metà di questo, che è tuo, inno
    i miei occhi in vedetta, o attendi l'Amen
    prima che il tuo papavero al mio letto
    largisca in carità il suo dondolio.
    Poi salvami, altrimenti il giorno andato
    lucido apparirà sul mio guanciale
    di nuovo, producendo molte pene,
    salvami dall'alerte coscienza
    che viepiù insignorisce il suo vigore
    causa l'oscurità, scavando come
    una talpa. Volgi abile la chiave
    nella toppa oliata e dà il sigillo
    allo scrigno, che tace, del mio cuore.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Canto primo

      Quando l'Eterno passeggiò col guardo
      Tutto il creato, diffondendo intorno
      Riso di pace, e fiammeggiar si vide
      Nè cieli il Sole, e rotear le stelle
      Dietro la dolce-radïante Luna
      Tra il fresco vel di solitaria notte,
      E germogliò natura, e al grigio capo
      Degli altissimi monti alberi eccelsi
      Fèro corona, e orrisonando udissi
      L'ampio padre Oceàn fremer da lungi;
      Sin da quel giorno d'aquilon su i vanni
      Scese Giustizia, e i fulmini guizzando
      Al fianco le strideano, i dispersi
      Crini eran cinti d'abbaglianti lampi.
      In alto assisa vide ergersi il fumo
      D'innocuo sangue, che fraterna mano
      Invida sparse, e dagli vacui abissi
      A tracannarlo, e tingersi le guance
      Morte ansante lanciossi: immerse allora
      La Dea nel sangue il brando, e a far vendetta
      Piombò su l'orbe, che tacque e crollò.
      Ma fra le colpe di natura infame
      Brutta d'orrore la tremenda Dea
      Si fè nel viso, e 'l lagrimato manto
      E le aggruppate chiome ad ogni scossa
      Grondavan sangue, e fra gemiti ed ululi
      S'udia l'inferno e la potenza eterna
      Bestemmiando invocati. - A un tratto sparve
      Contaminata la Giustizia fera,
      E al sozzo pondo dell'umane colpe
      Le suo immense bilance cigolaro;
      Balzò l'una alle sfere, e l'altra cadde
      Inabissata nel tartareo centro.

      L'Onnipossente dal più eccelso giro
      Della sua gloria, d'onde tutto move,
      Udì le strida del percosso mondo,
      E al ciel lanciarsi la ministra eterna
      Vide: accennò la fronte, e le soavi
      Arpe angeliche tacquero; e la faccia
      Prostraro i cherubini, e '1 firmamento
      Squassato s'incurvò. - Verrà quel giorno,
      Verrà quel giorno, disse Dio, che all'aere
      Ondeggeranno quasi lievi paglie
      L'audaci moli; le turrite cime,
      D'un astro allo strisciar, cenere e fumo
      Saranno a un tratto; tentennar vedrassi
      Orrisonante la sferrata terra,
      Che stritolata piomberà nel lembo
      D'antiqua notte, fra le cui tenèbre
      E Luna e Sol staran confusi e muti;
      Negro e sanguigno bollirà furente
      Lo spumante Oceàn, rigurgitando
      Dall'imo ventre polve e fracid'ossa,
      Che al rintronar di rantolosa tuba
      Rivestiran lor salma, e quai giganti
      Vedransi passeggiar su le ruine
      Dè globi inabissati! E morte e nulla
      Tutto sarà: precederammi il foco,
      Fia mio soglio Giustizia, e fianmi ancelle,
      Armate il braccio ed infiammato il volto,
      Ira e Paura! Ma Pietà sul mondo
      Scenda sino a quel giorno, e di tremenda
      Giustizia fermi l'instancabil brando.
      Disse; e Pietà, dei Serafin tra mille
      Voci di gaudio, dell'Eterno al trono
      Le ginocchia piegò; stese la palma
      Il Re dei re su la chinata testa,
      E l'unse del suo amor. Udissi allora
      Spontaneamente volteggiar pè cieli
      Inno sacro a Pietà: m'udite attenti
      E terra e mar, e canterò; m'udite,
      Chè questo è un inno che dal ciel discende.
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        Scritta da: Cheope
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Elegia Pasquale

        Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
        con tutto il tuo pallore disperato,
        dov'è il crudo preludio del sole?
        E la rosa la vaga profezia?
        Dagli orti di marmo
        ecco l'agnello flagellato
        a brucare scarsa primavera
        e illumina i mali dei morti
        pasqua ventosa che i mali fa più acuti

        E se è vero che oppresso mi composero
        a questo tempo vuoto
        per l'esaltazione del domani,
        ho tanto desiderato
        questa ghirlanda di vento e di sale
        queste pendici che lenirono
        il mio corpo ferita di cristallo;
        ho consumato purissimo pane

        Discrete febbri screpolano la luce
        di tutte le pendici della pasqua,
        svenano il vino gelido dell'odio;
        è mia questa inquieta
        Gerusalemme di residue nevi,
        il belletto s'accumula nelle
        stanze nelle gabbie spalancate
        dove grandi uccelli covarono
        colori d'uova e di rosei regali,
        e il cielo e il mondo è l'indegno sacrario
        dei propri lievi silenzi.

        Crocifissa ai raggi ultimi è l'ombra
        le bocche non sono che sangue
        i cuori non sono che neve
        le mani sono immagini
        inferme della sera
        che miti vittime cela nel seno.
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          Scritta da: Antonella Marotta
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          La vita... è ricordarsi di un risveglio.

          La vita... è ricordarsi di un risveglio
          triste in un treno all'alba: aver veduto
          fuori la luce incerta: aver sentito
          nel corpo rotto la malinconia
          vergine e aspra dell'aria pungente.

          Ma ricordarsi la liberazione
          improvvisa è più dolce: a me vicino
          un marinaio giovane: l'azzurro
          e il bianco della sua divisa, e fuori
          un mare tutto fresco di colore.
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            Scritta da: mor-joy
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La Madre al Figlio

            Bene, figliolo, te lo dirò:
            la vita per me non è stata una scala di cristallo.
            Ci furono chiodi
            e schegge
            ed assi sconnesse,
            e tratti senza tappeti sul pavimento
            nudi.
            Ma per tutto il tempo
            seguitai a salire
            e raggiunsi i pianerottoli,
            e voltai angoli
            e qualche volta camminai nel buio
            dove non era spiraglio di luce.
            Così, ragazzo, non tornare indietro.
            Non fermarti sui gradini
            perché trovi ardua l'ascesa.
            Non cadere ora
            perché io vado avanti, amor mio,
            continuo a salire
            e la vita per me non è stata una scala di cristallo.
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              Scritta da: sagea
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Le Ragazze

              Contemplo
              lo stesso
              paralume
              da
              5 anni
              e s'è coperto
              d'una polvere da scapolo
              e
              le ragazze che entrano qui
              sono troppo
              indaffarate
              per pulirlo
              Ma io non ci bado
              anch'io sono stato troppo
              indaffarato
              per accorgermi
              finora
              Che la luce
              balugina
              fioca
              dietro questi
              5 anni
              di vita.
              Composta mercoledì 16 novembre 2011
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Coro dei morti nello studio di Federico Ruysch

                Sola nel mondo eterna, a cui si volve
                Ogni creata cosa,
                In te, morte, si posa
                Nostra ignuda natura;
                Lieta no, ma sicura
                Dall'antico dolor. Profonda notte
                Nella confusa mente
                Il pensier grave oscura;
                Alla speme, al desio, l'arido spirto
                Lena mancar si sente:
                Così d'affanno e di temenza è sciolto,
                E l'età vote e lente
                Senza tedio consuma.
                Vivemmo: e qual di paurosa larva,
                E di sudato sogno,
                A lattante fanciullo erra nell'alma
                Confusa ricordanza:
                Tal memoria n'avanza
                Del viver nostro: ma da tema è lunge
                Il rimembrar. Che fummo?
                Che fu quel punto acerbo
                Che di vita ebbe nome?
                Cosa arcana e stupenda
                Oggi è la vita al pensier nostro, e tale
                Qual dè vivi al pensiero
                L'ignota morte appar. Come da morte
                Vivendo rifuggia, così rifugge
                Dalla fiamma vitale
                Nostra ignuda natura;
                Lieta no ma sicura,
                Però ch'esser beato
                Nega ai mortali e nega à morti il fato.
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                  Scritta da: Gabriella Stigliano
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Quando a notte vado sola al mio convegno d'amore,
                  gli uccelli non cantano, il vento non soffia,
                  le case ai lati della strada sono silenziose.
                  Sono i miei bracciali che risuonano a ogni passo,
                  e io sono piena di vergogna.

                  Quando siedo al balcone e ascolto per sentire
                  i suoi passi, le foglie non stormiscono sui rami,
                  e l'acqua del fiume è immobile come la spada
                  sulle ginocchia d'una sentinella addormentata.
                  È il mio cuore che batte selvaggiamente -
                  e non so come acquietarlo.

                  Quando il mio amore viene e si siede al mio fianco,
                  quando il mio corpo trema e le palpebre s'abbassano,
                  la notte s'oscura, il vento spegne la lampada,
                  e le nuvole stendono veli sopra le stelle.
                  È il gioiello al mio petto che brilla e risplende.
                  E non so come nasconderlo.
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                    Scritta da: Andrea De Candia
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Maria Egiziaca (Tintoretto)

                    Sulla chiara aderenza del suo viso
                    dove balena il ritmico, selvaggio,
                    sentimento dell'alba
                    mentre della notturna s'addolora
                    quiete silvestre e cinge a dominare
                    il boato del tempo la più cauta
                    trepida luce, salgono veloci
                    i profili irrequieti del destino.

                    Mirabile linguaggio che trascorre
                    dalle limpide acque alla vibrata
                    forza dell'inumana profezia!

                    Ora nell'ampia conca dell'eremo
                    un soffuso candore si raccoglie
                    dalle acque sui rami ed accompagna
                    di cenni lacrimevoli il congedo.
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