Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Benvenuta, donna mia, benvenuta!

Benvenuta, donna mia, benvenuta!

Certo sei stanca
come potrò lavarti i piedi
non ho acqua di rose né catino d'argento

certo avrai sete
non ho una bevanda fresca da offrirti

certo avrai fame
e io non posso apparecchiare
una tavola con lino candido

la mia stanza è povera e prigioniera
come il nostro paese.

Benvenuta, donna mia, benvenuta!

Hai posato il piede nella mia cella
e il cemento è divenuto prato

hai riso
e rose hanno fiorito le sbarre

hai pianto
e perle son rotolate sulle mie palme

ricca come il mio cuore
cara come la libertà
è adesso questa prigione.

Benvenuta, donna mia, benvenuta!
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La fonte di Castelvecchio

    O voi che, mentre i culmini Apuani
    il sole cinge d'un vapor vermiglio,
    e fa di contro splendere i lontani
    vetri di Tiglio;
    venite a questa fonte nuova, sulle
    teste la brocca, netta come specchio,
    equilibrando tremula, fanciulle
    di Castelvecchio;
    e nella strada che già s'ombra, il busso
    picchia dè duri zoccoli, e la gonna
    stiocca passando, e suona eterno il flusso
    della Corsonna:
    fanciulle, io sono l'acqua della Borra,
    dove brusivo con un lieve rombo
    sotto i castagni; ora convien che corra
    chiusa nel piombo.
    A voi, prigione dalle verdi alture,
    pura di vena, vergine di fango,
    scendo; a voi sgorgo facile: ma, pure
    vergini, piango:
    non come piange nel salir grondando
    l'acqua tra l'aspro cigolìo del pozzo:
    io solo mando tra il gorgoglio blando
    qualche singhiozzo.
    Oh! la mia vita di solinga polla
    nel taciturno colle delle capre!
    Udir soltanto foglia che si crolla,
    cardo che s'apre,
    vespa che ronza, e queruli richiami
    del forasiepe! Il mio cantar sommesso
    era tra i poggi ornati di ciclami
    sempre lo stesso;
    sempre sì dolce! E nelle estive notti,
    più, se l'eterno mio lamento solo
    s'accompagnava ai gemiti interrotti
    dell'assiuolo,
    più dolce, più! Ma date a me, ragazze
    di Castelvecchio, date a me le nuove
    del mondo bello: che si fa? Le guazze
    cadono, o piove?
    E per le selve ancora si tracoglie,
    o fate appietto? Ed il metato fuma,
    o già picchiate? Aspettano le foglie
    molli la bruma,
    o le crinelle empite nè frondai
    in cui dall'Alpe è scesa qualche breve
    frasca di faggio? Od è già l'Alpe ormai
    bianca di neve?
    Più nulla io vedo, io che vedea non molto
    quando chiamavo, con il mio rumore
    fresco, il fanciullo che cogliea nel folto
    macole e more.
    Col nepotino a me venìa la bianca
    vecchia, la Matta; e tuttavia la vedo
    andare come vaccherella stanca
    va col suo redo.
    Nella deserta chiesa che rovina,
    vive la bianca Matta dei Beghelli
    più? Desta lei la sveglia mattutina
    più, dè fringuelli?
    Essa veniva al garrulo mio rivo
    sempre garrendo dentro sé, la vecchia:
    e io, garrendo ancora più, l'empivo
    sempre la secchia.
    Ah! che credevo d'essere sua cosa!
    Con lei parlavo, ella parlava meco,
    come una voce nella valle ombrosa
    parla con l'eco.
    Però singhiozzo ripensando a questa
    che lasciai nella chiesa solitaria,
    che avea due cose al mondo, e gliene resta
    l'una, ch'è l'aria.
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      Scritta da: Laura Di Nella
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Se
      Se... riesci a a non perdere la testa,
      quando tutti intorno a te la perdono e ti mettono sotto accusa
      Se... riesci ad aver fiducia di te stesso, quando tutti dubitano di te
      ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare
      Se... riesci ad aspettare, senza stancarti di aspettare,
      o, se mentono a tuo riguardo, a non rispondere con calunnie
      o, essendo odiato, a non lasciarti prendere dall'odio
      e tuttavia a non mostrati troppo buono e a non parlare troppo da saggio
      Se... riesci a sognare senza fare del tuo sogno il tuo padrone
      Se... riesci a pensare, senza fare dei pensieri il tuo fine
      Se... riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
      e trattare questi due impostori allo stesso modo
      Se... riesci a sopportare di udire la verità che hai detto,
      distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi,
      o contemplare le cose a cui tu hai dedicato la vita, distrutte
      e, umilmente, ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori
      Se... riesci a fare un sol fagotto delle tue vittorie,
      e rischiarle in un colpo a testa e croce
      e perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
      e non dire mai una parola sulla perdita
      Se... riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi
      a sorreggerti, anche dopo molto tempo che non te li senti più,
      e a tener duro quando in te non resta altro,
      tranne la tua Volontà che ripete... resisti
      Se... riesci a parlare con la folla e a conservare la tua onestà,
      o a passeggiare con il re senza perdere il contatto con la gente
      Se... tanto amici che nemici non possono ferirti
      Se... tutti gli uomini per te contano, ma nessuno troppo
      Se... riesci a colmare l'inesorabile minuto,
      dando valore a ogni attimo che passa,
      Tua è la terra e tutto ciò che è in essa
      e quel che più conta... sarai un uomo... figlio mio!
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        Scritta da: Andrew Ricooked
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Dove ero finito?

        Non sapevo da dove venissi
        o dove stessi
        andando.
        Ero perso.
        Mi ritrovavo seduto
        in strani ingressi
        per ore,
        senza pensare
        semza muovermi
        finché mi chiedevano
        di andarmene.

        Non voglio dire che ero
        idiota o
        stupido.
        Quello che voglio dire è che
        ero senza
        interessi.

        Non me ne fregava niente se cercavate
        di uccidermi.
        Non vi avrei fermato.

        Stavo vivendo un esistenza che
        non significava niente per
        me.

        Trovavo posti dove stare.
        Stanzette in affitto. Bar. Prigioni.
        Sonno e indifferenza sembravano
        le uniche
        possibilità.
        Tutto il resto sembrava
        privo di senso.

        Una volta rimasi tutta la notte a guardare
        il Mississipi.
        Non so perché.
        Il fiume scorreva lì accanto e
        l'unica cosa che ricordo è che
        puzzava.

        Mi sembrava sempre di essere
        su una corriera
        che attraversava il paese
        diretta
        da qualche parte.
        A guardare fuori da un finestrino
        sporco
        il nulla
        assoluto.

        Sapevo sempre esattamente quanti
        soldi avevo
        con me.
        Per esempio:
        un biglietto da cinque e due da uno
        nel portafoglio
        una moneta da venticinque, una da dieci e una
        da due centesimi nella tasca
        destra davanti.

        Non avevo voglia di parlare
        con nessuno e non volevo che nessuno
        mi parlasse.

        Ero considerato un
        disadattato e un tipo
        strambo.
        Mangiavo pochissimo ma
        ero incredibilmente
        forte.
        Una volta, quando lavoravo in una fabbrica
        dei ragazzotti giovani, strafottenti,
        stavano cercando di sollevare un pezzo
        di macchinario pesante
        dal pavimento.
        Non ci riusciva nessuno.

        "Ehi, Hank, provaci tu!" Dissero
        ridendo.

        Mi avvicinai, lo sollevai,
        lo rimisi a terra,
        tornai al
        lavoro.

        Mi valse il loro rispetto
        non so perché
        ma io non lo
        volevo.

        A volte abbassavo
        le tapparelle nella mia stanza
        e me ne stavo a letto per una
        settimana o più.

        Ero in uno strano viaggio
        ma era
        privo di senso.
        Non avevo idee.
        Non avevo progetti.
        Dormivo.
        Non facevo altro che dormire
        e aspettare.

        Non mi sentivo solo.
        Non soffrivo di vittimismo.
        Ero solo invecchiato in una
        vita nella quale
        non riuscivo a trovare alcun
        senso.

        Allora ero
        un giovanotto di
        mille anni.

        Adesso sono un vecchio
        che aspetta di rinascere.
        Composta domenica 3 gennaio 2010
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          Scritta da: Gaetano Toffali
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Bum

          Noi inchiodati
          qui
          a scrivere poesie.
          So
          che questa
          non è poesia.
          È la storia di un treno.
          So
          che su quel treno
          c'erano
          un barbone
          un emigrante
          un operaio
          una studentessa
          un padre di famiglia.
          So
          che il barbone
          ha la mia età
          senza denti
          senza capelli
          e ride e piange
          e non va da nessuna parte
          e non ha nessuna valigia.
          So
          che l'emigrante ha cinquantatré anni
          e viene dalla Germania.
          So
          che va in Sicilia
          e nella valigia
          una stecca di cioccolata.
          So
          che l'operaio
          lavora all'Alfa Romeo.
          So
          che ha quarantadue anni
          nella valigia
          l'ultima busta paga.
          So
          che la studentessa
          è molto bella
          e ha diciassette anni.
          So
          che va a vedere Roma,
          nella valigia
          la macchina fotografica.
          So
          che il padre di famiglia
          ha gli occhiali sessantadue anni
          un nipote a Bari
          e nella valigia
          "la cena per i suoi rondinini".
          So
          che stanno aspettando qualcosa
          e ridono
          e il treno ride
          e le valigie ridono
          e la democrazia
          nascosta sotto i binari
          come sempre
          ride.
          Bum.
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            Scritta da: circe
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Foglietto illustrativo

            Sono un tranquillante,
            Agisco in casa,
            funziono in ufficio,
            affronto gli esami,
            mi presento all'udienza,
            incollo con cura le tazze rotte -
            devi solo prendermi,
            farmi sciogliere sotto la lingua,
            devi solo mandarmi giù
            con un sorso d'acqua.
            So come trattare l'infelicità,
            come sopportare una cattiva notizia,
            ridurre l'ingiustizia,
            rischiarare l'assenza di Dio,
            scegliere un bel cappellino da lutto.
            Che cosa aspetti -
            fidati della pietà chimica.
            Sei un uomo (una donna) ancora giovane,
            dovresti sistemarti in qualche modo.
            Chi ha detto che la vita va vissuta con coraggio?
            Consegnami il tuo abisso -
            lo imbottirò di sonno.
            Mi sarai grato (grata) per la caduta in piedi.
            Vendimi la tua anima.
            Un altro acquirente non capiterà.
            Un altro diavolo non c'è più.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Se

              Se (Lettera al figlio, 1910)

              Se riesci a conservare il controllo quando tutti
              Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
              Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
              Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
              Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
              O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
              O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
              E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;

              Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
              Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
              Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
              E trattare allo stesso modo quei due impostori;
              Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
              Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
              O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
              E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

              Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
              E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
              E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
              E non dire una parola sulla perdita;
              Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
              A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
              E a tener duro quando in te non resta altro
              Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".

              Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
              E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
              Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
              Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
              Se riesci a occupare il minuto inesorabile
              Dando valore a ogni minuto che passa,
              Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
              E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!

              Rudyard Kipling.
              Composta sabato 31 agosto 2013
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