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in Poesie (Poesie d'Autore)

Su gioia e dolore

Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore.
E lui rispose:
La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera,
E il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime.
E come può essere altrimenti?
Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere.
La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa bruciata nel forno del vasaio?
E il liuto che rasserena il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato dal coltello?
Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato dolore a darvi ora gioia.
E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento.
Alcuni di voi dicono: "La gioia è più grande del dolore", e altri dicono: "No, è più grande il dolore".
Ma io vi dico che sono inseparabili.
Giungono insieme, e se l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro è addormentato nel vostro letto.

In verità voi siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia.
Soltanto quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi.
Come quando il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure ricadere.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Darei valore alle cose non per quello che valgono
    ma per quello che significano.

    Dormirei poco, sognerei di più.

    So che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi
    perdiamo 60 secondi di luce di cioccolata.

    Se Dio mi concedesse un brandello di vita,
    vestito con abiti semplici, mi sdraierei, al sole
    e lascerei a nudo non solo il mio corpo
    ma anche la mia anima.

    Dio mio, se avessi cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
    e aspetterei che si alzasse il sole.

    Dipingerei le stelle con un sogno di Van Gogh.
    con un poema di Benedetti, una canzone di Serrat
    sarebbe la mia serenata alla luna.

    Bagnerei con le mie lacrime le rose
    per sentire il dolore delle spine
    ed il bacio vermiglio dei petali.

    Dio mio, se io avessi ancora un brandello di vita
    non lascerei passare un solo giorno
    senza dire alla gente che io amo, io amo la gente.

    Convincerei ogni uomo ed ogni donna
    che sono i miei favoriti
    e vivrei innamorato dell'amore.

    E dimostrerei agli uomini quanto sbagliano
    quando pensano di smettere di innamorarsi
    quando invecchiano senza sapere che invecchiano
    quando smettono di innamorarsi.

    Darei ad ogni bambino le ali
    ma lo lascerei imparare, da solo, a volare.

    Ai vecchi insegnerei che la morte
    non arriva con la vecchiaia ma con l'oblio.

    Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini...
    Ho imparato che tutti, al mondo,
    vogliono vivere in cima alla montagna
    senza sapere che la vera felicità
    sta in come si sale la china.

    Ho imparato che quando un neonato afferra,
    per la prima volta, con il suo piccolo pugno,
    il dito di suo padre, lo terrà prigioniero per sempre.

    Ho imparato che un uomo
    ha diritto di guardare un altro uomo
    dall'alto verso il basso solo quando lo aiuta a rialzarsi.

    Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi
    ma non mi serviranno davvero più a molto
    perché quando guarderanno in questa mia valigia,
    infelicemente io starò morendo.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Ma è il mio cuore amore mio

      I tuoi occhi m'interrogano tristi.
      Vorrebbero sapere i miei pensieri
      come la luna che scandaglia il mare.
      Dal principio alla fine ho denudato
      la mia vita davanti ai tuoi occhi,
      senza nulla celarti o trattenere.
      Ed è per questo che non mi conosci.
      Se fosse soltanto una gemma,
      la romperei in cento pezzi
      e con essi farei una catena
      da mettere attorno al tuo collo.
      Se fosse soltanto un fiore,
      rotondo e piccolo e dolce,
      lo coglierei dallo stelo
      per metterlo nei tuoi capelli.

      Ma è il mio cuore, mia diletta
      Dove sono le sue spiagge e il suo fondo ?
      Di questo regno tu ignori i confini
      e tuttavia sei la sua regina.
      Se fosse solo un momento di gioia
      fiorirebbe in un facile sorriso,
      lo potresti capire in un momento.
      Se fosse soltanto un dolore
      si scioglierebbe in limpide lacrime,
      rivelando il suo più intimo segreto
      senza dire una sola parola.
      Ma è il mio cuore, amore mio.
      Le sue gioie e i suoi dolori
      sono sconfinati, e infiniti
      i suoi desideri e le sue ricchezze.
      Ti è vicino come la tua stessa vita,
      ma non puoi conoscerlo interamente.
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        Scritta da: Lorenzo Mariani
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Malasorte

        Per sollevare un così grande peso,
        Sisifo, il tuo coraggio ci vorrebbe!
        Per quanto ardore s'abbia nell'impresa,
        l'arte è lunga e il tempo è breve.

        Lontano dalle sepolture celebri,
        verso un cimitero isolato,
        il mio cuore, tamburo velato,
        va battendo marce funebri.

        -Quanti gioielli dormono sepolti
        nell'oblio e nelle tenebre,
        lontano dalle zappe e dalle sonde;

        quanti fiori effondono il profumo,
        dolce come un segreto, con rimpianto,
        nelle solitudini profonde.

        Malasorte.
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          Scritta da: Davide Bidin
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Blues

          Parte delle stelle mattutine
          La luna e la posta
          L'insaziabile X, il dolore delirante,
          - la luna Sittle La
          Pottle, teh, teh, teh, -
          I poeti in vecchie stanze gufose
          che scrivono curvi parole
          sanno che le parole furono inventate
          perché il nulla era nulla
          Usando le parole, usate le parole,
          le X e gli spazi vuoti
          E la pagina bianca dell'Imperatore
          E l'ultimo dei Tori
          Prima che la primavera si metta in moto
          Sono una montagna di nulla
          di cui volenti o nolenti disponiamo
          Così di notte contratteremo
          nel mercato delle parole.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Che importa se la voce si è fatta fioca.
            L'anima ha più vigore: son casti i pensieri.
            In questo cielo solcato dal vento
            io, senza amore, rifiorisco libera.

            S'è diradata l'ombra dell'insonnia,
            più non languisco sulla grigia cenere,
            e non è più una ferita mortale
            dell'orologio della torre il battito.

            Il passato non preme la sua mano
            sul mio cuore. Rinasco nel perdono
            assorta a un raggio che già primavera
            sopra l'edera madida accende.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Furbi (Clever)

              I furbi scendono la corrente come pesci bianchi
              sulla cresta d'acque blu, oltre le rapide.
              I furbi, con le loro gole e sopracciglia da furbi,
              i loro furbi peli nel naso, entrambe le scarpe allacciate, tutte le tragedie cancellate,
              denti splendenti.
              I furbi non si scompongono. Anche le loro morti sono morti al quadrato, furbi furbi furbi.
              Hanno case migliori, auto migliori, risate migliori.
              Persino i loro incubi sono sogni sgargianti.
              Questi furbi ti siedono di fronte, con un sorriso pulito, che li riempe, financo i capelli sprizzano nitore.
              Quanto ho vissuto e quanti ne ho visti.
              Sapete cos'è davvero la morte?
              È uno di questi furbi rottinculo che ti stringe la mano e ti abbraccia.
              Sapete cos'è davvero la morte?
              Venite a vedermi mentre allungo la carta di credito
              al cameriere disprezzandovi. O peggio.
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                Scritta da: Gabriella Stigliano
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                IL SALICE

                Io crebbi in un silenzio arabescato,
                in un'ariosa stanza del nuovo secolo.
                Non mi era cara la voce dell'uomo,
                ma comprendevo quella del vento.
                Amavo la lappola e l'ortica,
                e più di ogni altro un salice d'argento.
                Riconoscente, lui visse con me
                la vita intera, alitando di sogni
                con i rami piangenti la mia insonnia.
                Strana cosa, ora gli sopravvivo.
                Lì sporge il ceppo, e con voci estranee
                parlano di qualcosa gli altri salici
                sotto quel cielo, sotto il nostro cielo.
                Io taccio... come se fosse morto un fratello.
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