in Poesie (Poesie d'Autore)
La stella del mattino
scrive sorridente
l’arrivo della luce nell’ultima pagina della notte.
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La stella del mattino
scrive sorridente
l’arrivo della luce nell’ultima pagina della notte.
Assunto mio malgrado nella fabbrica delle idee
mi sono rifiutato di timbrare il cartellino
Mobilitato altresì nell'esercito delle idee
ho disertato
Non ho mai capito granché
Non c'è mai granché
né piccolo che
C'è altro.
Altro
vuol dire che amo chi mi piace
e ciò che faccio.
Prima costruii sulla sabbia,
poi costruii sulla roccia.
Quando la roccia crollò
non ho più costruito su nulla.
Poi ancora talvolta costruivo
su sabbia e roccia, come capitava, ma
avevo imparato.
Coloro ai quali affidavo la lettera
la buttavano via.
Ma chi non curavo
me la riportava.
Allora ho imparato.
Le mie disposizioni non furono rispettate.
Quando giunsi, m'avvidi
che erano sbagliate.
Era stato fatto
quel che era giusto.
Così ho imparato.
Le cicatrici dolgono
nel tempo di gelo.
Ma spesso dico: solo la fossa
non m'insegnerà più nulla.
Ti svegli.
Dove sei?
A casa.
Non hai potuto ancora abituarti:
al tuo risveglio
trovarti a casa.
Ecco quel che ti lasciano
tredici anni di carcere.
Chi c'è nel letto, accanto a te?
Non è la solitudine, è tua moglie.
Dorme coi pugni chiusi, come un angelo.
Le dona, essere incinta.
Che ore sono?
Le otto.
Possiamo dunque star tranquilli
fino a sera.
È l'uso,
la polizia non fa irruzione in pieno giorno.
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto.
Il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì e si chiuse, nella notte nera.
Verde ramo libero
da ritmo ed uccelli.
Eco di singhiozzo
senza dolore né labbro.
Uomo e Bosco.
Piango
di fronte al mare amaro.
Nelle mie pupille
due mari che cantano!
La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tre le mie dita come un rosario.
Non prego perché sono un poeta della sventura che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnananna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera del passato cordoglio che non vede la luce.
Siano pur due, lo sono come i rigidi
gemelli del compasso sono due:
la tua anima il piede fisso che all'apparenza
immoto muove al moto del compagno.
E, se pure dimori nel suo centro,
quando l'altro si spinge lontano,
piega e lo segue intento,
tornando eretto quando torna al centro.
Così tu sei per me che debbo, simile
all'altro piede, obliquamente correre:
con la tua fermezza chiude giustamente il mio cerchio
e al mio principio mi riporta sempre.
Come la donna affonda e dice vieni
dentro più dentro dov'è largo il mare
Come la donna è calda e dice vieni
dentro più dentro dov'è caldo il pane
e dirla noi vorremmo mare pane
la donna sfatta che ci prese all'alba
dentro il suo petto e ci nutrì di sonno.
Oggi più veloci del suono,
dopodomani della luce,
muteremo il suono in tartaruga
e la luce in lepre.
Di antica parabola
onorati animali,
nobile coppia in gara
da sempre.
Correvate, correvano
per questa bassa terra,
provate a galleggiare
in alto nel cielo.
Via libera. Non vi saremo
d'intralcio nella corsa:
per inseguire noi stessi
primi ci alzeremo in volo.