Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Marianna Mansueto
in Poesie (Poesie d'Autore)

Non vivere su questa terra come un inquilino

Ragazzo mio,
io non ho paura di morire.
Tuttavia, ogni tanto
mentre lavoro
nella solitudine della notte,
ho un sussulto nel cuore,
saziarsi della vita vita, figlio mio,
è impossibile.
Non vivere su questa terra come un inquilino,
o come un villeggiante stagionale.
Ricorda:
in questo mondo devi vivere saldo,
vivere
come nella casa paterna.
Credi al grano,
alla terra,
al mare
ma prima di tutto
all'uomo.
Ama la nuvola,
il libro
la macchina,
ma prima di tutto
l'uomo.
Senti infondo al tuo cuore
il dolore del ramo che secca,
della stella che si spegne,
della bestia ferita,
ma prima di tutto
il dolore dell'uomo.
Godi di tutti i beni terrestri,
del sole,
della pioggia
e della neve,
dell'inverno e dell'estate,
del buio e della luce,
ma prima di tutto
godi dell'uomo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La curva dei tuoi occhi intorno al cuore

    La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
    ruota un moto di danza e di dolcezza,
    aureola di tempo, arca notturna e sicura
    e se non so più quello che ho vissuto
    è perché non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.

    Foglie di luce e spuma di rugiada
    canne del vento, risa profumate,
    ali che coprono il mondo di luce,
    navi cariche di cielo e di mare,
    caccia di suoni e fonti di colori,

    profumi schiusi da una cova di aurore
    sempre posata sulla paglia degli astri,
    come il giorno vive di innocenza,
    così il mondo vive dei tuoi occhi puri
    e tutto il mio sangue va in quegli sguardi.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Julia Miller

      Bisticciammo quella mattina,
      perché lui aveva sessantacinque anni, e io trenta,
      ed ero nervosa e greve del bimbo
      la cui nascita mi atterriva.
      Io pensavo all'ultima lettera scrittami
      da quella giovane anima straniata
      il cui abbandono nascosi
      sposando quel vecchio.
      Poi presi la morfina e sedetti a leggere.
      Attraverso l'oscurità che mi scese sugli occhi
      io vedo ancora la luce vacillante di queste parole:
      "E Gesù gli disse: In verità
      io ti dico, Oggi tu
      sarai con me in paradiso"
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Herbert Marshall

        Tutto il tuo dolore, Louise, e il tuo odio per me
        nacquero dalla tua illusione, che fosse leggerezza
        di spirito e disprezzo dei diritti della tua anima
        ciò che mi fece volgere ad Annabella e abbandonarti.
        In realtà tu prendesti ad odiarmi per amor mio,
        poiché io ero la gioia della tua anima,
        formato e temprato
        per risolverti la vita, e non volli.
        Ma tu eri la mia disgrazia. Se tu fossi stata
        la mia gioia, non mi sarei forse attaccato a te?
        Questo è il dolore della vita:
        le si può essere felici solo in due;
        e i nostri cuori rispondono a stelle
        che non voglion saperne di noi.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Rinascita

          L'esangue primavera già tristemente esilia
          L'inverno, tempo lucido, tempo d'arte serena,
          E in me, dove un oscuro sangue colma ogni vena,
          L'impotenza si stira ed a lungo sbadiglia.
          Crepuscoli s'imbiancano tiepidi nella mente
          Che come vecchia tomba serra un cerchio di ferro,
          Ed inseguendo un sogno vago e bello, io erro
          Pei campi ove la linfa esulta immensamente.
          Poi procombo snervato di silvestri sentori,
          E scavando al mio sogno una fossa col viso,
          Mordendo il suolo caldo dove, sbocciano i fiori,
          Attendo nell'abisso che il tedio s'alzi... Oh riso
          Intanto dell'Azzurro sulla siepe e sui voli
          Degli uccelli ridesti che cinguettano al sole!
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            Scritta da: Cheope
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            A mia moglie

            Tu sei come una giovane
            una bianca pollastra.
            Le si arruffano al vento
            le piume, il collo china
            per bere, e in terra raspa;
            ma, nell'andare, ha il lento
            tuo passo di regina,
            ed incede sull'erba
            pettoruta e superba.
            È migliore del maschio.
            È come sono tutte
            le femmine di tutti
            i sereni animali
            che avvicinano a Dio,
            Così, se l'occhio, se il giudizio mio
            non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
            e in nessun'altra donna.
            Quando la sera assonna
            le gallinelle,
            mettono voci che ricordan quelle,
            dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
            ti quereli, e non sai
            che la tua voce ha la soave e triste
            musica dei pollai.

            Tu sei come una gravida
            giovenca;
            libera ancora e senza
            gravezza, anzi festosa;
            che, se la lisci, il collo
            volge, ove tinge un rosa
            tenero la tua carne.
            Se l'incontri e muggire
            l'odi, tanto è quel suono
            lamentoso, che l'erba
            strappi, per farle un dono.
            È così che il mio dono
            t'offro quando sei triste.

            Tu sei come una lunga
            cagna, che sempre tanta
            dolcezza ha negli occhi,
            e ferocia nel cuore.
            Ai tuoi piedi una santa
            sembra, che d'un fervore
            indomabile arda,
            e così ti riguarda
            come il suo Dio e Signore.
            Quando in casa o per via
            segue, a chi solo tenti
            avvicinarsi, i denti
            candidissimi scopre.
            Ed il suo amore soffre
            di gelosia.

            Tu sei come la pavida
            coniglia. Entro l'angusta
            gabbia ritta al vederti
            s'alza,
            e verso te gli orecchi
            alti protende e fermi;
            che la crusca e i radicchi
            tu le porti, di cui
            priva in sé si rannicchia,
            cerca gli angoli bui.
            Chi potrebbe quel cibo
            ritoglierle? Chi il pelo
            che si strappa di dosso,
            per aggiungerlo al nido
            dove poi partorire?
            Chi mai farti soffrire?

            Tu sei come la rondine
            che torna in primavera.
            Ma in autunno riparte;
            e tu non hai quest'arte.

            Tu questo hai della rondine:
            le movenze leggere:
            questo che a me, che mi sentiva ed era
            vecchio, annunciavi un'altra primavera.

            Tu sei come la provvida
            formica. Di lei, quando
            escono alla campagna,
            parla al bimbo la nonna
            che l'accompagna.

            E così nella pecchia
            ti ritrovo, ed in tutte
            le femmine di tutti
            i sereni animali
            che avvicinano a Dio;
            e in nessun'altra donna.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Epigrafe per un libro condannato

              Non scrissi, o lettore innocente,
              pacifico e buon cittadino,
              per te questo mio saturnino
              volume, carnale e dolente.

              Se ancora non hai del sapiente
              Don Satana appreso il latino,
              non farti dal mio sibillino
              delirio turbare la mente!

              Ma leggimi e sappimi amare,
              se osi nel gorgo profondo
              discendere senza tremare.

              O triste fratello errabondo
              che cerchi il tuo cielo diletto,
              compiangimi, o sii maledetto!
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                Scritta da: Francesca Fontana
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Chiare, fresche et dolci acque

                Chiare, fresche et dolci acque
                ove le belle membra
                pose colei che sola a me par donna;
                gentil ramo, ove piacque,
                (con sospir mi rimembra)
                a lei di fare al bel fianco colonna;
                erba e fior che la gonna
                leggiadra ricoverse con l'angelico seno;
                aere sacro sereno
                ove Amor cò begli occhi il cor m'aperse:
                date udienza insieme
                a le dolenti mie parole estreme.

                S'egli è pur mio destino,
                e 'l cielo in ciò s'adopra,
                ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
                qualche grazia il meschino
                corpo fra voi ricopra,
                e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
                la morte fia men cruda
                se questa spene porto
                a quel dubbioso passo,
                ché lo spirito lasso
                non poria mai più riposato porto
                né in più tranquilla fossa
                fuggir la carne travagliata e l'ossa.

                Tempo verrà ancor forse
                ch'a l'usato soggiorno
                torni la fera bella e mansueta,
                e là 'v'ella mi scorse
                nel benedetto giorno,
                volga la vista disiosa e lieta,
                cercandomi; ed o pietà!
                Già terra infra le pietre
                vedendo, Amor l'inspiri
                in guisa che sospiri
                sì dolcemente che mercè m'impetre,
                e faccia forza al cielo
                asciugandosi gli occhi col bel velo.

                Dà bè rami scendea,
                (dolce ne la memoria)
                una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
                ed ella si sedea
                umile in tanta gloria,
                coverta già de l'amoroso nembo;
                qual fior cadea sul lembo,
                qual su le treccie bionde,
                ch'oro forbito e perle
                eran quel dì a vederle;
                qual si posava in terra e qual su l'onde,
                qual con un vago errore
                girando perea dir: "Qui regna Amore".

                Quante volte diss'io
                allor pien di spavento:
                "Costei per fermo nacque in paradiso! ".
                Così carco d'oblio
                il divin portamento
                e 'l volto e le parole e'l dolce riso
                m'aveano, e sì diviso
                da l'imagine vera,
                ch'ì dicea sospirando:
                "Qui come venn'io o quando?"
                credendo esser in ciel, non là dov'era.
                Da indi in qua mi piace
                quest'erba sì ch'altrove non ò pace.

                Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
                poresti arditamente
                uscir del bosco e gir infra la gente.
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