Bene, ora tutto abbia inizio Sai! La cosa strana!,
Devo restare a guardare Lancette dell'ora andate avanti Tutti, devono contendersi un pezzo della mia vita Carte carte su carte Falsi che non mi hanno mai incontrata mano sul cuore dicono lo giuro lo diranno anche poi
Per salvare i veri inquisitori Loro comprano tutto anche le anime Tutti pronti, vorrei affondare nelle viscere della terra non ascoltare, non vedere, non vedere la gemella mia ancora una volta una nullità Gridai! Grido... ancora oggi grido al mondo ma... attanagliati dalla vita quotidiana chi ha storie complicate meglio lasciarle stare Passano le ore tutto ha un altro sapore.
Questa è la storia di come nacque l'amore nel lontano febbraio alla luce del sole, quando un santo cristiano, da Furius soldato fu posto al flagello e del capo privato.
L'ingiustizia lontana di anni crudeli, per combattere il Cristo e tutti i fedeli, nel volere di Aurelio, imperatore del mondo succeduto al tiranno Claudio secondo.
Ma come dal fango, può nascere un fiore, in questo contesto è nato l'amore, dall'animo buono di san Valentino, amante delle coppie e di ogni bambino.
Così fu narrata la fiaba d'amore, da padre in figlio, per restare nel cuore, del vescovo longevo che amava portare pagani e cristiani insieme all'altare.
L'amante dei bimbi, e del suo grande giardino, dove giocavano i figli di ogni vicino che rientravano in fretta con un fiore la sera per donarlo alle mamme e portar primavera.
Solo tre anni mancavano, al suo centenario, quando in prigione lo misero e lo condannarono, ma nonostante l'età ed il suo batticuore dietro le sbarre ancora, insegnò lui l'amore,
alla figlia di Asterius, il guardiano custode, che pur cieca fanciulla, in lui ripose ogni lode, e nell'ultima lettera riuscì a leggere un mattino l'amore di un poeta che si firmò Valentino.
Fulmineo istante Che per la grazia D'una vision angelica Divien l'eterno paradiso
La vision si perde Nel profondo Di due zaffiri Che son I suoi occhi Ai quali si fa Sgarbo imperdonabile Se si cerca Una fra tutte le parole Per definir si tal vision D'infinita beltà
Si quieta l'animo Svanisce la parola E solo Il sorriso Dal cuor dipinto Benevolmente sul viso Rende grazia A quell'esser Dalla divin essenza
Ed è allora Che scopri Quanto sia special Quel momento
Il fiato Divien Flebile sibilo Prima Di cessar Per permettere Al cuor D'accellerar il suo battito E poter cosi volar Lassu Fra le stelle Rimanendo quaggiù Insieme a chi Gli astri ha dipinto E la luna ha illuminato Dando calor al sole E luce alla vita d'ogni uomo Che per fortuna Merito Od occasion Ha avuto l'onor Di incrociar Il cammino Del volo Di un angelo del cielo.
Dillo in sei parole, che amore sia, stringi, accorcia, taglia la via, ma ce la fai se fai la dieta a stecchetto le parole e il cuore senza meta.
Dillo in sei parole quello che hai dentro, in sei parole, quel che non hai mai provato in sei parole, tutte d'un fiato!
Petalo blu come il mare il tuo cuore, rosso vermiglio come l'inferno il tuo umore, verde dell'erba bagnata al mattino, giallo del sole se con te m'incammino, bianca è la zagara del nostro paese nera è la fascia che porta il nostro amore, assembla insieme questi colori sai che meraviglia ne vien fuori? Un arcobaleno che traccia la pioggia, una conchiglia si arena nella spiaggia, tinte che da sole non hanno valore, ma che insieme formano un mondo migliore...
O navigante che isole costeggi e cauta cerchi un approdo rigoglioso di primizie e gioie fuggi da lezioso agghindarsi di parole se menzogne sono al cuore. Sterile, sappi, è sempre il raccolto di lusinghe mendaci che come nebbia velano l'inganno: è solo nella fatica del divenire di giungere ed essere luce che non vi è mai spreco di sentire, solo nei getti di ardore in scoppio un rossore fiammeggia e sempre è specchio di passione! Se di vero sogni si indorano di nulla sbadiglia chi vive sulle chiome dell'anima affluisce linfa e rugiada luci fuggono dagli occhi! Risveglia le ali e segui la scia se amor sincero ti fomenta staccati dalla pretesa che ogni cosa che accada sia certa e governabile; una potenza di delizie esploda di pienezza intera ti penetri e poi se vuoi essere: sii! Non vuoi tu tornare a guardare la luna nelle celesti sere invaghirti di future essenze restare sotto lo scroscio di emozioni bagnare il volto? Non sai che la vedovanza di sole non riporta in vita i nostri morti e che di nero nessuna rosa si colora? Canta la tua vita finché puoi prima che la voce in enfasi sia sopraffatta dal silenzio: poi nessun vivente più t'ode!
Ancora nella selva. Una selva, una foresta. Sto correndo, sto fuggendo da qualcosa di indefinito, che non vedo, ma che al mio istinto, al mio animo, suona così familiare... Le piante mi frustano il viso, parole come lame, e il terreno sotto i piedi è aspro e duro. Ancora una volta scaccio dai pensieri un volto, un volto che è una catena... Lo è davvero? O non lo è?
Catena. La parola stessa ferisce più di mille frustate, più di mille lame, più di mille parole.
Sto correndo, fuggo ancora. Ai piedi sento una catena legata, come un prigioniero fuggitivo che, anche se libero, porta sempre con sé il segno della sua colpevolezza.
Ditemi, ditemi la sentenza: colpevole o innocente? Lo è davvero o non lo è?
Corro ancora, fuggo ancora, mi chiudo dentro me stesso e lascio che il dolore delle sferzate muoia nello stesso modo in cui nasce. Fuggo da quella maledetta parola, che continua a ronzarmi in testa e non mi lascia mai.
È inutile, è impossibile, in fondo all'animo so che non c'è via di fuga. Ma cosa posso fare se non tentare di fuggire, se non continuare a correre? Come posso rimanere fermo e accettare questa catena, inerme?
Catena, Questo ferro che costringe, che impone. Che chiude in una gabbia dorata la mia... una mia... fonte di libertà.
Continuo a correre, forse chissà, una via alla fin fine la si trova. Una svolta non ancora percorsa, un tronco non ancora scavalcato, un fiume non ancora guadato, una montagna non ancora scalata.
Quasi non m'importa dove poi finisco, la meta non è importante in fin dei conti.
L'amore di una coppia che volge a risvolti sempre più piccanti, catturati come sono, entrambi, dall'estasi dei sensi; un'amore che si sfalda sotto il litigio di possessione, ed un altro che finisce nel vuoto di un cuore che riesce più ad amare.
Esiste forse, da qualche parte, quell'amore che ti colpisce il cuore come impetuoso martello, e lo rende leggero come piuma e fragile come vetro?
Mi chiedo se qualcuno, lassù, conosce la risposta, e se mai, io, uomo, raggiungerò questa cosa magnifica che è l'amare ed essere amato.
Una rondine mi ha chiesto di scrivere. Io qui chiuso incatenato - tra due muri.
Ed allora scriverò.
Di un volo d'uccello libero come nuvola, e leggero, come piuma.
Un volo verso infiniti orizzonti infiniti.
Un volo pieno di luce, che attraversa qualche nuvola - è vero ma che ne esce anche sempre con qualche battito d'ali.
Scriverò di un volo a volte incerto, intimorito dai paesaggi sconosciuti che attraversa, ma un volo che affronta a testa alta ogni montagna e foresta, ansioso solo di scoprire quello che c'è dietro.
Scriverò di un volo strano ma unico a modo suo, spesso additato dal popolo dei camminatori come estraneo, e da quello dei volatori come impossibile.
Scriverò di un volo che conduce e mai si fa condurre, di un volo che si intreccia e intreccia innumerevoli altri voli.
Scriverò di un volo che dallo scorso autunno mi ha accompagnato e mi accompagna sempre.