A te che sei sempre in me più forte che mai più intenso del prima più fluttuante di un'onda più impellente di un bisogno più caro di un sogno infantile ma gentile più verde di una foglia ingiallita dal Sole più caldo dell'estate sempre Più ancora ed ancora come non Mai.
Lunga, assolata, polverosa la percorro testarda e improvviso raggio di luce mi rialza. Mi siedo ai bordi della speranza suonano lievi i violini dell'anima.
Improvvisa, inattesa la terra trema in notte oscura. Sostenute solo da colonne riempite di fluida sabbia, incuria d'infami costruttori, traballano le vostre case, precipitando in pozzi di dolore. Silenzio di morte vi ricopre tetro. Ma, ecco, flebile pianto di bimbo, sussurro straziante di madre diventano urlo di dolore, che rimbomba da fiume a mare, da monte a valle, percuotendo i cuori di tutta Italia. Si spegne il compianto, s'innalza una preghiera e vi abbraccia fraterno unanime terremoto d'amore.
La Mente domanda, il Cuore comanda, l'amore donato rende un bimbo fortunato. Oggi tutti i bimbi devono essere felici, domani tra loro ci sono solo amici.
La quercia è il suo universo Zak l'aggredisce freneticamente fra le rughe della corteccia e non indugia: esplora ogni nodo del ramo maestro, fin sulla cima, poi torna e si ferma sulle zampe a rampino. È incessante quel moto vivace di mandibole e antenne. Quel maschio formica distingue gli umori di femmine e soldati e, con l'acre secreto, rimarca i confini. Al termine s'erge, come bandiera, su un esile stelo ninnato dal vento. L'albero intanto, ormai ebbro di sole, allunga i suoi legni che subito infronda. Esita Zak, ha percezione. Ripassa il percorso, si getta, s'aggrappa, poi strappa e sperona e dà sotto con lena. Si scuote e quel fremito sprona lo slancio. Va contro i germogli ancor teneri e afilli, ma è sorpreso da un filo di ragno e nell'affanno, un tribolo vano. Povero Zak! Ora è stretto alle zampe e quel viluppo gli sale sul ventre, sul torso e sul capo finché l'ultimo spasmo ci svela un pietoso e triste abbandono.
Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente come se il tempo per noi non costasse l'uguale, come se il tempo passato ed il tempo presente non avessero stessa amarezza di sale.
Tu non sai le domande, ma non risponderei per non strascinare le parole in linguaggio d'azzardo; eri bella, lo so, e che bella che sei; dicon tanto un silenzio e uno sguardo.
Se ci sono non so cosa sono e se vuoi quel che sono o sarei, quel che sarò domani... non parlare non dire più niente se puoi, lascia farlo ai tuoi occhi alle mani.
Non andare... vai. Non restare... stai. Non parlare... parlami di te.
Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse, trascinate dai giorni come piena di fiume tante cose sembrate e credute diverse come un prato coperto a bitume.
Rimanere così, annaspare nel niente, custodire i ricordi, carezzare le età; è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente del diritto alla felicità?
Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perché? Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani? Esser tutto, un momento, ma dentro di te. Aver tutto, ma non il domani.
Non andare... vai. Non restare... stai. Non parlare... parlami di te.
E siamo qui, spogli, in questa stagione che unisce tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove; non so dire se nasce un periodo o finisce, se dal cielo ora piove o non piove,
pronto a dire "buongiorno", a rispondere "bene" a sorridere a "salve", dire anch'io "come va?" Non c'è vento stasera. Siamo o non siamo assieme? Fuori c'è ancora una città?
Se c'è ancora balliamoci dentro stasera, con gli amici cantiamo una nuova canzone... ... tanti anni, e sono qui ad aspettar primavera tanti anni, ed ancora in pallone
Non andare... vai. Non restare... stai. Non parlare... parlami di te. Non andare... vai. Non restare... stai. Non parlare... parlami di noi.
Sono una voce, un debole sussurro che s'alza dalla periferia della vita, tra le pieghe minime della storia piccola anima che vaga silenziosa lungo la strada del tempo.
Ignorato dell'amore squassato da tormenti che straziano le giornate, i ricordi, spezzano il tempo, il futuro s'accorcia inesorabile; nubi violente vagano nel cielo: il rosso tramonto come il sangue d'una vergine violata, violenza che svuota le chiese e abbatte le madonne piangenti
Sono una voce, un debole sussurro che spaventa l'alterigia dei potenti una debole voce, due deboli voci, cento, mille, milioni, miliardi di deboli voci come un uragano potente strapperà dalle vostre mani il potere, riconsegnandolo agli animali, ai bambini a nostra madre la terra.