Poesie personali


Scritta da: Anna Maria De Carlo
in Poesie (Poesie personali)

Monito alle donne

Stupida la competizione tra donne,
corrotta corsa a staffetta,
tutte impegnate a primeggiare
in certe gare,
nel cui trofeo ambito
il tradimento è ben celato.

Schiave di combattimento in anfiteatro
con l'ossessione di trionfare,
pronte, senza regole, a schiacciare
la dignità e l'onore.

Seguono, pedinano, infide amicizie fingono
per l'avversaria circuire
e i suoi punti deboli identificare.

Belve inferocite da desiderio e fame d'amore,
cuori già malati con artigli si perforano,
brandelli di carne di morte speranze
si strappano,
preferendo sanguinare piuttosto che rinunciare.

Dal proscenio, l'Imperatore famelico
di fresca selvaggina,
narciso, l'ego tronfio si ammira,
gode del massacro delle rivali
e quando la carneficina lo comincia ad annoiare,
da nuove vittime sedotte si fa portare
in fallocratica processione.

Concludo con monito e scrivo,
donne,
invece di scendere nell'arena a lottare,
accettare il ruolo di vittima sacrificale,
bisognerebbe quel re malefico spodestare,
le sue menzogne disvelare,
burlarsi di lui, cinicamente giocare,
per umiliarlo e lasciarlo di bisogno morire.
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    Scritta da: Anna Maria De Carlo
    in Poesie (Poesie personali)

    Nuovo incontro o anche speed date, se vi piace

    Nel gioco al massacro
    un nuovo carnefice incede,
    con sguardo ipnotico e odore che invade.

    Il profumo dai tre accordi
    è fratello del respiro,
    la trasfigurazione del desiderio.

    Il sangue infuocato
    fa capriole nelle vene,
    la vittima gode, ignara dello squarcio futuro,
    il presente ignora ogni domani
    e il probabile, inopportuno,
    abbandono.
    Composta lunedì 2 novembre 2009
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      Scritta da: Anna Maria De Carlo
      in Poesie (Poesie personali)

      L'anello perfetto

      Il pegno d'amore,
      la meta e i solenni sponsali,
      una donna realizzata, l'uomo ideale,
      per sempre il suo amore, i figli, il focolare.

      Principessa dalle dita perfette,
      del suo harem, una delle predilette,
      un lampo, la giusta percezione e rinsavì,
      lei non era certo la sola per quello lì.

      E così,
      quell'anello maledetto,
      dalla morbida scatola di gioielleria di tutto rispetto,
      per troppo poco cinse il prescelto anulare
      tra lucide unghia laccate e il profumo giusto d'amare.

      Precipitò dal girevole ponte
      lanciato da un finestrino aperto
      al centro dei due mari
      e tra le due sponde,
      così che spinto dalle correnti,
      tra pesci, alghe e natanti,
      potesse far bella mostra di sé
      il falso simbolo di due ex amanti.
      Composta venerdì 30 ottobre 2009
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        Scritta da: Anna Maria De Carlo
        in Poesie (Poesie personali)

        Cristalli di vendetta

        La fuga di un lui
        da seducenti catene di possesso
        e dalla fame di sesso
        di una serva,
        in preda all'ossessione,
        del languore d'amore.

        L'abbandono, la rabbia, il sospetto,
        l'odio feroce che scorre,
        un colpo folle,
        esplosione di cristalli
        che vorrebbero insanguinare carni.

        Ma la vendetta è una cicatrice profonda
        che il senso di colpa infetta,
        una vergogna da non poter mostrare,
        un'impotente disperazione
        che la fuga di lui non ha potuto evitare.
        Composta giovedì 5 novembre 2009
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          in Poesie (Poesie personali)

          Bavanera

          Se non inchiara l'opaco divenire
          e nel torbido nero tremo e avvizzisco
          se moccolo si fa il lucignolo della vita
          a che nel fugace resistere e respirare?
          Si, smettiamola: voglio capitolare!
          Su vieni Morte, proba amante
          annullami e innalza il tuo vessillo
          sulla sostanza del mio corpo,
          circondato da selvagge vermene
          tumulato io resti sotto i cipressi.
          A che vale restare al guinzaglio
          del tempo despota che incede
          e tra strappi d'essere al nulla mi adduce?
          Sono stanco di tutto, di me, del mondo,
          di tambureggiare dimessi di speranze
          stanco di contumelie, di sogni, di ritorni
          e partenze, di accalappi e di illusioni.
          Non sono stato un buon impresario
          del mio destino e fiaschi e fischi
          a più non dire più non li ho contati:
          pochi i giorni di rimediata allegria
          rare e brevi le feste e i canti del cuore.
          Appartato deluso e intirizzito
          fuggite ombre, ho cambiato panchina
          ma sempre il sole andava altrove,
          ogni volta che ad un incrocio
          sceglievo una viuzza illuminata
          consueta era l'indifferenza raccolta
          da cuori e occhi d'altri incrociati.
          Passante avrei parlato per anni
          di che dentro avevo e moriva
          quando malinconie sfibravano
          il corpo e l'anima pene spiantava.
          Finché ho creduto in qualcosa
          ho tenuto duro e combattuto
          e ora che fido in più in niente
          tanto vale che il mio incomprensibile
          tutto smagato muti in uno zero assoluto.
          Anche il nero, come il verde o l'azzurro,
          è un colore nell'inganno delle tinte
          possibili delle cose che colorano la vita.
          Mi sarei dovuto abbonare a un Dio
          ebete partecipare a mostre e raduni,
          frequentare navate, sfilare ai suoi atelier
          per infilarmi in celesti drappi e veli
          ma non ebbi mai un biglietto di invito
          e compresenza di me stesso solo fui.
          Ieri oggi domani andate altrove
          di voi libero, mi distendo nel nulla.
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            in Poesie (Poesie personali)

            Vieni fuori, esci dall'ombra

            Può il vento delle parole amorevoli
            incidere o scalfire muri di granito?
            Eppure col suo mantice soffia
            e nel tempo con carezze modella
            il crinale selvaggio che lo respinge,
            da sporgenze informi e senza volto
            vi ritaglia, a volte, fisionomie divine.
            Io non so che essere vento
            vento che parla all'unisono umano
            che scava dentro chi non intende
            onda d'aria che increspa e infrange
            lo specchio trasparente ove vanità
            in sosta narcise si mirano, onda
            che cancella immagini che niente
            di chi vi si specchia riflettono conforme.
            Soffierà stanotte il vento alla tua finestra
            ma non aprirla, il respiro
            registrane in silenzio.
            Fiuu... fiuu... Lo senti
            che parla con la mia voce?
            -è tutto nero, è tutto buio
            nulla si rischiara in me
            voglio restare dove sono! -
            così incomprensibile amica
            mi sembrò di udire l'ultima volta
            che sognai i tuoi occhi sui miei...
            Or prima che mi avvii oltre la linea
            che ci separerà all'infinito, ascolta.
            Vieni fuori, esci dall'ombra
            non ti fermare interita sul nulla
            se riflessi di luce ti trapassano
            e in una scia luminosa resti impigliata.
            Sollevati sopra l'opaco e il nero
            e spicca un volo, rompi l'indugio
            e guarda oltre. Vi sono tempi
            e luoghi d'amore, piane di speranze
            navi in partenza, giovani sogni in attesa.
            Varca il limite del limite
            e cambia possesso di ciò che non hai
            cedi ad un'altra fede e fanne polo
            luminoso ovunque visibile
            quando il cuore si smarrisce
            e all'impazzita vaga senza meta
            girovago tra paesaggi di giorni orripilanti
            tra vociferare di echi di bubbole
            o strazi di memorie di un'età passata.
            La luce si cerca dentro e fuori di noi
            senza abiura o pentimento per quello
            che avemmo cercammo e fummo,
            affrontando il possibile e l'impossibile
            che come acqua che fruscia nella gora
            si può udire fluire tra le anse
            i gorghi e le curve del fiume della vita.
            Non vili duelliamo, battiamoci
            difendendo il regno della luce:
            meglio perire in combattimento
            che essere umiliati e iloti in marcimento
            incatenati ai ceppi della rassegnazione
            arresi e remissivi a ciò che accade
            senza scatti alteri, vinti tra i vinti.
            Raggiungi te stessa prima di altro cedimento
            cessi una inanità interiore, fatti sovversiva
            nell'attimo non ambiguo che ci unisce
            in questo soffio che ci trapassa e va oltre.
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              Scritta da: Gaetano Toffali
              in Poesie (Poesie personali)

              C'è un istante di me

              C'è un istante di me
              Che non rinuncia alla rima
              e dove c'è il cuore
              Ci lascia il tuo nome
              Testardo cocciuto
              Imbranato invero
              Non lascia la presa,
              Ma tu ci sei più.

              C'è un singhiozzo di me
              Che ha un vuoto di cielo
              Parole romanze
              Nel ricordo che sei
              La notte bastona
              Il giorno è realtà
              Sei a letto di un altro,
              e fata mia più.
              Composta nel febbraio 2008
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                Scritta da: Gaetano Toffali
                in Poesie (Poesie personali)

                Resta

                Resta
                Chiede il cuore ingenuo
                Tempo
                Non è arrivato ancora
                Solo
                è mestiere da capaci
                Bravo
                a far finta non lo sono
                Che manchi

                Nelle vene che di sangue sono esangui
                Che manchi
                Nei sorrisi che tra i denti sono stanchi
                Che manchi
                Nel cielo ancora aperto dei miei fianchi
                Che manchi
                Nel sbagliare siamo stati tutti quanti
                Tu manchi.
                Composta nel ottobre 2009
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                  Scritta da: Peppe Fazzina
                  in Poesie (Poesie personali)

                  Maggio

                  Maggio amico mio, ritorni prepotentemente nella
                  mia vita, non ti ha detto per caso aprile che
                  quelle che ti mandai erano le mie ultime
                  parole? E tu bussi e vuoi pure entrare?
                  Era il primo giorno del nuovo giorno,
                  nell'aria antichi sapori inebriavano
                  i miei sensi, quel giorno le dissi: io
                  ti amo, tu complice della mia nemica,
                  quel giorno io e lei stretti ascoltavamo
                  un gruppo che suonava le nostre canzoni,
                  un'atmosfera quasi magica mi avvolse,
                  ero felice, quella notte
                  confidai alla luna il mio amore.
                  Quando te ne andasti mi dicesti: luglio!
                  La sera dopo corsi al mare con lei, ma non
                  capivo ancora luglio, ecco cosa non mi dicesti!
                  A luglio lei decise di non tenere in grembo
                  il frutto del mio amore, e luglio si vestì
                  di novembre.
                  Composta venerdì 13 novembre 2009
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