Scritta da: Luigi Belliazzi
in Poesie (Poesie personali)
Prozac
Cadi, cadi, non riesci a rialzarti
È il peso del rimorso
È la paura che ti invade
Non ti fa muovere
Non ti fa vivere
Meglio dormire.
Composta giovedì 30 novembre 2017
Cadi, cadi, non riesci a rialzarti
È il peso del rimorso
È la paura che ti invade
Non ti fa muovere
Non ti fa vivere
Meglio dormire.
Qualcosa resterà negli occhi
Per sempre anche quando
La vita mi porterà altrove
Come un sogno cominciato
E mai finito
È la seconda strada
Quella che non ho preso
Quella che ancora mi fa chiedere perché
Quella che ancora mi tormenta
Nell'ultimo giorno della mia vita.
E tra la nebbia
Ombra indecisa guardo avanti
Gonfio di niente ritorno a te
Il muto ricordo del mare
Strugge ancora l'ancora della speranza
Potessi finalmente camminare libero
Confuso riuscirei a non difendermi.
Ho venduto gli anni dividendoli in malinconie
Ho giocato vacanze con spensierata tristezza
Ora non è più tempo di innocenti manie
Ora più non serve alle cose la recondita bellezza
Eterni riposi si sono susseguiti
Ad assordanti silenzi caduchi
Lunghi oblii e desideri sopiti
Bagnano l'aria di ricordi antichi
Ora entra l'ago e mai saprò
Se mi risveglio oppure no.
Svegliarsi da un sogno
E ritrovarsi in una scatola chiusa
Uscire da un incubo
E guardare senza vedere
Non ho potuto non ho voluto non ho capito
Perdersi allora nell'incapacità di vivere
Desiderare solamente di non uscire
Inebriarsi sempre più
Nelle acque limacciose
Che lentamente inesorabilmente
Ti tirano giù.
Questa notte mi assomiglia
Una notte antica che silente piange
Nello spazio profondo
E le stelle continuano stanche
Il loro solitario cammino condiviso
Ogni viaggio inizia con un dubbio
Ed il mio ultimo respiro
Non muoverà neanche
La più piccola inutile foglia.
Sessanta e i ricordi affiorano
proseguono i lavori per il mio pensiero
mi commuove il futuro
tra passeggiate leggere e hobby
traccia la linea uomo
non seguire la discussione altrui
è solo polvere da spazzare
mi ha chiamato la mamma
questa mattina
nonostante le lacrime lontane
mi sporgo da quel balcone
in tua memoria
solo una candela a pile e via
sessant'anni ora mi hai dato.
San Martino, tra il frusciare di foglie secche
profumo di castagne arrostite, vino novello
bello condividere la gioia con amici
l'aria pungente fa amare il crepitio del fuoco
i boschi indorati come fiammate che
scivolano in aria per poi toccare terra,
decanto straordinario, in un tranquillo meriggio
ancestrale stagione, rassicurante e profonda,
come il santo Martino, che ha diviso,
il suo mantello con un povero,
ama, ridi, rispetta
e il Divino regnerà in noi.
Mi offro prigioniero
alla vita
che mi dà forza.
Stanco e sfiduciato
mi addormento.
Una dolce melodia della natura
mi pervade e mi risveglia.
Mi affaccio al davanzale
e mi rassereno.
Sono pronto ad affrontare un nuovo giorno.