Poesie d'Autore


Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)

Morte per api

Ma io, passando d'estate
nel materno respiro d'un tramonto
fuori città – l'anima spalancata
nella sacralità di quel raggiante
disfacimento... Potevo immaginare
che un prato più splendente della bracia
mi alzasse contro un nuvolo di fiele.
Cadendo, non mi dolse
tanto il morire, quanto la ferocia
dei distillatori di miele.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Bilancia

    E più spesso la notte, quando scorre
    senza difesa il rivolo dell'anima,
    ecco – si leva un vento
    fuori stagione, come questo in sonno
    sento baciare i muri della casa,
    fra bisbigli di nidi e di fogliami
    già trapassati: e invasa mi sorprende
    di fantasmi d'amore, con ludibrio
    e gaudio insostenibile. Chè ormai
    già l'autunno s'appresta
    e la rondine già scruta la rotta.
    E pende fra uno sciame alto di stelle
    dall'abisso notturno la Bilancia:
    sopra il vivere mio lucida, esatta,
    non turbata da venti, in equilibrio
    fra il cielo già trascorso e quel che resta.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Stigmata

      Qui dunque fui bambina. Alla marina
      crescevo accanto: l'anima digiuna
      d'ogni perché - famelica altrettanto.
      Gigli ad oriente, la riva era una spada.
      Stupendo sacrilegio imporvi un segno
      - l'arco del piede - premere col viso
      La freschezza deposta dalla luna.
      Il mare straripava nel sereno
      a livello dei cigli. Ah, la bellezza
      che pativo, non mia, che mia stringevo
      in quel primo singhiozzo di creatura
      che s'arrende all'immenso - era già il pegno,
      la stigmata che in me sfolgora e dura.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Avvento

        Mi scinderò dalla perpetua danza,
        dal flusso senza fine che mi porta,
        creatura di lucente libertà
        - io - che piangete morta.
        Invaderò la casa: un solo giro
        come fa il lampo.

        In consistenza d'aria
        assumerò il colore d'ogni stanza.
        Senza toccar le cose - non ho mani -.
        Senza lasciare firme sugli specchi
        - non ho respiro -.

        Vi stupirà la tenda
        che ferma taglia un brivido,
        il vermiglio tumulto dei gerani,
        lo scompiglio dei libri nell'eremo
        della scansia. Poi, subito riemersi
        come statue da un vento:
        "Che cosa è stato" attoniti
        vi chiederete. Diletti, non v'offenda
        se durerà il mio avvento solo l'attimo
        di rifluire via.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Figlia

          La mia giovane figlia, se la vita
          la spaura nell'anima – che un posto
          cercandosi, in nessuno si fa quieta-,
          si stringe chiusa, dura,
          come nelle sue ciglia
          la margherita sotto il temporale.
          Ieri sera era triste: e col suo male
          s'aggruppava nel sonno. Ma il mattino,
          dritta come una pianta,
          spensierata, m'è presso il capezzale,
          che con l'aroma del caffè mi canta
          "sveglia", col carillon del cucchiaino.
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            Scritta da: Andrea De Candia
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            Tu sapessi

            Tu, che senza sospetto mi sei amico,
            non osare cercarmi. Tu sapessi.
            Quest'amore che s'apre a tradimento
            dentro di me – questo coltello a scatto,
            affilato in cantine d'insonnia
            e di vergogna, sepolto nel cuscino
            a tormento dei sogni – cerca te.
            M'inebrio al colpo che t'assalirebbe
            all'altezza dell'anima. M'inebria
            pensare come il volto
            ti si farebbe pallido, e smarrita
            l'onestà dello sguardo.
            Chiaro sguardo – offuscato.
            Animo – morsicato. Per mia colpa.
            Tua Eva, divenuta, tuo serpente –
            io – battezzata!
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              Strada

              Di luglio, al lungo sole della sera
              le case stanno appese
              in un silenzio d'arnia dopo il volo.
              Ragazzi se ne vanno alti leggeri
              giù per la via. Farfalle
              svolano le ragazze.
              All'ombra delle tende azzurre gialle
              approda il vecchio. Siede,
              guarda intorno la scena: mitemente
              nel suo castello d'ossa si consola
              di farne ancora parte.
              Ma l'anima – è in disparte.
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                Sonno

                Mia madre dorme,
                sul cuscino il profilo di medaglia,
                scaldandosi un tremulo ghiro
                di respiro in fondo alla gola.
                Dorme con due collane
                di rughe allacciate alla nuca,
                il sopracciglio
                in pieghe di pacata meraviglia.
                I capelli riposano leggeri
                nell'ombra che al suo corpo fa da culla.
                Ma la mano s'è arresa,
                crocefissa alla vita.
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                  Sulle quattro

                  Stamane sulle quattro, vagolando
                  col mio scettro d'insonnia per la casa,
                  senza accendere le luci, m'avvenne
                  d'intuire sulla soglia
                  del terrazzo qualcosa, tra feroce
                  e soave
                  - non certo l'umidore
                  dell'edera risalita in apnea
                  né fantasmi di voci dalle antenne
                  dei palazzi accasciati. -
                  Era là fuori
                  la notte in piena doglia:
                  si sforzava di uscire dalle grotte
                  di se stessa. Affannosa. Le esultava
                  l'ampio addome di brividi, il madore
                  ne intrideva le stelle.
                  Fu come
                  per una donna: trattenere
                  un lungo attimo il fiato. E il suo dolore
                  s'assommò, sangue ed anima, in un grido
                  - lassù - di rosa.
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