Poesie d'Autore


Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
E ancora a te io prego con le braccia
tese al tuo sangue. In me l'antica data
della dimestichezza della donna
vive ancora terribile. Se schiava
mi facessi di un sordo desiderio
ti amerei rassegnata;
se penetrassi nell'anima pura
che ho sortita nascendo
ti amerei d'un amore disperato.
Ma se tu contemplassi nel mio viso
tutta la rotazione di un pensiero
anche senza comprenderlo, io forse
impazzirei di tesa meraviglia
a riguardare l'occhio del mio sposo.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Oh, poter cantare la mia figura
    grave e modesta, arsa dall'amore
    che di notte la visita, cantare
    la veglia incalcolabile del sogno,
    il calore diffuso d'ogni senso;
    oh, cantare colui che mi seduce
    con ben morbide mani,
    cantare l'ora che mi risolleva
    all'altezza finale del suo sesso,
    cantare indefinibili tormenti
    lenti, remoti, accolti nel presente.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Madre diletta, mia sognata e vera
      verità, mia splendente meraviglia,
      madre diffusa come l'ape e il miele
      madre sostanza, tienimi nascosta
      dentro il tuo manto sì che io non veda
      sotterfugi ed inganni, in te io pura
      ridivento, siccome una bambina.
      Madre t'ho vista un giorno mentre prona
      sul pavimento t'invocavo piano
      eri bella e possente e mi guardavi
      con infinita eterna tenerezza
      a che più dirti, io non ho parole
      ma tu hai l'incanto delle cose buone,
      tu hai le parole che non hanno voce
      e che pure traversano le mura
      d'ogni esultanza, o madre che fanciullo
      tenesti il Cristo, guarda alle mie braccia
      che sono vuote e colmale di fiori
      o di spine o di luce o di tormento
      come ti piaccia e rendimi felice.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Timorosa è la notte quando gela
        sopra di noi l'audace desiderio
        di caldi baci e nitide parole;
        ora rifiuto in ogni gemma il fiore
        poiché bianca si è fatta la mia faccia
        di un pallore mortale.
        Lunghi anni cercando sopra rocce
        aspro ristoro o presso la tua croce,
        Cristo, soffrendo, ho gravitato invano.
        Ora che se ne va sembra mi cada
        questo lungo mantello e denudata
        è la mia carne e presa dentro i ceppi dell'abbandono. A te volgo la mente
        e il sospiro profondo. Lunghi giorni
        simile a un negro uccello andrò vociando
        nel fervore notturno, lunghi giorni,
        padre celeste, e senza una parola,
        lugubre diverrò come una tomba.
        Né io spero risorga, tanto dura
        è la mia morte e tanto a te lontana.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Prima che si concluda questo amore
          lascia che io ringrazi il mio destino
          per il bene assoluto che m'ha dato,
          per la fame dei sensi, per l'arsura
          che mi ha preso alla gola. Prima di andare
          lascia che ti riporti sul cammino
          dove giungesti o mio sanato amore
          così divino e immobile e lontano
          ch'io non oso toccarti. Addio, mai Nume
          fu più profondo e grande, mai d'altezze
          tali giunsi al confine. Addio mio inganno
          tacito e dolce come un grande lago.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Quando codesto dèmone mi assalta,
            e con mani gravose e con mascelle
            dense di schiuma tutta mi divora,
            io mi rivolgo a te con gli occhi pieni
            di muto assenso e non ti dico basta,
            so quel che soffri mio signore quando
            ho le mani contorte e gli occhi muti,
            so che mi vedi fremere di rabbia
            contro mille imposture, o canto vero,
            se potessi tu pure come esperto
            grave chirurgo giungermi nel cuore
            e strapparvi il tormento, allora un urlo
            io darei di beata meraviglia,
            di contentezza, o Dio adorato e pieno
            come la notte, se mi capovolgo
            vedo le stelle e oscuri firmamenti
            tremano in me, di notte, quando taci.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Padre, se amo e dimentico, perdono,
              spiga profonda dell'ardore mio,
              padre non disdegnarmi anche se accendo
              alle tue antiche e gelide ginocchia
              questo rogo violento che ti atterra.
              Vedo dentro nell'anima il tuo volto
              così profondo di minaccia e altero,
              sento su me il tuo dialogo scoperto,
              ho la visione assurda del tuo riso.
              So che mi hai rilanciata dal tuo grembo
              priva di tutto, nuda come un ramo
              che non possa per te rendere fiori
              so che mi appoggi ad una rupe spenta
              per saggiare il mio moto. Ebbene, Iddio,
              io son fatta così, una mendicante,
              una che geme se tu l'allontani,
              una che senza te non può volare
              ma strisciare per terra. Fa che amore
              mi riporti al tuo seno, io sono tua
              sino da quando mi posasti in seme
              dentro grembo di donna, io sono tua
              sino da quando in me nacque ragione.
              Ora perché me la riporti via?
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                Scritta da: Mariella Buscemi
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Se in mezzo al petto
                mi nascesse stalagmite di fuoco
                e in lacrime calcaree
                librassi in passi di cielo,
                una preghiera diverrebbe tetto
                e nevicherei tutti gli schiaffi dell'aria dolorosa

                Se la pelle mi diventasse d'amianto
                e il gelo scrostasse patine di paura
                precipiterei acqua
                per risalire e svaporare
                fumogena
                pellicola rarefatta
                rifratta
                per gioco di luce
                tra cristalli fragili

                Se fossi stagione
                mieterei
                adesso
                per sfamarmi di pane
                e farmi scorta e formica
                piccola
                nera
                così lontana dai cicalecci

                Anima granulare
                brina e germe freddo
                con la secchezza del peso verso il suolo
                e il terrore del gelicidio
                sarei gragnola
                e muterei il nome in Siberia.
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