Poesie d'Autore


Scritta da: Mirka Naldi
in Poesie (Poesie d'Autore)
Quando piombi nella disperazione
più cupa,
ti si offre l'opportunità di scoprire
la tua vera natura.
Proprio come i sogni prendono vita
quando meno te lo aspetti,
così accade per le risposte ai dubbi
che non riesci a risolvere.
Lascia che il tuo istinto
tracci la rotta per la saggezza,
e fa che le tue paure siano
sconfitte dalla speranza.
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    Scritta da: Julie Gensini
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Novembre

    Gemmea l'aria, il sole così chiaro
    che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
    e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore...

    Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
    di nere trame segnano il sereno,
    e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno.

    Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
    odi lontano, da giardini ed orti,
    di foglie un cader fragile.
    È l'estate, fredda, dei morti.
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      Scritta da: Julie Gensini
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Lucinda Matlock

      Andavo a ballare a Chandlerville
      e giocavo alle carte a Winchester.
      Una volta cambiammo compagni
      ritornando in carrozza sotto la luna di giugno,
      e così conobbi Davis.
      Ci sposammo e vivemmo insieme settant'anni.
      Filavo, tessevo, curavo la casa, vegliavo i malati,
      coltivavo il giardino e, la festa,
      andavo spesso per i campi dove cantano le allodole,
      e lungo lo Spoon raccogliendo tante conchiglie,
      e tanti fiori e tante erbe medicinali-
      gridando alle colline boscose, cantando alle verdi vallate.
      A novantasei anni avevo vissuto abbastanza, ecco tutto,
      e passai ad un dolce riposo.
      Cos'è questo che sento di dolori e stanchezza
      e ira, scontento e speranze fallite?
      Figli e figlie degeneri,
      la Vita è troppo forte per voi-
      ci vuole vita per amare la Vita...
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        Scritta da: Salvatore Messina
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il venditore di storie

        Se ne stava tranquillo
        come un giorno di Natale.
        Seduto per terra fumava
        fumava
        e faceva grandi anelli di fumo.

        "Ecco i cerchi,
        i grandi cerchi della vita.
        Qui dentro vivono le mie storie.
        Io le vendo, signori,
        anche per un sorriso"

        Era un venditore di storie
        come ce ne sono tanti.
        Aveva i capelli lunghi,
        molto lunghi,
        ed anche la barba era lunga.
        Non piangeva
        ma soprattutto non rideva.
        Non aveva voglia di ridere,
        guardava solo il volto
        e poi gli occhi dei passanti.

        "Sono un venditore di storie, diceva,
        chi le vuole?
        Non abbiate paura di me,
        non faccio del male a nessuno io.
        Sono un uomo,
        non sono la vostra coscienza
        e nemmeno vostro padre.
        Io vendo storie,
        storie vere s'intende,
        ma anche possibili.
        Ne ho per tutti i gusti,
        posso farle su misura
        perché conosco il segreto
        dei vostri desideri.
        So come siete fatti
        e quello che pensate.
        Conosco le vostre donne
        quando sono femmine.
        Conosco le vostre paure
        quando perdete una battaglia
        od una guerra.
        Io vendo vita, signori,
        non fumo
        come i quotidiani che leggete"

        Il venditore di storie
        s'era chinato come se soffrisse,
        prese a tossire e a ridacchiare
        e si accendeva una sigaretta dopo l'altra.
        Sputava ora a destra ora a sinistra
        ed anche al centro della strada
        nonostante la gente
        avesse cominciato a pressarlo.
        Si leccava

        "Guardatemi,
        queste sono ferite che non fanno male.
        Sono ferite d'amore
        che voi non potete conoscere
        poiché non potreste sopportarle
        e morireste.
        Ma non racconterò questa storia
        perché è la mia
        e il prezzo che chiederei
        non potreste pagarlo.
        Vorrei raccontare invece
        di chi seduce le vostre mogli,
        di chi modifica il cervello
        degli uomini sulla terra,
        di chi distrugge i vostri figli
        penetrando le loro menti
        per renderle qualunquiste
        e mai appagate.
        Le mie storie, signori
        vivono l'aria
        di queste vostre città malate,
        l'aria d'impossibili felicità
        che vi giocate al gioco della fortuna
        ogni giorno
        perché sempre
        volete qualcosa di più.
        Quanto tempo sprecato in piazza
        in 100 in 1000 in 10. 000
        perché soffrite l'aria
        dei vostri vuoti
        dei silenzi rappresi
        del vostro essere niente
        in queste città
        che avete reso insane
        dove muoio ogni giorno
        come uomo ridotto
        ad unità produttiva
        senza più anima
        e senza più significato.
        È troppo alto
        il prezzo del coraggio
        per fare come me
        che ho abbandonato tutto
        per venire a morire qui
        tra voi
        per raccontare le storie
        che dovrebbero farvi tremare
        la mente e il cuore"

        Le sue parole erano divenute gelide
        come l'inverno
        e sembrava aspettare un cenno.
        D'improvviso cacciò un urlo
        e s'accasciò al suolo.
        Aveva sulla bocca
        una piega amara
        e sul volto una maschera
        di sangue e fango.
        Tutti fuggirono,
        solo un bimbo
        con una pietosa mano
        piena di speranza
        accarezzò i suoi lunghi capelli
        e restò accanto
        al venditore di storie
        steso
        agonizzante
        insanguinato come un vitello
        colpito quasi certamente ad una tempia
        da un sasso
        al centro d'una piazza
        di una grande città
        in un giorno d'inverno
        dell'anno che più vi piace.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Liguria

          È la Liguria terra leggiadra.
          Il sasso ardente, l'argilla pulita,
          s'avvivano di pampini al sole.
          È gigante l'ulivo. A primavera
          appar dovunque la mimosa effimera.
          Ombra e sole s'alternano
          per quelle fondi valli
          che si celano al mare,
          per le vie lastricate
          che vanno in su, fra campi di rose,
          pozzi e terre spaccate,
          costeggiando poderi e vigne chiuse.
          In quell'arida terra il sole striscia
          sulle pietre come un serpe.
          Il mare in certi giorni
          è un giardino fiorito.
          Reca messaggi il vento.
          Venere torna a nascere
          ai soffi del maestrale.
          O chiese di Liguria, come navi
          disposte a esser varate!
          O aperti ai venti e all'onde
          liguri cimiteri!
          Una rosea tristezza vi colora
          quando di sera, simile ad un fiore
          che marcisce, la grande luce
          si va sfacendo e muore.
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            Scritta da: Francesca Fontana
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Divina Commedia, V canto inferno

            E quella a me: "Nessun maggior dolore
            che ricordarsi del tempo felice
            ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

            Ma s'a conoscer la prima radice
            del nostro amor tu hai cotanto affetto,
            dirò come colui che piange e dice.

            Noi leggiavamo un giorno per diletto
            di Lancialotto come amor lo strinse;
            soli eravamo e sanza alcun sospetto.

            Per più fïate li occhi ci sospinse
            quella lettura, e scolorocci il viso;
            ma solo un punto fu quel che ci vinse.

            Quando leggemmo il disïato riso
            esser basciato da cotanto amante,
            questi, che mai da me non fia diviso,

            la bocca mi basciò tutto tremante.
            Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
            quel giorno più non vi leggemmo avante".
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              Scritta da: Francesca Fontana
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Divina Commedia, V canto inferno

              O animal grazïoso e benigno
              che visitando vai per l'aere perso
              noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

              se fosse amico il re de l'universo,
              noi pregheremmo lui de la tua pace,
              poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

              Di quel che udire e che parlar vi piace,
              noi udiremo e parleremo a voi,
              mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

              Siede la terra dove nata fui
              su la marina dove 'l Po discende
              per aver pace cò seguaci sui.

              Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
              prese costui de la bella persona
              che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

              Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
              mi prese del costui piacer sì forte,
              che, come vedi, ancor non m'abbandona.

              Amor condusse noi ad una morte.
              Caina attende chi a vita ci spense.
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                Scritta da: Francesca Fontana
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io

                Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
                fossimo presi per incantamento,
                e messi in un vasel ch'ad ogni vento
                per mare andasse al voler vostro e mio,

                sì che fortuna od altro tempo rio
                non ci potesse dare impedimento,
                anzi, vivendo sempre in un talento,
                di stare insieme crescesse 'l disio.

                E monna Vanna e monna Lagia poi
                con quella ch'è sul numer de le trenta
                con noi ponesse il buono incantatore:

                e quivi ragionar sempre d'amore,
                e ciascuna di lor fosse contenta,
                sì come i' credo che saremmo noi.
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                  Scritta da: Blu Finch
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Alla Poesia

                  Melanconica diva che conforti
                  di questa vita i passi a non vil meta,
                  tu che a te stessa or premio in fronte porti
                  fulgor divino che i tuoi figli allieta
                  deh accostati e col plettro che t'india
                  l'alma inebria dell'alta melodia.
                  Di me non parlo. Uso a bever dà primi
                  stadii d'esto viaggio i tuoi concerti
                  rammento che per te fia ch'io me estimi
                  tenendo ad alte cose i sensi intenti.
                  Sempre di me scontento io vissi quando
                  il tuo ben suon venne per me mancando.
                  T'accorgi forse o cara, come ognuno
                  fugge i soave accenti e sdegni porre
                  sulle corde le dita in opportuno
                  tempo temendo le tue note sciorre?
                  Ah no per Dio, prosegui, e sia ricchezza
                  non di favore altrui, ma di franchezza.
                  Chi conosce la vita, e non ignora
                  in parte almen del cuore uman la forma
                  scuserà se verranti intorno ancora
                  genti che non sedusse audace forma
                  fuggente dove il mal desìo lo spinge,
                  che fortuna or abbraccia ed or respinge.
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