Poesie d'Autore


Scritta da: dantino
in Poesie (Poesie d'Autore)
Non fu così che poi finì
quel torbido silenzio dell'amore, che ci condusse mano nella mano nell'oblio
così distanti in quell'unione
stupidamente vera
stupidamente tu ed anche, stupidamente io
che ci domanda ancora
se fu il fato... oppure la paura
oppure un sentimento troppo grande per dei fanciulli con le ali corte
terrorizzati da un cielo di promesse
da un vento della vita autoritario e sordo, avaro di certezze.
Composta mercoledì 11 marzo 2020
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    Scritta da: dantino
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Dio è il più dolce dei bambini

    Discuto con Dio la mia detenzione, più spesso di quanto vi fosse bisogno. Quanto ancora ruberò il respiro alla natura, nell'umana ingratitudine? Non è mai bello discutere con Dio, ci vuole coraggio, vuole sempre aver ragione. Esiste un mondo dove saremo incapaci di soffrire e di renderci ostili? Esiste questo mondo, dove saremo capaci di viverci insieme senza la fame che ci conduce al male? A queste domande si sottrae, come il più dolce dei bambini.
    Composta mercoledì 11 marzo 2020
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Ah! Quante cose perdute!

      Ah! Quante cose perdute
      che perdute non erano.
      Tutte le serbavi tu.

      Minuti grani di tempo,
      che portò via un giorno il vento.
      Alfabeti nella spuma,
      che un giorno il mare travolse.
      Io li credevo perduti.

      E perdute le nubi
      che pretendevo fermare
      nel cielo
      fissandole con occhiate.
      E l'allegria alta
      dell'amore, e l'angoscia
      di non amare abbastanza,
      e l'ansia
      di amare, di amarti, di più.
      Tutto perduto, tutto
      nell'essere stato un tempo,
      nel non esistere più.

      E allora tu sei venuta
      dal buio, radiosa
      di giovane pazienza profonda,
      agile, perché non pesava
      sui tuoi fianchi snelli,
      sulle tue spalle nude,
      il passato che tu,
      così giovane, portavi per me.
      Ti guardavo alla luce dei baci
      vergini che mi hai dato,
      e tempi e spume
      e nubi e amori perduti
      furono salvi.
      Se da me fuggirono un giorno,
      non fu per morire
      nel nulla.
      In te continuavano a vivere.
      Ciò che io chiamavo oblio
      eri tu.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        No, non lasciate chiuse

        No, non lasciate chiuse
        le porte della notte,
        del fulmine, del vento,
        di ciò che mai si è visto.
        Restino aperte sempre
        esse, le ben note.
        E tutte, quelle ignote,
        che si aprono
        sui lunghi percorsi
        da tracciare, nell'aria,
        sulle rotte che stanno
        cercandosi un varco
        con volontà oscura
        e ancora non l'hanno trovato
        in punti cardinali.
        Mettete alti segnali,
        astri, meraviglie;
        che si veda chiaramente
        che è qui, che tutto
        desidera accoglierla.
        Perché può venire.
        Oggi o domani, o fra mille
        anni, o il giorno
        penultimo del mondo.
        E tutto
        deve essere così piano
        come la lunga attesa.

        Eppure so che è inutile.
        Che è un gioco mio, tutto,
        aspettarla così
        come folata o brezza,
        temendo che inciampi.
        Perché quando lei verrà
        sfrenata, implacabile,
        a raggiungere me,
        muraglie, nomi, tempi,
        si frangeranno tutti,
        travolti, penetrati
        irresistibilmente
        dalla gigante tempesta del suo amore,
        ormai presenta.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Che grande vigilia nel mondo!

          Che gran vigilia il mondo!
          Nulla era fatto.
          Né materia, né numeri,
          né astri, né secoli, nulla.
          Non era nero il carbone
          né tenera era la rosa.
          Nulla era nulla, ancora.
          Com'è ingenuo credere
          che fu il passato di altri
          e in altro tempo, ormai
          irrevocabile, sempre!
          No, il passato era nostro:
          e nemmeno aveva nome.
          Potevamo chiamarlo
          a nostro piacere: stella,
          colibrì, teorema,
          invece che "passato";
          togliergli il suo veleno.
          Un gran vento muoveva
          verso di noi miniere,
          continenti, motori.
          Di che, miniere? Vuote.
          Erano in attesa
          del nostro primo desiderio,
          per essere poi subito
          di rame, di papaveri.
          I porti, le città
          galleggiavano sul mondo,
          ancora senza un posto:
          aspettavano che tu
          dicessi loro: "qui",
          per lanciare le navi,
          le macchine, le feste.
          Macchine impazienti
          perché ancora senza meta;
          ché avrebbero fatto la luce
          se tu l'ordinavi,
          o le notti d'autunno
          se le volevi tu.
          I verbi, indecisi,
          ti guardavano negli occhi
          come cani fedeli,
          tremuli. Il tuo ordine
          avrebbe poi segnato
          il cammino, le azioni.
          Salire? Rabbrividiva
          la loro energia ignorante.
          Era forse andare verso l'alto
          "salire"? E andare verso dove
          era "discendere"?
          Con messaggi ad antipodi,
          ad astri, il tuo ordine
          avrebbe comunicato improvvisa
          coscienza del loro essere.
          Di volare o trascinarsi.
          Il grande mondo vuoto,
          inerte, innanzi a te
          stava: l'impulso
          lo avresti dato tu.
          E accanto a te, vacante,
          non nato ancora, in affanno,
          con gli occhi chiusi,
          il corpo già preparato
          per il dolore o il bacio.
          Con il sangue al suo posto,
          io, in attesa
          – ah, se non mi avessi guardato –
          che tu mi amassi
          e mi dicessi: "ora".
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Domani. La parola

            "Domani". La parola
            libera, vacante, senza peso,
            si muoveva nell'aria,
            così senz'anima e corpo,
            senza colore né bacio,
            che l'ho lasciata passare
            al mio fianco, nel mio oggi.
            Ma, all'improvviso tu
            hai detto: "io, domani..."
            e tutto si è animato
            di carne e di bandiere.
            Mi si precipitavano
            addosso le promesse
            di seicento colori,
            con vestiti alla moda
            nude, ma tutte
            ricolme di carezze
            in treni o gazzelle
            mi giungevano – acute,
            suoni di violini –
            snelle speranze
            di bocche verginali.
            O veloci e grandi
            come navi, di lontano,
            come balene
            da mari remoti
            immense speranze
            d'un amore senza termine.
            Domani! Che parola
            vibrante, tutta tesa
            di anima e carne rosata,
            corda dell'arco dove
            tu hai messo, acutissima,
            arma di venti anni,
            la freccia più sicura
            quando hai detto: "io..."
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Lì, oltre il sorriso

              Lì, oltre il sorriso,
              non ti si conosce più.
              Vai e vieni, scivoli
              per un mondo di valzer
              gelati, all'ingiù;
              e passando, i capricci,
              gli impulsi ti carpiscono
              baci senza vocazione,
              a te, la momentanea
              prigioniera dell'agevole.
              "Che allegra!" Dicono tutti.
              Ed è che tu allora
              tenti di essere altra,
              così somigliante
              a te stessa, che ho paura
              di perderti, così.

              Ti seguo. Attendo. So
              che quando non ti osservino
              gallerie né astri,
              quando il mondo crederà
              di sapere ormai chi sei
              e dirà: "sì, ora so",
              tu scioglierai,
              con le braccia in alto,
              dietro i capelli,
              il nodo, guardandomi.
              Senza rumore di cristallo
              cadrà per terra,
              maschera senza peso
              ormai inutile, il riso.
              E quando ti vedrai
              con l'amore che io ti tendo sempre
              come uno specchio ardente,
              tu riconoscerai
              un volto serio, grave,
              una sconosciuta
              alta, pallida e triste,
              la mia amata. Che mi ama
              al di là delle risa.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Perché hai nome tu?

                Perché hai nome tu,
                giorno, mercoledì?
                Perché hai nome tu,
                stagione, autunno?
                Allegria, tristezza, sempre
                perché avete nome: amore?

                Se tu non avessi nome
                io non saprei che cos'era
                né come, né quando. Nulla.

                Sa il mare come si chiama,
                di essere il mare? Sanno i venti
                i loro nomi, del sud
                e del nord, oltre
                che di essere puro soffio?
                Se tu non avessi nome,
                tutto sarebbe primo,
                iniziale, tutto scoperto
                da me,
                puro fino al mio bacio.
                Godimento, amore: delizia lenta
                di godere, di amare, senza nome.

                Nome: pugnale conficcato
                nel mezzo di un petto puro
                che sarebbe nostro sempre
                se non fosse per il suo nome.
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