Sarò io, quieto, a vedere come l'estate si affila nel pacifico meriggio probabile di villaggio dove un viandante riposa e dimentica la meta cui il suo affannare si tende: qui, fra tanta luce immota, contemplata dal rifugio fedele. Luce infinita!
Quand'io non ci sarò, come in passato la luna spunterà. Messaggio tenero d'agosto. Il mare non vedrò che culla ritmicamente il suo paesaggio eterno. Che tristezza, romantica mia baia di Santander! Sommersa in un ricamo di sabbie. Nella sua cristalleria, ermetica al mio viaggio dal presente. Quando non ci sarò, quando una tinta non rimarrà di questa luce mia, e ruoterà la luna dissanguata qui sull'avversa notte dell'estate, verde freddo e notturno le sue croste. Monti come profili di bisonti con le stelle campate sulle teste. Si vedranno volumi di montagne, notte di navi, fredda notte d'onde, ala d'infanzia morta che dispiumo, solo un ricordo: tremolo di viole grigio e sereno, un angelo di fumo.
Il Dio che voglio che sogno che credo non è quello che si racconta non è Cristiano né Musulmano. Ha gli occhi a mandorla la pelle nera. Il Dio che voglio che conosco che credo ha un solo nome "Amore".
Maggio risveglia i nidi, maggio risveglia i cuori; porta le ortiche e i fiori, i serpi e l'usignol. Schiamazzano i fanciulli in terra, e in ciel li augelli: le donne han ne i capelli rose, ne gli occhi il sol. Tra colli prati e monti di fior tutto è una trama: canta germoglia ed ama l'acqua la terra il ciel. E a me germoglia in cuore di spine un bel boschetto; tre vipere ho nel petto e un gufo entro il cervel.
Come preda ghermita ancor ferita stretta nelle fauci di un famelico animale invano si dimena sperando che la presa non sia greve senza respiro avvinta senza potersi liberare una forma estrema del piacere gemente, eppur presente chiede che abbia almeno un po' di pena straziata da ferite ovunque inferte ma esausta chiede grazia... oppure morte.
Dolce tristezza, pur t'aveva seco, non è molt'anni, il pallido bambino sbocconcellante la merenda, chino sul tedioso compito di greco... Più tardi seco t'ebbe in suo cammino sentimentale, adolescente cieco di desiderio, se giungeva l'eco d'una voce, d'un passo femminino. Oggi pur la tristezza si dilegua per sempre da quest'anima corrosa dove un riso amarissimo persiste, un riso che mi torce senza tregua la bocca... Ah! veramente non so cosa più triste che non più essere triste!
Vivere cinque ore? Vivere cinque età?... Benedetto il sopore che m'addormenterà... Ho goduto il risveglio dell'anima leggiera: meglio dormire, meglio prima della mia sera. Poi che non ha ritorno il riso mattutino. La bellezza del giorno è tutta nel mattino.