Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Padre Nostro che sei nei cieli
Restaci
E noi resteremo sulla terra
Che qualche volta è così attraente
Con i suoi misteri di New York
E i suoi misteri di Parigi
Che ben valgono i misteri della Trinità
Con il suo minuscolo canale dell'Ourcq
La sua grande Muraglia Cinese
Il suo fiume di Morlaix
Le sue caramelle alla Menta
Con il suo Oceano Pacifico
E le sue due vasche alle Tuileries
Con i suoi bravi bambini e i suoi mascalzoni
Con tutte le meraviglie del mondo
Che sono là
Con semplicità sulla terra

A tutti offerte
Sparse
Esse stesse meravigliate d'esser tali meraviglie
E che non osano confessarselo
Come una bella ragazza nuda che mostrarsi non osa
Con le spaventose sventure del mondo
Che sono legioni
Con i loro legionari
Con i loro carnefici
Con i padroni di questo mondo
I padroni con i loro pretoni gli spioni e marmittoni
Con le stagioni
Con le annate
Con le belle figliole e i vecchi coglioni
Con la paglia della miseria che imputridisce nell'acciaio dei cannoni.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Sotto la pioggia camminava la primavera

    Sotto la pioggia camminava la primavera
    con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca
    chiusa tra gli pneumatici i motori le stoffe le pelli
    il mio cardiogramma era pessimo quel giorno
    quel che si attende verrà in un'ora inattesa
    verrà tutto da solo
    senza condurre con sè
    coloro che già partirono
    suonavano il primo concerto di Ciajkowskj sotto la pioggia
    salirai le scale senza di me
    un garofano sta all'ultimo piano della casa al balcone
    sotto la pioggia camminava la primavera
    con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca
    ti sei seduta di fronte a me non mi vedi
    sorridi a una tristezza che fuma lontano
    la primavera ti porta via da me ti conduce altrove
    e un giorno non tornerai più ti perderai nella pioggia.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      In pena

      In pena per un cielo infranto
      per la pioggia che ci bagnerà
      vado pensando alla gioia grande
      che se vorremo ci prenderà.

      Tra dovere ed inquietudine
      esita quasta vita rude.
      (È una molto grande pena
      confessarlo, ora)

      Qui ogni cosa odora d'erba.
      Su tutto il cielo, in cielo, il volo delle rondini
      ci distrae, ci fa pensare...
      Io penso una speranza quieta.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io

        Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io
        fossimo presi per incantamento,
        e messi in un vasel ch'ad ogni vento
        per mare andasse al voler vostro e mio.
        Sì che fortuna od altro tempo rio
        non ci potesse dare impedimento,
        anzi, vivendo sempre in un talento,
        di stare insieme crescesse 'l disio.
        E monna Vanna e monna Lagia poi
        con quella ch'è sul numer de le trenta
        con noi ponesse il buono incantatore:
        e quivi ragionar sempre d'amore,
        e ciascuna di lor fosse contenta,
        sì come ì credo che saremmo noi.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Arsenio

          I turbini sollevano la polvere
          sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
          deserti, ove i cavalli incappucciati
          annusano la terra, fermi innanzi
          ai vetri luccicanti degli alberghi.
          Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
          in questo giorno
          or piovorno ora acceso, in cui par scatti
          a sconvolgerne l'ore
          uguali, strette in trama, un ritornello
          di castagnette.
          È il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
          Discendi all'orizzonte che sovrasta
          una tromba di piombo, alta sui gorghi,
          più d'essi vagabonda: salso nembo
          vorticante, soffiato dal ribelle
          elemento alle nubi; fa che il passo
          su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
          il viluppo dell'alghe: quell'istante
          è forse, molto atteso, che ti scampi
          dal finire il tuo viaggio, anello d'una
          catena, immoto andare, oh troppo noto
          delirio, Arsenio, d'immobilità...
          Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
          dei violini, spento quando rotola
          il tuono con un fremer di lamiera
          percossa; la tempesta è dolce quando
          sgorga bianca la stella di Canicola
          nel cielo azzurro e lunge par la sera
          ch'è prossima: se il fulmine la incide
          dirama come un albero prezioso
          entro la luce che s'arrosa: e il timpano
          degli tzigani è il rombo silenzioso
          Discendi in mezzo al buio che precipita
          e muta il mezzogiorno in una notte
          di globi accesi, dondolanti a riva, -
          e fuori, dove un'ombra sola tiene
          mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
          l'acetilene -
          finché goccia trepido
          il cielo, fuma il suolo che t'abbevera,
          tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
          le tende molli, un fruscio immenso rade
          la terra, giù s'afflosciano stridendo
          le lanterne di carta sulle strade.
          Così sperso tra i vimini e le stuoie
          grondanti, giunco tu che le radici
          con sé trascina, viscide, non mai
          svelte, tremi di vita e ti protendi
          a un vuoto risonante di lamenti
          soffocati, la tesa ti ringhiotte
          dell'onda antica che ti volge; e ancora
          tutto che ti riprende, strada portico
          mura specchi ti figge in una sola
          ghiacciata moltitudine di morti,
          e se un gesto ti sfiora, una parola
          ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
          nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
          vita strozzata per te sorta, e il vento
          la porta con la cenere degli astri.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Natale

            La pecorina di gesso,
            sulla collina in cartone,
            chiede umilmente permesso
            ai Magi in adorazione.

            Splende come acquamarina
            il lago, freddo e un po' tetro,
            chiuso fra la borraccina,
            verde illusione di vetro.

            Lungi nel tempo, e vicino,
            nel sogno (pianto e mistero)
            c'è accanto a Gesù Bambino,
            un bue giallo, un ciuco nero.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Ora che sei venuta

              Ora che sei venuta,
              che con passo di danza sei entrata
              nella mia vita
              quasi folata in una stanza chiusa –
              a festeggiarti, bene tanto atteso,
              le parole mi mancano e la voce
              e tacerti vicino già mi basta.

              Il pigolìo così che assorda il bosco
              al nascere dell'alba, ammutolisce
              quando sull'orizzonte balza il sole.

              Ma te la mia inqietitudine cercava
              quando ragazzo
              nella notte d'estate mi facevo
              alla finestra come soffocato:
              che non sapevo, m'affannava il cuore.
              E tutte tue sono le parole
              che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
              alla bocca venivano da sole,

              l'ore deserte, quando s'avanzavan
              puerilmente le mie labbra d'uomo
              da sé, per desiderio di baciare....
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