Scritta da: Rosanna Russo
in Poesie (Poesie personali)
Parole vestite d'inchiostro
svelano schizzi di pensieri.
Ricami su carta d'anima
-dalla mente al cuore
per l'eternità di un sogno.
Composta venerdì 22 settembre 2017
Parole vestite d'inchiostro
svelano schizzi di pensieri.
Ricami su carta d'anima
-dalla mente al cuore
per l'eternità di un sogno.
Calma.
Un respiro salmastro inebria l'aria
ora più limpida e più sincera.
Calma.
Moltitudini di braccia si riversano a me
con un lento e costante fare.
Calma,
ingrata messaggera
preannuncia l'arrivo del nubifragio.
La bonaccia della mente dura ormai da molti giorni e
il veliero delle parole va alla deriva.
Inizia a piove.
Tintinnii di lacrime scolpiscono un viso
scorrendo tra le crepe segnano i lineamenti.
Sento il tuo respiro, ora affannato, accarezzarmi
mi rasserena, mi protegge.
Il tuo odore sa di buono,
di un profumo antico che ti riempie il petto.
Uno schiocco, uno schiocco di lenza ti penetra
come per arpionare il tuo essere, la tua essenza
ma tu, così solidamente immateriale non ti lasci afferrare
resti lì, materia pura e spirito adulterato.
Ed ecco d'un tratto il cielo tingersi di rosso.
Torna il sereno.
Il tuo silenzio è assordante.
Tante le domande, tante le parole da riempirti.
Abbiamo superato la tempesta,
non ho paura.
Resto ad osservarti,
la mia anima si spoglia
e con un muto interloquire,
parla col mare.
C’è gente che ogni giorno cammina su ferro spinato
sognando di giungere in paradiso in cerca di piaceri
con centinaia di donne vergini vestite di lino bianco
ma loro con occhi strani e mani sporche di sangue.
A che serve lavarsi le mani e i piedi prima di pregare
quando Dio nasconde il suo volto per non guardare,
perchè molti bussano alla sua porta uccisi da mostri
con faccia umana ma con cuore e occhi di animali?
Il terzo millennio sta germinando con odio e violenza,
linfa fatale che non vuole la guerra ma elimina fratelli,
bambini, vecchi e mamme, solo per essere credenti:
quante nere ombre ambulanti si ritengono innocenti.
Camminiamo sul bordo di un precipizio senza fondo
dimenticando che siamo tutti figli della stessa madre
con lo stesso cuore che ci fa amare e dimenticare:
non ci resta che vivere insieme per amare e sognare.
I giorni che abbiamo a dispozione nel nostro calendario
sono troppo pochi per maturarci e salire sulla montagna.
Dio ci aspetta nel suo silenzio pieno di tutti i nostri ricordi:
non chiederà se siamo cristiani o musulmani, ma UMANI.
Arriverà il giorno che gli abitanti di questo pianeta
dal primo all'ultimo nato o morto sotto questo cielo
alzeremo la bandiera con la colomba della pace:
all'alba di una nuova pagina di vita senza strage.
Non conosceremo coltelli, bombe, spade e fame
ma solo campi coltivati e moltissimi fiori profumati.
I bambini giocheranno da soli con leoni e leopardi,
noi vecchi non avremo più reumatismi né lamenti.
Non ci saranno più pochi ricchi e moltissimi poveri
ma saremo tutti uguali, con una sola grande banca
che riceverà da tutti e a tutti darà una paga uguale:
cieli e terra nuovi ci faranno vivere senza sbagliare.
Tutti noi avremo un unico Dio che ci guiderà dall'alto
mentre le sue leggi saranno scritte sulle nostre mani.
Visiteremo tutti i luoghi mai visti del nostro bel pianeta
volando nel cielo come farfalle ricamando nuova tela.
I nostri sogni saranno un domani una grande miniera
di utopie umane mai raggiunte iniziando una nuova era.
Cominciamo da oggi a liberarci di tante inutili zavorre
per costruire l'uomo nuovo che abbandona la sua torre.
I futuri pilastri di questa nostra piccola terra
saranno le montagne che svettano nell'azzurro:
la loro voce sarà l'eterno vento che le accarezza.
I loro colori sono le nostre due splendide pupille,
sari di seta pura che avvolgono tenui il loro cuore
perché vivino per richiamarci a salire con stupore.
Sono esseri viventi come noi, forando il cielo,
abbracciando le nuvole a volte bianche o nere
che le baciano o le lavano da mattina a sera.
Alcune sono ricamate con verdi boschi e muschio,
altre hanno sempre un gran cappello bianco di neve
che come sirene incantano tutti invitandoci a salire.
La nostra montagna ha il suo ritmo di vita e di morte,
ha un cuore grande che palpita con il sangue di lava,
le sue vene sono fiumi e ruscelli che rivivono nel mare.
I veri pilastri di questo piccolo pianeta in cui sogniamo
siamo noi uomini che dalla nascita alla morte l'amiamo:
è la nostra culla e la nostra bara, la patria in cui viviamo.
Nell'afa soffocante di questo pomeriggio di Agosto
si è fermato il tempo all'ombra di una fila di cipressi
che mi chiude l'orizzonte solcato da colline in ombra.
Sui tetti delle case con tegole rosse brillano comignoli
lucenti che il sole accende come fossero vicine stelle.
Non ci sono ali di colombe o di nere piccole rondinelle
che cinguettino inseguendo l'invisibile cibo del giorno.
Tutto tace per non rompere il caldo silenzio di quest'ora
pieno di luce solare che riposa in cuori di uomini rinchiusi
in case nuove con aria fredda che loro hanno inventato.
Le corte ombre della luce lentamente si vanno allungando
seguendo la sera che avanza spingendo il sole più lontano,
mentre una soave brezza fa muovere le foglie con carezze
di ali di esseri celesti che ci spingono a vivere in pienezza.
Tra la realtà dei giorni cotti sotto il sole e baciati dalla luna
andiamo maturando come il grano che ondeggia con il vento
alzando lo sguardo al cielo per ricordarci che siamo eterni.
Vivo per noi,
viaggio in noi,
là dove le madri
cullano Eterna purezza
con l'unione dei corpi.
Io e te guardiamo più su
nell'infinità della luce,
sorge un suono leggero
che incrocia gli sguardi delle stelle
dove la luna, le accarezza dolcemente.
Nel cammino stiamo cercando
la Venere, l'eterna bellezza,
lacrime d'argento innocenti
oziano nei giorni infanti
che ci seguono per mano.
In un attimo quelle vibrazioni
ci bagnano i piedi,
le palpitazioni del cuore
sfiorano i cuscini di porpora,
vissute e coronate dalla danza.
Fui appeso alla vita,
le feste erano il dormire,
vecchie stradelle e viottoli
percorsi dai fiumi lemmi.
Sorriderò agli l'impercettibili pianti,
scriverò la ragione dei sensibili,
avvolte ho letto una storia all'incoscienza
di un infante crepuscolo d'argento,
arieggiando nelle notti i miei sensi
dando hai giorni i suoi versi.
Nel nostro paese
scrosci di ricordi emigrano,
dalla cima del Pianaccio
le sorgenti si posano nel verde.
Ascoltiamo i suoni lemmi della cascata
e attendiamo spensierati i giorni,
gli spazi di brina e rugiada
sorridono al primo tocco di campana.
Dormono i nostri anni col fiume Reno
nel ricordo di pelliccia e pinne,
ora niente esce, ma tace
in ogni suono che riposa.
Tutto si sta tramutando nel silenzio
e niente viene acceso ormai,
le impronte della gente comune vengono sciolte,
da quel bicchiere di acqua Silva.
L'ultima, notturna ora
prima delle strade piene
del traffico di fiori
di lancinanti scuse,
la dedico a te,
come scalpello a cui
importi soltanto accadere
la incido sulla dura pietra
della poesia.
Quella poesia che non tradisce
che stride e mite
ci accompagna al crepuscolo.
Ora l'assenza inizia
a trafiggermi,
sapientemente mi accoltella
i respiri,
poi i tuoi versi immortali
sul greto sgualcito
di una lacrima.