Poesie personali


Scritta da: Nello Maruca
in Poesie (Poesie personali)

LXVI

D'allora le nostre vie son parallele
E da quarant'un'anno conviviamo
E mai sporcato s'è lo bianco talamo
Ch'amor sempre sospinge a piene vele.

Una sol menda * ci ha lambito il fiele,
frutto di nostro amore non amiamo
ma pure questo, ora, lo conviviamo
c'ancor più amaro calice fu per Abele.

Perciò prendiamo voi nipoti e figli
E quanto in loco Fuoco d'Argentina
Saran traslati ai vostri portafogli

Appena porremo piede in quella
Terra sperando non si pari altra cortina
Di generali di dubbi cervella.
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    Scritta da: Nello Maruca
    in Poesie (Poesie personali)

    LXV

    L'amore tra noi fu fulminea cosa;
    lei poco era più d'una bambina
    coll'aspetto roseo, la sua treccina
    era più bella d'una bella rosa.

    Catapultano in quella Terr'odiosa,
    ospite in casa d'una mia cugina,
    ch'affidato m'avea mandria bovina
    in quel respiro d'aria tempestosa.

    Pensavo la mia casa, la mia gente,
    la povertà vissuta era ricchezza
    confronto quella Terra penitente.

    Ma allorquando lo cuore mio languente
    di quel sincer'amore prova l"ebbrezza
    da miserando è il cammino esaltante.
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      Scritta da: Nello Maruca
      in Poesie (Poesie personali)

      LXIV

      Madonna santa, zii, quanto danaro,
      toppo lo slancio che per noi tenete,
      tutto quel date, tutto lo perdete
      che sol lo nostro cuore restavi caro.

      Con noi, figliola, il Fato non fu avaro
      Che quando le nostr'alme eran'inquiete
      In quella Terra immensa, senza mete
      Luce ci illuminò più d'un gran faro.

      Senza un giaciglio, senza la famiglia,
      senza una casa, senza un focolare
      stetti quaranta dì sopra la paglia.

      Poi incontrai, per caso, la Sisina
      Quando la mandria ero a pascolare
      Indi, fu luce da quella mattina.
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        Scritta da: Nello Maruca
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        LXIII

        Perché disagio non abbia nello studio
        E non donare gravame a mamma tua,
        visto che remunerato ci ha il buon Dio
        abbiamo pensato dare cosa non fatua.

        Continua con volontà, senza tedio,
        non hai certo bisogno di far questua,
        perciò il volto in alto, al Sant'Iddio,
        e preghiera e volontà dall'alma tua.

        Qui registrati sono molti milioni,
        nessuno in loco è tanto danaroso,
        puoi investire in case, ville e villoni.

        La testa tiene cura alla ricchezza,
        cal cuore sarebbe tropp'onoroso
        seguita in perspicacia e in saggezza...
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          Scritta da: Nello Maruca
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          LXII

          Così seguita a parlare lo zio Gianni
          Con guardo in cielo fiso e mani tese,
          La voce ferma, umile e cortese.
          Dona o Dio, al nostr'amato Vanni

          Nel prosieguo di studi e di suoi anni,
          in quelle che saranno le sue imprese
          il Tuo timore e il bene Tuo palese
          e viva nel Tuo rispetto, tra gl'affanni.

          Una mano tende al giovincello
          Altra la dona alla nipote Tina:
          Ciascuno nella vita ha il suo fardello.

          La zia Sisina e io, figliolo bello
          Vogliamo dare a voi, questa mattina
          Dono da costruire un vostro ostello. *
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            Scritta da: Nello Maruca
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            LXI

            Ancora quattro mesi qui resteremo
            Quel di giugno, luglio, agosto, settembre
            Che tal altrove il clima non è salubre
            Fortun chanco darem l'aiuto che potremo.

            Noi due casa e verziere accudiremo
            Dimodoché vostre menti restan sgombre
            E non tormento abbiano di lor'ombre,
            paghi ancor noi per quanto faremo.

            Quant'all'impiego di maggior durezza
            Cercate tosto bifolchi esperti
            Che lo compenso loro è nostra cura.

            essi opranno tutto con destrezza
            Tutto cosa condurranno sicuri e certi
            E abbrivio terrà per certo la coltura.

            Voi non avete più che operare
            Ma sol'indirizzare e controllare.
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              Scritta da: Nello Maruca
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              LX

              In specie a sera quando il quotidiano
              Mestiere è quieto, mentre lo frinire
              De l'infingarda cicala pena a morire
              Comodi, sul vellutato molle divano

              In dolce linguaggio di tono paesano
              Continua zia Sisina a disquisire
              Nei ricordi che vanno a svanire
              E in silenzio lacrima pian piano.

              A sera, quando il vento sibilava,
              ricordo il fiammeggiante focolare
              e babbo stanco, di freddo tremante,

              zuppo, avido al fuoco s'accostava
              mentre mamma con cuor d'amante
              lesta approntava il desinare.
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                Scritta da: Nello Maruca
                in Poesie (Poesie personali)

                LIX

                Nel racconto dei due che presentano
                A noi d'altro mondo molto dissimile
                Da quotidianità ch'è inverosimile
                Alterne faccende che donne mordono

                Ci tuffiamo in geografia d'oltreoceano:
                D'Argentina federale accosta al Cile
                Di cui zio disserta con innato stile,
                dalle Ande e fino all'Altopiano

                di Punta Argentina e de la Pampa
                regno di greggi, agio di cerealicoli,
                di Terra, dice, del fuoco di Patagonia

                di Regione pari che non ravvisa rampa
                di colture ricca e immensi pascoli
                infra Fiumi c'accomuna Rio De La Plata.

                Disquisisce di Buenos Aires, di Rosario
                Dei grandi fiumi UruguaY e Paranà,
                di Rio de La Plata e l'Estuario,
                di Cordoba, Tucumin e Santa Fè.
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                  LVIII

                  Ah! Quante volte ritornata in mente
                  La stanza mia e di nonna, giovincelle,
                  Quante rabbuffi per le marachelle
                  Che, a turno, facevam continuamente.

                  Ora ti ritrovo, mia stanza, finalmente
                  E riascolto il garrire di rondinelle
                  E rivedo beccare le gallinelle
                  All'aprir la mano premurosamente.

                  Tardi sono tornata e, or, son sola
                  Che la compagna degl'ingenui giochi
                  La Morte l'ha ghermita e in cielo vola.

                  Se fosse qui, pur lei, con la sua mole,
                  con l'intimità di cucina e fuochi
                  a tutti prenderebbe per le gole.
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                    LVI

                    Il rullo delle ruote sulla stradina
                    Pietrosa richiama gli abitanti
                    E tosto, entrambi, sono davanti
                    Alla porticina che da sulla cucina.

                    L'esile signora a mamma s'avvicina
                    E dalle affusolate mani i guanti
                    Sfila e tra lo sgomento dei presenti
                    L'abbraccia e grida: Ecco la mia piccina.

                    Mamma resta in forte turbamento,
                    s'aggrappa alla signora e piange e ride
                    con l'ansietà che cresce ogni momento

                    grida: Sei proprio tu, sei tu la zia Sisina
                    che mai quest'occhio mio più non rivide
                    da quanto ti partisti in Argentina.
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