Scritta da: Sir Jo Black
in Poesie (Poesie personali)
Cristalli trasparenti
Cristalli,
trasparenti,
i bimbi,
del mondo,
degli altri
non sanno,
non hanno...
ancora!
Composta giovedì 19 maggio 2011
Cristalli,
trasparenti,
i bimbi,
del mondo,
degli altri
non sanno,
non hanno...
ancora!
Francese e nobile
palato tremulo
la lingua scivola
ma non incespica
confonde il misero
che ascolta timido
discorso aulico
parola effimera
concetto etereo
pensiero gracile
seme di arachide
venduto ad atomi
per farne olio
di nebbia inutile
che presto evapora
come uno spirito.
Deterge esausto
labiale frivola.
Saliva rancida
risucchia rapido.
È stanco, immagini.
Deve ormai cedere.
Ma un arzigogolo
incomprensibile
verbale colica
riprende intrepido.
Rimani attonito.
Lo sguardo vitreo.
Sudore a rivoli.
Ma lui continua:
dietro l'anonima
cortina eterea
comprende d'essere
irraggiungibile
dal tuo penultimo
scatto di collera.
Poi come al povero
si fa elemosina
ti annunzia il prossimo
brano di musica.
Senza preavviso, ho visto i tuoi occhi rischiararsi nei miei.
Ho visto le scintille, i fuochi e quell'ardore tipico di chi si invaghisce pazzamente.
A sprazzi ho osservato la tua anima e in pochi istanti me ne sono innamorato.
L'apogeo del mio cuore ha risvegliato realtà che avevo tenuto ben nascoste e ha fracassato la mia debole mente: bagliori dorati mi invitano a sottomettermi, luci troppo intense mi costringono a camminare a tentoni.
Quello che farò non so, ma ho deciso di non affidarmi più alla vista: ingannatrice per eccellenza, identità dalle molteplici falsità che induce a vedere il bello nella mostruosità più totale. Quello che vedrò, osserverò non mi ingannerà mai più.
Ho deciso che mi affiderò all'udito: i suoi battiti saranno la via maestra.
Ho deciso che mi affiderò al tatto: gli impulsi della sua anima saranno la mia forza.
Ho deciso che mi affiderò al gusto: la forza delle sue labbra sarà il mio cibo quotidiano.
Piccolo borgo antico sopra Varese
quattro casette arroccate sulla cima della collina di Velate
dai tetti sporgenti e costruiti con sassi e pietre iridate
Luogo di pellegrinaggio di papi, vescovi e cardinali
conservatorio di luoghi, siti e affreschi molto originali
mura intrise di grandiose solennità
Dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'umanità
si respira un'aria fine, di riscatto dal peccato
emanata da secoli di ricerca e cristianità
Vi hanno soggiornato grandi pensatori, pastori di
molte chiese, contemplatori e padri religiosi infine
ognuno di loro lasciava qualcosa sulla cima con
messaggi di stima
Eremo e santuario da sant'Ambrogio a Caterina
da Pallanza, da Federico Borromeo a Giuseppe Bernascone
sino a Bartolomeo del Gaudio, suo costruttore
Il complesso rientra ormai nel novero dei grandi
centri della fede e della religiosità. I suoi pellegrinaggi
ormai famosi in tutto il mondo, sono guidati da grandi saggi
Che illustrano i misteri del Rosario lungo le 14 cappelle
che incorniciano il percorso sino a S. Maria del monte, chiesa,
santuario e 15^ cappella, anch'essa di mirabile impresa
Chiunque giunge in questo sacro luogo non può non
pensare quanto sia forte sia stata la fede di coloro che nel passato
hanno alacremente lavorato affinché venisse consacrato.
Spandendosi il fumo si scioglie nell'aria,
la luce nell'attimo il legno risalta;
il fuoco scintilla poi copre a criniera
la stecca sottile che brucia veloce.
Rimane di questa una specie di paglia:
un filo di pioppo che regge carbone.
Se la moto, non si fosse
schiantata a terra.
Se avesse continuato
la sua corsa,
tu uomo
non saresti, un demente irritante.
Sottrarti al tuo destino
non puoi.
La moto a terra,
la vita salva.
Ma è come se fossi morto,
dal momento, che il destino
ti ha sconvolto.
Tu uomo,
mi chiederai:
Quale sarà il mio destino,
d'ora in avanti?
Io ti risponderò:
Quello di irritare la gente.
Amo perdermi
dentro al tuo viso
amo ogni sfumatura
che rilascia il tuo sorriso
Amo perdermi
con te
senza regole o ragioni
senza dubbi e costrizioni.
Amore mio.
Siamo fuori come due balconi.
Universi sbriciolati
e mille piccoli soli roteanti
nell'infinito nulla.
Gocce e gocce di cielo sfilacciato
scolorano le tende del mercato,
picchiettano le melegrane e i fichi.
Sul muro, gechi vermigli saettano,
precipitando incolumi nel vuoto
e urlando afoni al vento.
Schegge di pietra schizzano sonore,
tamburellando tronchi marcescenti
e trafiggono fiori morbidi carnosi.
Puc, puc, puc... grosse e lente
si levano nell'aria bolle dorate
ripiene di pensieri... puc!
Questa notte
io canto per te,
segreto antico
della Terra che vive.
Respiro caldo
delle sere d'estate.
Brivido dolce
che dai luce
e sorriso alle stelle.
Alzami al cielo,
e lascia che io goda
della gioia e del dolore,
del sole che mi scalda
e del ghiaccio che mi gela,
del velluto di una carezza
e del singhiozzo di una ferita.
Gabbiano nella luce del sole.
Delfino nell'azzurro del mare.
Amore,
prendimi per mano
e conducimi a Dio.
Tu che mi doni la vita,
fammi gli occhi raggianti
del mio immenso destino.
Verso lo spirito,
anche attraverso i sassi.
Verso orizzonti tersi,
anche attraverso la nebbia.
Verso la luce,
anche attraverso il buio.
Verso la gioia,
anche attraverso il dolore.
Ma se la gioia
di cui son capace
non è la più grande,
la più pura,
la più vera,
l'l'unica gioia
che esista al mondo,
dammi il dolore.
Perché questa notte
io sogno di te,
mistero profondo
della Terra che ama.
Sapienza eterna
che ti sveli in silenzio.
Candido Padre
che mi batti
potente nel cuore.
Scopriremo forse un giorno
l'uguaglianza.
Tanti cyborg vestiti da persone
tutti in fila sulle panche della chiesa
tutti in coda, sguardo a terra, camminare
passo passo, dirigersi all'altare.
Ma sotto sotto controllare
il cappellino storto della signora accanto
la scarpa sporca di chi torna già a sedere,
perfino il prete ha lo sguardo stanco
mentre dice, o almeno pare,
Buon Natale.
E ognuno è già più buono
a non capire
solo aspettare
In nomine Patri,
sequenza di zeri
fuor di codifica
"andiamo grazie a Dio".
Allora
campane solo come tortura
latrati di povere bestie animate,
e animali insipidi
in coda per un pezzo di pane.
Cimiteri astratti di pensieri sintetici
rifugi artificiali senza inferni e paradisi
di preghiere eteree verso tombe vuote.
Cimiteri da schiamazzo il 2 novembre
da strapazzare i morti di fiori e avemarie;
da stramazzare morti tutto l'anno
non più nel corpo, non nel cuore
morti soli nell'oblio.