Quando partirai, diretto ad Itaca, che il tuo viaggio sia lungo ricco di avventure e di conoscenza.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi nè il furioso Poseidone; durante il cammino non li incontrerai se il pensiero sarà elevato, se l'emozione non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito. I lestrigonu e i Ciclopi e il furioso Poseidone non saranno sul tuo cammino se non li porterai con te nell'anima, se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.
Spero che la tua strada sia lunga. Che siano molte le mattine d'estate, che il piacere di vedere i primi porti ti arrechi una gioia mai provata. Cerca di visitare gli empori della Fenicia e raccogli ciò che v'è di meglio. Vai alle città dell'Egitto, apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.
Non perdere di vista Itaca, poiché giungervi è il tuo destino. Ma non affrettare i tuoi passi; è meglio che il viaggio duri molti anni e la tua nave getti l'ancora sull'isola quando ti sarai arricchito di ciò che hai conosciuto nel cammino. Non aspettarti che Itaca è povera, non pensare che ti abbia ingannato. Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa, e questo è il significato di Itaca.
Voglio vivere di più di tutti i giorni uguali aspetto i miei brava da 9342 giorni. Anche se il sole mi accalda il mare mi imbianca il verde mi accoglie il vento mi cura la terra mi serba. Sui muri di casa mia ombre bianche ed arcane che mi fanno compagnia senza darmi consigli solo oblii. La penna che scorre e il variabile umore in sintonia con voi tre distratti da altre luci nella salita infinita di farmi volere.
un tenero sguardo un dolce sorriso un lieve rossore sul tuo bel viso i sogni che volan nel cielo infinito un palpito al cuore un lieve sospiro ... questo è l'amore.
I boschi saranno bianchi domani… Finalmente meandri esplorati dell'anima dove odi e maledetto noi serravano l'affetto Divino. Ci saranno premature poi eterne Primavere e paradisiaci tetti dipinti di rosa terrazze sul mondo a badarci tenere per mani. Valli di manna ruscelli di latte dove tutti si inebrieranno.
Distinguo il corpo ignudo, carponi su un'asparagiaia, venirmi incontro a celare il viso gli scandalizzati capelli che nulla possono quando la lingua si erge come un aspide a lambire velenosa la punta del naso.
La bocca, ghiacciaio in fiamme non trattiene lo sciogliersi profumato sull'esile mento; ormai gonfio come un lombrico indietreggio a sostenermi un pioppo, socchiudo gli occhi un istante, respiro profondo dissolta è l'asparagiaia.
Smarrito e affranto mi muovo tastoni verso l'epicentro del desiderio e unica sottile vestigia: uno scuro ondulato capello.
Era mattina (almeno credo) ti ho sentito andare via svanire, effigia coltivata dalla fantasia e dal desiderio (mio unico arredo) di ancora una notte d'amore.
Perché scrivo e sogno tenue lampare su specchi inquinati brulicati di stelle cadenti tante quanti i desideri. Schiaffi di sottile bruma come grande battesimale che cerimonia da sempre rene disorne di conchiglie. E lui con la presa nel crine che a pelo galoppa la bestia ubbidiente nel fascio della luna e finalmente mi trova.
Adesso, le aspettative erano scambiate: Lui… come un bimbo impaurito… attende la seggiola minuta ed insolente, non tiene conto dell'intatta mole, le lacrime, precoci scivolano ignare tra le crepe del tempo.
Lui… adesso… è chino… chino e mite come non lo avevo mai scoperto interrogano, del suo andato, circostanze.
Singolare destino, mi balenano del nemico mentre lui… candido… continua a sciogliersi.
Dovessero, animo contrito, giudicarti adesso chi di te fiuterebbe l'uomo incomprensibile che non sapeva amare, l'uomo che nel dissipare esibiva vocazione e per non perderla di vista, la sofferenza la andava suonando porta a porta.
Adesso sei lì, ad un passo, inerte come un bonzo e io qui, indissolubilmente intrappolati, inumata rete di dolore tessuta da fendere, urlando, esausti: esisto, reagisco, sopravvivo, palpito.
…Lui… adesso… è un uomo malato devo aiutarlo, devo amarlo.