Un mio gioco di sillabe t'illuse. Tu verrai nella mia casa deserta: lo stuolo accrescerai delle deluse. So che sei bella e folle nell'offerta di te. Te stessa, bella preda certa, già quasi m'offri nelle palme schiuse.
Ma prima di conoscerti, con gesto franco t'arresto sulle soglie, amica, e ti rifiuto come una mendica. Non sono lui, non sono lui! Sì, questo voglio gridarti nel rifiuto onesto, perché più tardi tu non maledica.
Non sono lui! Non quello che t'appaio, quello che sogni spirito fraterno! Sotto il verso che sai, tenero e gaio, arido è il cuore, stridulo di scherno come siliqua stridula d'inverno, vota di semi, pendula al rovaio...
Per te serbare immune da pensieri bassi, la coscienza ti congeda onestamente, in versi più sinceri... Ma (tu sei bella) fa ch'io non ti veda: il desiderio della bella preda mentirebbe l'amore che tu speri.
Non posso amare, Illusa! Non ho amato mai! Questa è la sciagura che nascondo. Triste cercai l'amore per il mondo, triste pellegrinai pel mio passato, vizioso fanciullo viziato, sull'orme del piacere vagabondo...
Ah! Non volgere i tuoi piccoli piedi verso l'anima buia di chi tace! Non mi tentare, pallida seguace!... Pel tuo sogno, pel sogno che ti diedi, non son colui, non son colui che credi!
E labra ha di rubino ed occhi ha di zaffiro la bella e cruda donna ond'io sospiro. Ha d'alabastro fino la man che volge del tuo carro il freno, di marmo il seno e di diamante il core. Qual meraviglia, Amore, s'ai tuoi strali, ai miei pianti ella è sì dura? Tutta di pietre la formò la natura.
Se morissi questa notte se potessi morire se io morissi se questo coito feroce interminabile combattuto e senza clemenza raggiungesse il suo apice e si afflosciasse se proprio adesso se adesso morissi socchiudendo gli occhi sentissi che è fatta che ormai l'affanno è cessato e la luce non fosse più un fascio di spade e l'aria non fosse più un fascio di spade e il dolore degli altri e l'amore e vivere e tutto non fosse un fascio di spade e finisse con me per me per sempre e che non dolesse più e che non dolesse più.
Ormai non sarà ormai no non vivremo uniti non alleverò tuo figlio non cucirò i tuoi vestiti non ti possederò di notte non ti bacerò prima di uscire. Non saprai mai chi sono stata perché altri mi amarono. Non riuscirò mai a sapere perché né come né se era vero quello che dicesti che era né chi sei stato né cosa sono stata per te né come sarebbe stato vivere uniti amarci aspettarci rimanere. Ormai non sono altro che io per sempre e tu ormai per me non sarai che tu. Ormai non sei in un giorno futuro non saprò dove vivi con chi né se ti ricordi. Non mi abbraccerai mai come questa notte mai. Non potrò più toccarti. Non ti vedrò morire.
Dormono le cime dei monti, e le gole, le balze e le forre; la selva e gli animali che nutre la terra nera: le fiere dei monti e la stirpe delle api, e i pesci nelle profondità del mare agitato. Dormono le stirpi degli uccelli, dalle ali distese.
Ma ora a noi avanzano Solo l'inverno e la notte E senza scampo sono le nostre vite In queste città maledette. La morte siede sugli usci delle case o con gli zoccoli di cavallo va per le strade in stridori di migliaia di trombe; o volteggia trionfante sul capo in risa di corvi a stormo.
Invece fiorito è il deserto, popolata di uccelli e di alberi la tua solitudine. Angeli danzano al canto nuovo.
Ma quando declina questo giorno senza tramonto? All'incontro cercato nessuno giunge. E le pietre bevono Il sangue di questo cuore Ancora per miracolo vivo.
Liberata l'anima ritorna agli angoli delle strade oggi percorse, a ritrovare i brani.
Lì un gomitolo d'uomo posato sulle grucce, e là una donna offriva al suo nato il petto senza latte. Nella soffitta d'albergo una creatura indecifrabile: dal buio occhi uguali al cerchio fosforescente d'una sveglia a segnare ore immobili.
E io a domandare alle pietre agli astri al silenzio: chi ha veduto Cristo.
Parole, inerti macerie, brandelli d'esistenze disamorate, panorama del mio paese ove neppure il gesto sacrificale più rompe la immota somiglianza dei giorni, né le vesti sante coprono la nudità degli istinti.
E i poeti non hanno più canti Non un messaggio di gioia, nessuno una speranza.