Salta la parola dinanzi al pensiero dinanzi al suono la parola salta come un cavallo dinanzi al vento come un vitello di zolfo dinanzi alla notte si perde per le vie del mio cranio dappertutto le tracce della fiera sulla faccia dell'albero il tatuaggio scarlatto sulla fronte del torrione il tatuaggio di ghiaccio sul sesso della chiesa il tatuaggio elettrico le sue unghie sul tuo collo le sue zampe sul tuo ventre il segnale violetto il tornasole che vira fino al bianco fino al grido fino al basta il girasole che gira come un ahi scorticato la sigla del senza-nome lungo la tua pelle daqppertutto il grido che acceca l'ondata nera che copre il pensiero la campana furiosa che rintocca sulla mia fronte la campana di sangue nel mio petto l'immagine che ride i cima alla torre la parola che fa scppiare le parole l'immagine che incendia tutti i ponti la fuggitiva a metà dell'abbraccio la vagabonda che uccide i bambini l'idiota la bugiarda l'incestuosa la cerva inseguita la mendicante profetica la ragazza che nel mezzo della vita mi sveglia e mi dice ricordati.
Parole? Sì, di aria e nell'aria perdute. Tu lascia che mi perda tra parole, lasciami essere aria su labbra, un soffio vagabondo senza sagoma, breve aroma che l'aria fa svenire.
Nello spazio sto dentro di me lo spazio fuori di me lo spazio in nessun luogo sto fuori di me nello spazio fuori di sé in nessun luogo sto nello spazio eccetera.
Non conobbi legami. Allo sbaraglio, andai. A godimenti, ora reali e ora turbinanti nell'anima, andai, dentro la notte illuminata. Mi abbeverai dei più gagliardi vini, quali bevono i prodi del piacere.
Torna sovente e prendimi, palpito amato, allora torna e prendimi, che si ridesta viva la memoria del corpo e antiche brame trascorrono nel sangue allora che le labbra ricordano, e le carni, e nelle mani un senso tattile si riaccende.
Torna sovente e prendimi, la notte, allora che le labbra ricordano, e le carni...
Un vento scompiglia la fulva pelliccia Dell'Africa. Kikuyu, veloci come mosche, Si saziano ai fiumi di sangue del veld. Cadaveri giacciono sparsi in un paradiso. Solo il verme colonnello del carcame, grida: "Non sprecate compassione su questi morti separati!" Le statistiche giustificano e gli studiosi colgono I fondamenti della politica coloniale. Che senso ha questo per il bimbo bianco squartato nel suo letto? Per selvaggi sacrificabili come Ebrei?
Trebbiati da battitori, i lunghi giunchi erompono In una bianca polvere di ibis le cui grida Hanno vorticato fin dall'alba della civiltà Dal fiume riarso o dalla pianura brulicante di animali. La violenza della bestia sulla bestia è intensa Come legge naturale, ma l'uomo eretto Cerca la propria divinità infliggendo dolore. Deliranti come queste bestie turbate, le sue guerre Danzano al suolo della tesa carcassa di un tamburo, Mentre egli chiama coraggio persino quel nativo terrore Della bianca pace contratta dai morti.
Di nuovo la brutale necessità si terge le mani Sul tovagliolo di una causa sporca, di nuovo Uno spreco della nostra compassione, come per la Spagna, Il gorilla lotta con il superuomo. Io, che sono avvelenato dal sangue di entrambi, Dove mi volgerò, diviso fin dentro le vene? Io che ho maledetto L'ufficiale ubriaco del governo britannico, come sceglierò Tra quest'Africa e la lingua inglese che amo? Tradirle entrambe, o restituire ciò che danno? Come guardare a un simile massacro e rimanere freddo? Come voltare le spalle all'Africa e vivere?