Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Autunno

In fiamme, nell'incendio degli autunni
arde a volte il mio cuore,
puro e solo. Il vento che lo desta
tocca il suo centro e lo sospende
nella luce che ride per nessuno:
quanta bellezza sparsa!

Anelo mani,
una presenza, un corpo,
quel che frantuma i muri
e fa nascere le forme inebriate,
un tocco, un suono, un giro, solo un'ala,
celesti frutti della luce nuda.

Nel mio intimo cerco
ossa, violini intatti,
vertebre oscure e delicate,
labbra che sognan labbra,
mani sognanti uccelli...

Qualcosa che s'ignora e dice <>
cade dal cielo,
da te, Dio, mio avversario.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Pietra di sole (frammenti)

    un salice di cristallo, un pioppo d'acqua,
    un alto getto che il vento inarca,
    un albero ben piantato ma danzante,
    un camminar di fiume che si curva,
    avanza, retrocede, fa un giro
    e sempre arriva:
    un camminar tranquillo
    di stella o primavera senza fretta,
    acqua che con le palpebre chiuse
    emette tutta notte profezie,
    unanime presenza in ondata,
    onda su onda fino a coprir tutto,
    verde sovranità senza tramonto
    come l'abbacinante effetto delle ali
    quando s'aprono nel mezzo del cielo, (... )
    vado per il tuo corpo come per il mondo,
    il tuo ventre è una spiaggia soleggiata,
    i tuoi seni due chiese dove il sangue
    celebra i suoi misteri paralleli,
    i miei sguardi ti coprono come edera,
    sei una città che il mare assedia,
    una muraglia che la luce divide
    in due metà color di pesca,
    un luogo di sale, roccia e uccelli
    sotto la legge del meriggio assorto,

    vestita del colore dei miei desideri
    vai nuda come il mio pensiero,
    vado pei tuoi occhi come per l'acqua,
    le tigri bevono sogno nei tuoi occhi,
    il colibrí si brucia in quelle fiamme,
    vado per la tua fronte come per la luna,
    come la nube per il tuo pensiero,
    vado per il tuo ventre come pei tuoi sogni,
    la tua gonna di mais ondeggia e canta,

    la tua gonna di cristallo, la tua gonna d'acqua,
    le tue labbra, i capelli, i tuoi sguardi,
    tutta la notte piovi, tutto il giorno
    apri il mio petto con le tue dita d'acqua,
    chiudi i miei occhi con la tua bocca d'acqua,
    sulle mie ossa piovi, nel mio petto
    affonda radici d'acqua un albero liquido,

    vado per la tua strada come per un fuime,
    vado per il tuo corpo come per un bosco,
    come per un sentiero nel monte
    che in un brusco abisso finisce,
    vado pei tuoi pensieri assottigliati
    e all'uscita dalla tua bianca fronte
    la mia ombra abbattuta si strazia,
    raccolgo i miei frammenti uno a uno
    e proseguo senza corpo, cerco tentoni, (... )

    —la vita, quando fu davvero nostra?
    quando siamo davvero ciò che siamo?
    ben guardato non siamo, mai siamo
    da soli se non vertigine e vuoto,
    smorfie nello specchio, orrore e vomito,
    mai la vita è nostra, è degli altri,
    la vita non è di nessuno, tutti siamo
    la vita —pane di sole per gli altri,
    tutti gli altri che siam noi—,
    son altro quando sono, i miei atti
    son piú miei se sono anche di tutti

    perché io possa essere devo esser altro,
    uscire da me, cercarmi tra gli altri,
    gli altri che non sono s'io non esisto,
    gli altri che mi dan piena esistenza,
    non sono, non v'è io, siam sempre noi,
    la vita è un'altra, sempre là, piú lungi,
    fuori di te, di me, sempre orizzonte,
    vita che ci svive e ci fa estranei
    che ci inventa un volto e lo sciupa,
    fame d'essere, oh morte, pane di tutti.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La Credenza

      È un ampio armadio scolpito; l'antica scura
      quercia ha preso una buon'aria di vecchia gente;
      l'armadio è aperto, e scioglie dentro l'ombratura
      come onda di vin vecchio, un profumo attraente.

      È un miscuglio di vecchie anticaglie, stipato
      di panni odorosi e gialli, di straccetti
      di donne e fanciulli, di appassiti merletti,
      di scialli di nonna col grifo pitturato;

      - Qui trovi ciocche di capelli bianche e bionde,
      i ritratti, i medaglioni, la frutta e i fiori
      secchi il cui profumo insieme si confonde.

      - Ne sai di storie, o mia credenza d'ore morte!
      Vorresti dirci i tuoi racconti, e fai rumori
      se lente s'aprono le grandi nere porte.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La Maliziosa

        Nella sala da pranzo, bruna, profumata
        di frutta e di vernice, come chi non pensa
        raccolsi un piatto di non so quale portata
        belga, e sprofondai nella mia sedia immensa.

        Mangiando, udivo il pendolo, - calmo e giulivo.
        La cucina s'aprì in mezzo a una sbuffata.
        - Entrò la serva, e chissà per quale motivo,
        lo scialle sfatto, con malizia pettinata,

        ecco il ditino tremante pose e ripose
        sulla sua guancia, velluto di pesche-rose
        bianche, e con smorfie del suo labbro bambino

        per mio agio, i piatti mi riordinò vicino
        - poi, - ma certo per prendersi un bacio, - così
        mi soffiò: "Ho una freddo alla guancia, senti qui... "
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          in Poesie (Poesie d'Autore)
          La mia bohème (Fantasia)

          I pugni nelle tasche rotte, me ne andavo
          con il mio pastrano diventato ideale;
          sotto il cielo andavo, o Musa, a te solidale;
          oh! Là, là! Quanti splendidi amori sognavo!

          La sola braca aveva un largo buco. - In corsa
          sgranavo rime, Puccetto sognante. E l'Orsa
          Maggiore era la mia locanda. - Lassù
          le stelle in cielo avevano un dolce fru fru;

          le ascoltavo, seduto ai lati delle strade,
          nelle sere del buon settembre ove rugiade
          mi gocciavano in fronte un vino di vigore;

          e, rimando in mezzo ai tenebrosi fantastici,
          come fossero lire, tiravo gli elastici
          delle mie scarpe ferite, un piede sul cuore!
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Preghiera della sera

            Io, come un angelo seduto dal barbiere,
            vivo stringendo uno scanalato bicchiere,
            collo e ipogastrio curvi, una " Gambier" tra i denti,
            sotto i cieli gonfi di vele trasparenti.

            In me mille sogni, come caldi escrementi
            di vecchia colombaia, fan dolci bruciature;
            e il mio tenero cuore è un alburno, a momenti,
            che il giovane oro insanguina di linfe oscure.

            E, quando con cura ho ringoiato ogni sogno,
            mi volto, bevuti più di trenta bicchieri,
            e mi raccolgo a mollare l'acre bisogno:

            dolce come il Dio del cedro e degli issòpi,
            io piscio altissimo e lontano contro i neri
            cieli - approvato dai grandi eliotropi.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Sognato per l'inverno a... lei

              Andremo, d'inverno, in un vagoncino rosa
              con tanti cuscini blu.
              Sarà dolce. Un nido di baci folli posa
              nei cantucci molli. Tu

              chiuderai gli occhi, per non vedere dai vetri
              smorfiare l'ombre delle sere,
              la plebaglia di démoni e di lupi tetri,
              mostruosità arcigne e nere.

              Poi la tua guancia graffiare si sentirà...
              un bacetto, un ragno matto, ti correrà
              sul collo... Intanto

              tu mi dirai: "Cerca! ", chinando a me la testa
              - prenderemo tempo a scovare quella bestia
              - che viaggia così tanto...
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                Scritta da: Silvana Stremiz
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                Pensierino del mattino

                La mattina alle quattro, d'estate,
                il sonno d'amore dura ancora.
                Sotto i boschetti l'alba deodora
                le sere festeggiate.

                Ma laggiù negli immensi cantieri
                al sole dell'Esperidi, là
                scamiciati, ecco i carpentieri
                si agitano già.

                Tranquilli, in quei deserti muschiati,
                preparano il tavolato fino
                dove ride il ricco cittadino
                sotto cieli affrescati.

                Per questi Operai affascinanti
                a un re di Babilonia assoggettati,
                ah! Lascia un po', Venere, gli Amanti
                dai cuori incoronati.

                Regina dei Pastori!
                Porta acquavite ai lavoratori,
                la loro forza vieni a ristorare
                prima del bagno meridiano, in mare.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Lacrima

                  Lontano da uccelli, da greggi, da paesane,
                  io bevevo, rannicchiato in una brughiera,
                  cinta da una selva di noccioli leggera,
                  in verdi e tiepide foschie meridiane.

                  Che potevo bere in quella giovane Oïsa,
                  muti olmi, cielo coperto, erba senza fiori.
                  Che spillavo alla mia fiasca di colocasia?
                  Un liquore d'oro, insulso, che dà sudori.

                  Cattiva insegna d'osteria sarei stato.
                  Poi il temporale mutò il cielo, fino a sera.
                  Furon laghi, pertiche, stazioni, una nera
                  regione, e nella notte blu fu un colonnato.

                  L'acqua dei boschi moriva alla verginale
                  sabbia, e il vento, dal cielo, ghiacciava acquitrini...
                  Io, pescatore d'oro e di gusci marini,
                  dire che non pensai di bere, come tale!
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