Se non temprasse il foco del mio core l'umor, che verso per gli occhi sì spesso, io avrei visto già di morte il messo, e l'alma ad ubidirla uscita fore; perché la speme omai cede al timore, ed ogni cosa mia soggiace ad esso, poi che si vede a mille segni espresso che chi può farlo vuole il mio dolore. Dunque, s'io vivo, è mercé del mio pianto; s'io moro, è colpa de le crude voglie del mio signor, in vista dolce tanto. Ei mi legò sì ch'altri non mi scioglie, ei vuol aver de la mia morte il vanto. O poco chiare ed onorate spoglie!
Beate luci, or se mi fate guerra voi, donde può venir sol la mia pace; se 'l viver mio a voi, luci alme, spiace e la mia vita in voi solo si serra; mi converrà (e chi nol crede s'erra) o viver sempre in guerra aspra e tenace, o tosto tosto l'anima fugace, lasciato il corpo, se n'andrà sotterra. E così rimarrete senza poi soggetto, ove possiate essercitare la crudeltade vostra, Amor e voi. Io ne verrò al fine a guadagnare; ché, morend'un senza peccati suoi, felicemente suol al ciel poggiare.
Qual sempre à miei disir contraria sorte fra la spiga e la man mi s'è trasmessa, sì che la gioia, che mi fu promessa, tarda tanto a venir per darmi morte? Le mie due vive, due fidate scorte il signor mio, anzi l'anima stessa, l'imagin, che nel cor m'è sempre impressa, perché non batte omai, lassa, a le porte? L'alma allargata a questa nova speme che ristretta nel duol prendea vigore, mancherà tosto certo, se non viene. E saran dè miracoli d'Amore, ch'un'ombra breve di sperato bene tolga altrui vita, e dia vita il dolore.
Se tu vedessi, o madre degli Amori, e teco insieme il tuo figlio diletto, l'accese e vive fiamme del mio petto, a quali altre fûr mai pari o maggiori; se tu vedessi i pelaghi d'umori, che, dapoi che 'l mio cor ti fu soggetto, mercé del vago e grazioso aspetto, per questi occhi dolenti verso fuori; so ch'avresti pietà del mio gran pianto e de la fiamma mia spietata e ria, che per sfogar talor descrivo e canto. Ma voi ferite, e poi fuggite via più che folgor veloci, ed io fra tanto resto col pianto e con la fiamma mia.
Se con tutto il mio studio e tutta l'arte io non posso accennar pur quanto e quale è 'l foco mio dal dì che 'l primo strale m'aventò Amor ne la sinistra parte, come volete voi signor, che ex parte l'altrui voglie amorose e l'altrui male con questa forza stanca e così frale ì dica in vive voci, o scriva in carte? Datemi o 'l ciel più stile o voi men pena, ond'abbia o più vigor o men martìre, sì che la vostra voglia resti piena. E, se ciò non si può, vostro desire adempiete da voi, ch'avete vena, stile ed ingegno eguale al vostro dire.
Cesare e Ciro, i vostri fidi spegli, in cui mai sempre, signor, vi mirate, poi ch'a seguir le lor chiare pedate par che ciascun di lor v'infiammi e svegli, perché, sì come è stato questi e quegli essempio di clemenzia e di pietate, solo in questa virtù v'allontanate da què due chiari ed onorati vegli? Perché non sète voi mite e clemente a me vostra prigion, vostra fattura, come fûr essi a l'acquistata gente? Anzi forse voi sète di natura mite con tutti, e meco solamente d'aspra e spietata. Oh mia somma sventura.
Sai tu, perché ti mise in mano, Amore, gli stral tua madre, ed agli occhi la benda? Perché quella saetti, impiaghi e fenda i cor di questo e quel fido amatore; e con questi non possi veder fuore de' colpi tuoi la crudeltà stupenda, sì che pietoso affatto non ti renda, o almen non tempri l'empio tuo furore. Che, se vedessi un dì la piaga mia, o non saresti dio, ma cruda fèra, o pietoso o men aspro ti faria. Non vorrei già che tu vedessi in cera i raggi del mio sol; ché ti parria forse a l'incontro picciola e leggera.
Per le saette tue, Amor, ti giuro, e per la tua possente e sacra face, che, se ben questa m'arde e 'l cor mi sface, e quelle mi feriscon, non mi curo; quantunque nel passato e nel futuro qual l'une acute, e qual l'altra vivace, donne amorose, e prendi qual ti piace, che sentisser giamai né fian, né fûro; perché nasce virtù da questa pena, che 'l senso del dolor vince ed abbaglia, sì che o non duole, o non si sente appena. Quel, che l'anima e 'l corpo mi travaglia, è la temenza ch'a morir mi mena, che 'l foco mio non sia foco di paglia.
Arsi, piansi, cantai; piango, ardo e canto; piangero, arderò, canterò sempre (fin che Morte o Fortuna o tempo stempre a l'ingegno, occhi e cor, stil, foco e pianto) la bellezza, il valor e 'l senno a canto, che 'n vaghe, sagge ed onorate tempre Amor, natura e studio par che tempre nel volto, petto e cor del lume santo: che, quando viene, e quando parte il sole, la notte e 'l giorno ognor, la state e 'l verno, tenebre e luce darmi e tôrmi suole, tanto con l'occhio fuor, con l'occhio interno, agli atti suoi, ai modi, a le parole, splendor, dolcezza e grazia ivi discerno.
O de le mie fatiche alto ritegno, mentre ad Amor ed a Fortuna piacque, conte gentil, a cui giamai non nacque bellezza egual, valor, sangue ed ingegno; se 'l vostro cor di maggior donna degno una volta in me sola si compiacque, se fin gli scogli d'Adria, i lidi e l'acque san che voi sète il mio solo sostegno, perché senza mia colpa e mio difetto, se non d'esser più ch'altra fida stata, m'avete tratta fuor del vostro petto? Questa è la gioia mia da voi sperata? È questo quel che voi m'avete detto? Questa è la fé che voi m'avete data?