Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Chi mi darà soccorso a l'ora estrema,
che verrà morte a trarmi fuor di vita
tosto, dopo l'acerba dipartita,
onde fin d'ora il cor paventa e trema?
Madre e sorella no, perché la téma
questa e quella a dolersi meco invita,
e poi per prova omai la lor aita
non giova a questa doglia alta e suprema.
E le vostre fidate amiche scorte,
che di giovarmi avriano sole il come,
saran lontane in quella altera corte.
Dunque ì porrò queste terrene some
senza conforto alcun, se non di morte,
sospirando e chiamando il vostro nome.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    A che, signor affaticar invano
    per ritrarvi e scolpirvi in marmi o in carte,
    o gli altri c'hanno fama di quest'arte,
    o 'l chiaro Buonaroti o Tiziano,
    se scolpito qual sète aperto e piano
    v'ho nel petto e nel fronte a parte a parte,
    sì che l'imagin d'indi unqua non parte,
    perché siate voi presso o pur lontano?
    Ma forse voi volete esser ritratto
    in sembiante leale e grazioso,
    qual sète a tutti in ogn'opra in ogn'atto;
    dove, lassa, ch'a pena dirvel oso,
    vi porto impresso, qual vi provo in fatto,
    un pochetto incostante e disdegnoso.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Rime, lVIII

      Deh perché non ho io l'ingegno e l'arte
      di Lisippo e d'Apelle, onde potessi
      il viso, che per sole al mondo elessi,
      dipinger e scolpir in qualche parte,
      poi che non posso ben ritrarr'in carte,
      com'avrian con lo stile ritratto essi,
      le mie due stelle, la cui luce impressi
      pria sì nel cor, che d'indi non si parte?
      Perch'io rimarrei sol con un tormento
      d'amar e sospirar, e 'l cor saria
      d'ogni altra cura poi pago e contento;
      dov'or piango l'acerba pena mia,
      e piango ch'atta a pinger non mi sento
      al mondo il mio bel sol quanto devria.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Torniamo ai giorni del rischio,
        quando tu salutavi a sera
        senza essere certo mai
        di rivedere l'amico al mattino.

        E i passi della ronda nazista
        dal selciato ti facevano eco
        dentro il cervello, nel nero
        silenzio della notte.

        Torniamo a sperare
        come primavera torna
        ogni anno a fiorire.

        E i bimbi nascano ancora,
        profezia e segno
        che Dio non s'è pentito.

        Torniamo a credere
        pur se le voci dai pergami
        persuadono a fatica
        e altro vento spira
        di più raffinata barbarie.

        Torniamo all'amore,
        pur se anche del familiare
        il dubbio ti morde,
        e solitudine pare invalicabile.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Era aperta solo al tuo occhio
          quella Notte oscura:
          e dunque perché non li uccidesti
          avanti che uccidessero?

          I grandi deliravano
          In parate e uniformi
          E noi non capivamo.

          Aquile e svàstiche
          e canti di morte
          salmi e canti e benedizioni
          di reggimenti col teschio
          sui berretti neri
          sulle camice nere
          sui gagliardetti neri...

          E discorsi fin o all'urlo
          accanito delle folle d'Europa,
          della saggia e civilissima
          e cristiana Europa.

          Così abbiamo tutti cantato
          almeno una volta
          i canti della morte.

          L'inizio è sempre uguale:
          "Nostra è la Ragione"! E poi,
          l'esaltazione degli eroi.

          Poi le medaglie
          e le corone e i monumenti
          e i momenti del silenzio
          all'Altare della Patria.

          Dio, cosa costano gli eroi!
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