Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Fu quando la cisterna si riempí
di acqua aprilina
e un'algebra sottilissima inghiottiva
tutti i sensi degli uomini in un punto.
Occhi lunghi di gru trattenevano
l'ombra
sui rilievi delle felci;
crescevano le ali dei merli
e il bosco era come l'unghia che
s'infilza
con un colpo secco. Era tutto
nuovo e strano,
eppure un peso abituale
nell'aria sequestrava la speranza.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Tomba abbandonata

    Bisogna entrare dal cancello chiuso
    calpestando il piccolo quadrato d'erba;
    poi varcare la porta della chiesa
    e una porticina dietro il pilastro.
    Fu la bella Agnes, sventurata,
    la piú amata da quel padre ricco.
    Per lei fissò il freddo della pietra
    e i secoli solitari che la proteggono.
    E io ora ti chiedo: è valso a te l'amore –
    quest'insistenza dei vivi –
    il tempo dello scultore, le gote bianche
    che i poveri contadini avranno toccato
    con tanta pietà ogni volta che tornano
    nelle caverne d'ombra dove una fiamma
    consuma
    la briciola di desiderio quotidiano?
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Ti porto via
      dalla plancia di comando
      di questo cimitero
      che prende il mare.
      Vecchia cellula erosa
      abituata ai venti,
      ne guido l'abside di vedetta.
      Tu nel ponte, sottocoperta, primo
      mio viaggiatore amato,
      a cui devo l'onore del viaggio.
      Non ti proteggerò dal lungo buio
      delle notti,
      ma sarò lucciola perenne che brucia
      con la tua,
      sfarfallando negli anni.
      La terra si è ricoperta di fiori,
      e io guido la carica della nave
      su cui ti sei imbarcato senza dirmi
      neanche "ciao" (e lo avresti voluto,
      anche per essere un'ultima volta mio).
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L’albero

        Sono già mature le mele
        sull'albero che Miss Coombes
        ci ha lasciato.
        L'albero è chino quasi fino a terra.
        Non avevo capito fino ad ora
        il loro peso freddo, né come
        si accalcano a coppie sui rami,
        gialle, rotonde come lanterne cinesi
        lungo una strada addobbata.

        È il crepuscolo, e stai tornando a casa.
        Immagino la dinamo della tua bici
        tesa come una spoletta tra le strade
        che imbrunano, a illuminare
        casa nostra mentre ora, nella via,
        si accendono le luci – l'oro
        delle lampadine nelle piccole serre,
        i lingotti
        di ingresso, la camera da letto, le scale.

        Viviamo qui ora, e sebbene,
        altrove, una ragazza si appoggi
        al finestrino del treno, un dito
        attorcigliato allo zaino zeppo
        di tutto ciò che possiede –
        questo ci basta. Siamo
        le luci, le luci, le luci
        che i treni superano nell'oscurità.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          In ascensore fino al cielo

          Come dicono i pompieri,
          non prendete mai camere oltre
          il quinto piano
          negli hotel di New York:
          ci sono scale che vanno piú su
          ma nessuno ci salirebbe.
          Come dice il "New York Times",
          l'ascensore cerca sempre da sé
          il piano in fiamme
          e si apre automaticamente
          e non si chiude piú.
          Sono questi gli avvisi
          che dovete dimenticare
          se volete uscire da voi stessi
          fino a catapultarvi in cielo.

          Sono andata spesso oltre
          il quinto piano
          salendo a manovella,
          ma solo una volta
          andai fino in cima.
          Sessantesimo piano:
          cigni e pianticelle piegàti
          verso la propria tomba.
          Duecentesimo piano:
          montagne con la pazienza di un gatto,
          il silenzio in scarpe da tennis.
          Cinquecentesimo piano:
          messaggi e lettere millenari,
          uccelli da bere,
          una cucina di nuvole.
          Seicentesimo piano:
          le stelle,
          scheletri in fiamme
          con le braccia che cantano.
          E una chiave,
          una chiave enorme,
          che apre qualcosa
          (qualche utile uscio)
          da qualche parte,
          lassú.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Ulivi

            S’agitano gli ulivi
            sorpresi tra i presepi
            dei nidi appena nati.
            Il grido del silenzio
            ha colto nei cristalli
            fontane a mezza luna.
            S’agitano sulle rive
            i biondi canneti del sole
            fioriti di farfalle.
            Naiadi azzurre
            vestite di crepuscolo
            danzano in trasparenze di veli
            fra oleandri dorati.
            O amore d’incensi e di cenere
            che diffondi il tuo silenzio
            nell’eco delle stelle
            ascolta questo canto
            che ho sparso nel vento
            con le mie bionde sabbie
            fino alle ultime lune.
            Nascosto dietro gli astri
            c’è il mio cuore bambino
            fra dune di rugiada.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Ultima cena

              Come saliva
              che scompare
              in bocche assetate
              così il tuo silenzio
              inghiotte il mio cuore
              amore di un tempo
              nell'odio di oggi

              Vedo i tuoi passi
              riflessi
              dileguarsi
              sulla lastra di pioggia
              in quest'autunno
              che sembra
              la sala d'attesa
              di un mattatoio
              e le foglie rosse
              macchie di sangue
              nei disegni del vento

              Distante
              dalle cose
              che ho amato
              coi coltelli degli anni
              alle spalle
              mi sento solo
              mentre disertano
              i più duri pensieri

              Strappo la tua foto
              dagli occhi
              e irriducibile il disprezzo
              lancia uno sputo
              che si perde nell'acqua

              Mi dico
              si è suicidato anche l'odio
              povero me
              sono solo
              sul banchetto degli anni
              addobbato
              coi fiori del male
              nell'ultima cena.
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