Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
La Morte è importante per Colui
che muore, e per il suo amico.
Oltre a questi, ininfluente
per Tutti tranne Dio.
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La Morte è importante per Colui
che muore, e per il suo amico.
Oltre a questi, ininfluente
per Tutti tranne Dio.
La poesia continua là dove la penna viene deposta ed il cuore pensa.
Intorno a me
i rumori di mezzanotte
creano il silenzio.
Fitta nebbia nera:
l'oscurità
dove ogni occhio umano
si perde
ma ritrovare sa
la luce più forte
in un solo granello
di buio.
L'ascesa dell'astro
ogni cosa riluce
quando all'aurora
dilagare si sente
il silenzio passato.
È giorno...
Il silenzio più assordante
risveglia la vita:
continuo martellare
di chiodi
sul corpo livido
di chi aprì
in croce... le braccia.
Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda
l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l'abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal suo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d'ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!
Per dilettarsi, sovente, le ciurme
catturano degli àlbatri, marini
grandi uccelli, che seguono, indolenti
compagni di viaggio, il bastimento
che scivolando va su amari abissi.
E li hanno appena sulla tolda posti
che questi re dell'azzurro abbandonano,
inetti e vergognosi, ai loro fianchi
miseramente, come remi, inerti
le candide e grandi ali. Com'è goffo
e imbelle questo alato viaggiatore!
Lui, poco fa sì bello, com'è brutto
e comico! Qualcuno con la pipa
il becco qui gli stuzzica; là un altro
l'infermo che volava, zoppicando
scimmieggia.
Come il principe dei nembi
è il Poeta che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell'arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni, camminare
non può per le sue ali di gigante.
Deserto, salvo qualche pallida stella, il cielo
Sogna; e deserta, sotto, la piccola strada
Si ritrae nella sua ombra, segreta e schiva.
Il sordo frastuono quasi non penetra in questo tranquillo rifugio;
Tutto è buio, salvo dove si riversano raggi di luce
Dalla finestra d'una taverna: li, dietro il ritmo vivace
D'un organetto che suona allegro in fondo a un vicolo,
Due bambine, tutte sole e senza spettatori,
Reggendo le vestine sbrindellate, per aerei meandri
Di moto, lievemente seguiti con agili piedi,
Danzano composte: si guardano faccia a faccia,
Occhi scintillanti, gravi di compiuta letizia.
Mondo mondo mondo mondo
e il viso tomba
nuvola contro la sera
de morituris nibil nisi.
E la faccia si disfa timidamente
troppo tardi per rabbuiare il cielo
arrossendo via nella sera
rabbrividendo via come una gaffe
Veronica mundi
Veronica munda
dacci una strofinata per amore di Cristo
sudando come un Giuda
stanco di morire
stanco dei poliziotti
i piedi in marmellata
traspirando profusamente
il cuore in marmellata
fumo più frutta
il vecchio cuore il vecchio cuore
erompendo extra congresso
eppure ti assicuro
sdraiato sul ponte O'Connell
guardando stupito i tulipani della sera
i tulipani verdi
brillanti all'angolo come un antrace
brillanti sulle chiatte della Guinness
il soprattono la faccia
troppo tardi per rischiarare il cielo
però però ti assicuro.
Potrebbero cadere
tutti i muri
innalzati
per dividere
noi
anime gemelle
da quell'abbraccio
universale,
ma
se i nostri cuori
non battono violentemente
per far crollare
le nostre ideologie,
mai saremo capaci
di Amare veramente
e continueremo
a percorrere
le nostre strade
indifferenti al buio
che incombe
sui nostri
volti.
E ti assiepi
invaso
dalla solitudine,
con la siringa
dimentica nel braccio
col capo
rivolto al cielo,
in una inutile
attesa
di una gioia
già
scomparsa.
I disabili guidati da Immanuel
seguivano in carrozzelle sbilenche
per calanchi e sassaie, assetati,
Gesù che, con calzari di sicomoro,
andava a meditare, stanco del mondo
chiuso in un tramonto immobile, d'oro,
sul Mar Morto. Che sorto fra aride
colline esile fiottava contro le sponde.
Lo seguiva la turba dei disabili, fra cui
il bimbo di sei anni, Filippo. Un bue
ruminando erbe secche e spine, negli
occhi li rifletteva tutti da uno scoglio storto.
Gesù alzò sulle acque le mani, e si tacque la turba.
Con una bilancia di quarzo ne pesò
le anime assieme ai minuscoli quark e leptoni.
"O voi che costituite l'universo", disse
il Maestro, "leptoni e quark, e disabili verso
Dio rivolti, e Immanuel, in quel
Mar Morto se i piedi immergete, entrerete
in uno Spirito risorgente in tanti tempo-spazio".
Il tramonto finiva blu, e i disabili in una
nube di quark, ebbero il corpo sano
vedendo emergere dalle acque Iddio.