È degno di ammirazione il Pi greco tre virgola uno quattro uno. Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai. Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo, otto nove, dal calcolo, sette nove dall'immaginazione, e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo, ossia dal paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo. Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe. Lo stesso, anche se un po' dopo, fanno i serpenti delle fiabe. Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina, È capace di srotolarsi sul tavolo, nell'aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole, diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo. Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino! Com'è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio! E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono il tuo numero di collo l'anno millenovecentosettantatré sesto piano il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma, e anche la terra e il cielo passeranno, ma non il Pi greco, oh no, niente da fare, esso sta lì con il suo cinque ancora passabile, un otto niente male, un sette non ultimo, incitando, ah, incitando l'indolente eternità a durare.
Passa un altro inverno, ancora neve sopra la collina, brilla al primo sole di una tiepida mattina. Qualche pagliuzza s'intravede, qualche pratolina, è primavera e contro i vetri, c'è col naso spiaccicato la mia piccolina. Mamma, papà non torna, mi ha promesso un regalo, prendo tra le braccia la bambina, cerco di distrarla, ma ancora chiede: mamma mi racconti di papà. Era la prima foglia, sopra quel balcone, autunno appena cominciato, e lui mi salutava sotto quel portone. Amore torno presto e non l'ho visto più. Arrivò la notizia con Il freddo dell'inverno, anche l'ultima lacrima sul mio viso si era congelata, in quella lunga giornata... una lettera e poi una telefonata dal fronte, suo marito signora... una fucilata. Perché sacrificare la vita di un uomo, la sua bimba ha bisogno, le hanno distrutto un sogno. Cerco di vedere il verde sotto quella neve, certo non riuscirò a dimenticare, chissà se si scioglierà il mio cuore come la neve sopra la collina, finirà mai la mia rabbia ed il mio dolore.
Laddove si ferma il tempo dove ogni dolore cessa dove ogni speranza si spegne dove ogni cosa appare più dolce o più atroce.
Laddove si ferma il tempo dove il giorno incontra la notte dove la primavera incontra l'inverno dove tutto è più torbido o più chiaro dove domande trovano risposte assurde.
Laddove la porta della vita si chiude dove una speranza nuova nasce dove la vita si schianta con la morte dove ogni sogno si trasforma in un'"illusione" o "speranza" di eternità.
Donne sottovoce, croce, che tutti vogliono, desiderio, dolore, amore, chiodi che rimangono, ferite aperte. Sempre nei sogni, donne e poi... Dolci scoperte. Eterna condanna di chi spera, ma quanta solitudine la sera, un bacio, una carezza che sia vera, aspettando un ripensamento. Non le ferma un no, vanno avanti come tempesta, tutto distruggono quando decidono, niente nel cuore resta, solo un profondo baratro, dove cadere e sostenere ancora uno sguardo. L'indispensabile per continuare, miracolo che ci tiene vivi che prende i sensi, quando vuoi, donna tu che ora sei mia... e poi.
Bestia immonda, che nelle carni affonda, alito lercio di rabbia e pazzia, bestia immonda, che nelle carni affonda, grida strozzate e mani tenute, bestia immonda, che nelle carni affonda, sangue, e preghiere odio e rancore, bestia immonda, che nelle carni affonda, su pelle l'odore, sul cuore dolore bestia immonda, che nelle carni affonda, profonda vergogna, profonda gogna come bestia immonda, che nelle carni affonda.
Come specchi rotti, dove guardi e ti riconosci, in altri non ricordi... La tua vita a pezzi, corpo ed anima dilaniate, ti lasci andare senza lottare, senza ricomporti per continuare. Trascini con fatica quello che resta, non hai voluto né sentire, né aspettare tanti ti parlavano del male e l'hai voluto provare. Sulla tua pelle hai pagato, cicatrici ne segnano i dolori, dove hai lasciato i tuoi amori, quanto hai amato, dove ti hanno lasciato... In quegli specchi ritrovi un po' di te, ma sei partita in fretta senza pensare, hai lasciato i ricordi, sono lì nel fango, coperti di sangue quello che per tutti hai versato e capirai finalmente, che ti sei inutilmente sacrificato.
Son passati gli anni, dentro, fuori e comunque, non ho avuto mai il tempo di pensarci, rimango sempre la stessa e dunque, vale sempre la pena di riprovarci. Ora che riesco ad essere serena, e mi godo appieno il mio tempo, per nessuno voglio darmi pena, troppo ho pensato cos'era più giusto sempre per far piacere agli altri e non sapevo il costo. Ora non do niente per scontato, come ognuno è arrivato, vado avanti per la mia strada che ho percorso da sola, nessuno mi ha mostrato la via, ed ogni sbaglio ogni lacrima è la mia. Soddisfatta di quel che ho fatto, forse troppo in fetta, con la paura di non arrivare, ma poi dove dovevo andare... ora sono qui a ricordare vorrei chiudere gli occhi e ricominciare.
Vorrei essere per te la luce che illumina le giornate buie la mano che ti tira dal pozzo senza fondo nel quale sei caduto Vorrei essere l'aria fresca della mattina che rischiara i tuoi polmoni il caldo raggio di sole che riscalda il tuo cuore. Vorrei essere il cuscino sul quale poggi la tua testa stanca la tazzina del caffè che ogni mattina sfiora le tue labbra. Vorrei essere i tasti del tuo pianoforte Vorrei essere quella goccia di sangue che entra nel tuo cuore per non uscire più.