Poesie d'Autore


Scritta da: 164gio51vi
in Poesie (Poesie d'Autore)

Gli uomini occasionali

Gli uomini occasionali non mi derubano
Anche se rovistano con dita accanite
Nelle pieghe del corpo mio giovane
Come in portafoglio da qualcuno perso.
Gli uomini occasionali non mi tradiscono
Dimenticano sia il nome che il viso mio.
Arrivano, e poco prendono, e poco danno.
Si vestono e... semplicemente se ne vanno.
Gli uomini occasionali non chiedono fedeltà.
Nel loro viaggio verso le stazioni prossime,
gli occasionali restano occasionali.
Si toccano, s'infiammano e bruciano.
Composta martedì 13 dicembre 2011
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    Scritta da: 164gio51vi
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Una carogna

    Ricordi tu l'oggetto, anima mia, che vedemmo quel mattino d'estate così dolce? Alla svolta d'un sentiero un'infame carogna sopra un letto di sassi,
    le gambe all'aria, come una femmina impudica, bruciando e sudando i suoi veleni, spalancava, con noncuranza e cinismo, il suo ventre pieno d'esalazioni.
    Il sole dardeggiava su quel marciume come volendolo cuocere interamente, rendendo centuplicato alla Natura quanto essa aveva insieme mischiato;
    e il cielo contemplava la carcassa superba sbocciare come un fiore. Il puzzo era tale che tu fosti per venir meno sull'erba.
    Le mosche ronzavano sul ventre putrido donde uscivano neri battaglioni di larve colanti come un liquame denso lungo gli stracci della carne.
    Tutto discendeva e risaliva come un'onda, o si slanciava brulicando: si sarebbe detto che il corpo gonfio d'un vuoto soffio, vivesse moltiplicandosi.
    E tutto esalava una strana musica, simile all'acqua corrente o al vento, o al grano che il vagliatore con ritmico movimento agita e volge nel vaglio.
    Le forme si cancellavano riducendosi a puro sogno: schizzo, lento a compiersi, sulla tela (dimenticata) che l'artista condurrà a termine a memoria.
    Dietro le rocce una cagna inquieta ci guardava con occhio offeso, spiando il momento in cui riprendere allo scheletro il brano abbandonato.
    - Eppure tu sarai simile a quell'immondizia, a quell'orribile peste, stella degli occhi miei, sole della mia natura, mia passione, mio angelo!
    Sì, tu, regina delle grazie, sarai tale dopo l'estremo sacramento, allora che, sotto l'erba e i fiori grassi, andrai a marcire fra le ossa.
    Allora, o bella, dillo, ai vermi che ti mangeranno di baci, che io ho conservato la forma e l'essenza divina di tutti i miei decomposti amori.
    Composta martedì 13 dicembre 2011
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura

      Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura
      che desti la furia del pallido e del freddo,
      da sud a sud leva i tuoi occhi indelebili,
      da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra.
      Non voglio che vacillino il tuo riso o i tuoi passi,
      non voglio che muoia la mia eredità d'allegria,
      non bussare al mio petto, sono assente.
      Vivi in mia assenza come in una casa.
      È una casa tanto grande l'assenza
      che v'entrerai traverso i muri
      e appenderai i quadri all'aria.
      È una casa tanto trasparente l'assenza
      che senza vita ti vedrò vivere
      e se soffri, amor mio, morirò un'altra volta.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Forse sono ferito senza sanguinare

        Forse sono ferito senza sanguinare
        da un raggio della tua vita
        e a mezza selva mi trattiene l'acqua:
        la pioggia che cade col suo cielo.

        Allora tocco il cuore madido:
        lì so che i tuoi occhi penetrarono
        la regione estesa del dolore
        e un sussurro d'ombra sorge solo:

        Chi è? Chi è? Ma non ebbe nome
        la foglia o l'acqua oscura che palpita
        a mezza selva, sorda, sul cammino,

        e così, amor mio, seppi che fui ferito
        e lì nessuno parlava, solo l'ombra,
        la notte errante, il bacio della pioggia.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Non ti amo come fossi rosa di sale

          Non ti amo come fossi rosa di sale, topazio
          o freccia di garofani che propagano il fuoco,
          t'amo come si amano certe cose oscure,
          segretamente, tra l'ombra e l'anima.
          Ti amo come pianta che non fiorisce e reca
          dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori,
          e grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
          il denso aroma che sale dalla terra.
          Ti amo senza sapere come, né quando, né da dove,
          ti amo direttamente senza problemi né orgoglio,
          ti amo così perché non so amare altrimenti
          che in questo modo in cui non sono e non sei,
          tanto vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
          tanto vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio
          sonno.
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            Scritta da: Antonio Prencipe
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La figlia della nebbia

            Lui non si vergogna...
            Brava piccola conta fino a dieci
            che papà ti porta in campagna
            a guardare i cavalli che in quei
            giorni ingordi ti strappavano un sorriso.
            Mamma ingoia la verità
            in grazia di Dio se ne andato,
            nella fossa scaveremo piano
            l'incesto gesto...
            Piccola continua a giocare...
            Rincorri l'ingenuità papà
            arriverà a passi lievi come un incubo
            nascosto sotto il cuscino.
            Mamma non credeva alle parole
            di una figlia straziata, umiliata.
            Negli occhi della gente pareva
            un uomo distinto il tuo papà...
            Mamma non voleva vedere i passi
            assordanti dirigersi pian piano
            nella cameretta dorata...
            Brava bambina fai la donna,
            soffri in silenzio con un nodo
            all'anima e un cuore deturpato...
            Nascondi i tuoi occhi al sole
            il buio tuo unico amico nel letto
            ti coprirà come un fratello...
            La luce del tempo ti regalerà
            di nuovo quella purezza portata via
            d'avanti ad un crocifisso...
            Hai chiuso a chiave te stessa.
            Portavi margherite alla maestra strappavi
            i petali per fargli capire cosa significa
            essere figli della nebbia.
            Si faceva troppo presto sera.
            Ti sfondava il corpo, teneva larghe le gambe,
            il sangue macchiava le lenzuola bianche...
            E in quei lordi momenti morivi
            dentro una lacrima...
            Dodici anni la luna caduta accanto al capo,
            il sangue consumato dal vento.
            Piangere è impossibile
            una margherita decapitata sulla lapide muta
            in ricordo della nebbia che offuscava
            gli anni morti assieme lui.
            Si cresce e la meta è ancora lontana...
            E chissà se un giorno si potrà
            urlare con accanto un arcobaleno
            da osservare: "Vita io ti difendo non ti cambio".
            Si sta così bene nella rabbia che perdonare
            diventa impossibile.
            Niente ricopriva il tuo corpo
            solo un sorriso in onore del tuo aguzzino.
            Composta venerdì 16 dicembre 2011
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              Scritta da: Anna De Santis
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Se è vero...

              Passarti davanti per avere un sorriso
              mentre riposi sulla tua poltrona
              ormai gli anni hanno solcato il viso
              eppure fai sempre da padrona
              spiando ogni movimento
              di tutti noi che ti giriamo intorno
              poi volgi lo sguardo perso al vento....
              Non riesco a volte a capire la presenza
              dove sei con il pensiero
              noto spesso purtroppo la tua assenza.
              Se è vero che un giorno mi guidavi
              adesso lo faccio io con te
              ricordo la tua mano stretta nella mia, non mi lasciavi
              ero così sicura...
              ora non passa il tempo e mi ripeti ancora
              sempre le stesse cose
              d'inverno mi chiedi se ho innaffiato le rose
              e dimentichi tutto, il tuo sguardo distratto
              e ricorda soltanto il passato, l'orologio ormai è rotto
              mamma cara se è vero che con l'età si diventa di nuovo bambini
              avrò maggior pazienza e capirò dai gesti e dai tuoi sguardi
              spero di accompagnarti ancora tanto... ma mi ripeti sempre è tardi....
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                Scritta da: Maurizio Fratacci
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                È loro

                È loro il mio respiro,
                il mio saggio pensare.
                È loro ogni mio attimo
                del lungo e lento andare.
                In ogni mia carezza
                è loro il mio sorriso,
                è loro anche ogni ruga
                che mi fiorisce in viso.
                È loro ogni speranza,
                è loro anche ogni lacrima,
                è loro la mia luce
                e il buio dentro l'anima.
                Li spiego contro vento
                son le mie ali libere,
                il mio sguardo lontano,
                il ritmo del mio tempo.
                Essi sono il mio attimo,
                quello che più adoro,
                sono il sussurro, il sibilo.
                Loro son tutto questo
                perché vivono in me e io in loro.
                Composta domenica 11 dicembre 2011
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                  Scritta da: Lara
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  I miei tre gattini

                  Quante gioie si possono vivere
                  osservando una pianta o un fiore soltanto, emozioni diverse, diversi i messaggi d'amore
                  che, sul mio grande terrazzo, in cortile, promanano dal profumo della natura già in fiore.

                  Al risveglio io questa mattina osservavo:
                  "non mi sono sentito
                  mai tanto importante ed amato,
                  così come da quando io vivo
                  circondato dai miei tre gattini".
                  Mi tengono d'occhio, non mi lasciano mai,
                  si rincorrono l'un l'altro,
                  ma sempre girandomi intorno.

                  Son loro i padroni di casa
                  e mi tengono sotto controllo,
                  se indosso la giacca e
                  raccolgo la borsa e le chiavi si parano avanti e guardandomi fisso negli occhi, scodinzolando la coda, mi chiedono...
                  "perché te ne vai e ci lasci qui soli?"
                  Dispiaciuti, m'accompagnano,
                  da veri padroni e signori, sull'uscio di casa,
                  un confine per loro interdetto
                  non occorre ch'io chiuda la porta
                  è ubbidienza e rispetto che vien dall'affetto.
                  Quando arrivo, al ritorno, è una festa,
                  come tanti desiderano in casa;
                  il primo di loro che avverte i miei passi,
                  scatena l'allarme, è la gioia,
                  e incomincia la gara a chi per prima
                  mi salta poi addosso,
                  si rincorrono l'un l'altro portandosi avanti,
                  ritornando all'indietro,
                  è tutta una festa, e che festa,
                  un'emozione che rincorre poi l'altra
                  nel cuor nella mente proietta all'opposto
                  un comportamento mancato
                  d'affetti dovuti più cari.
                  Nel mentre rientro io in casa già si è rotto il silenzio, il baccano sovrasta ogni cosa
                  e il lor sentimento d'affetto
                  ti riempie di gioia.
                  Porgendo nella ciotola il cibo tenuto d'acconto per loro scatena una gara
                  a chi per prima afferra la preda,
                  a chi per prima, più veloce, l'ingoia
                  e ripulisce tutto ciò che durante la gara
                  è finito per terra.
                  Una grignata, ogni volta, tra loro,
                  non manca giammai,
                  tra Elle, già nata arrabbiata
                  e Poppa che ogni tanto infastidita
                  risponde con una potente zampata
                  nel mentre Cippino
                  s'adagia tranquillo e guardingo
                  ad un tempo a mangiare gli avanzi.
                  Poi la calma,
                  ciascuno riprende il suo posto
                  per assaporare tranquillo il suo giusto riposo
                  lisciandosi i baffi o facendo toilettes
                  leccandosi l'intero suo corpo.
                  La mia Elle sorgnona,
                  mentre sembra lei dorma,
                  controlla e distingue ogni mio movimento:
                  se salgo, se scendo,
                  se sbrigo faccende d'ufficio o di casa,
                  ma se scendo per andare a dormire
                  con un balzo in avanti mi precede sul letto
                  ed imperterrita aspetta.
                  Se son io ad arrivare per prima
                  s'accosta e si ferma seduta per terra
                  ed osserva...
                  per lei il segnale è nel gesto
                  di vedermi deciso a rimboccar le coperte.
                  Qualche volta mi diverto a ritardare il segnale, ma lei rispettosa è lì ferma
                  e imperterrita attende.
                  Una volta arrivata al mio fianco
                  si gira e rigira su se stessa più volte
                  poi si adagia aspettando sia io a lisciarle
                  dolcemente il suo pelo sul dorso, sul viso
                  per poi rigirarsi e farsi accarezzare il pancino.
                  Se mi giro di spalle nel letto,
                  non passa un momento, si rialza,
                  mi scavalca e ripete ogni suo movimento
                  per goder della gioia di una carezza d'amore
                  con sentimento elargita.
                  E così stabilisce quell'amor naturale
                  tra gli umani il più delle volte
                  deluso o negato.
                  Nella notte, se mi alzo, anche più di una volta, lei già sa ch'io vi faccio ritorno
                  e resta paziente ad aspettarmi al suo posto.
                  Come faccia a capirlo
                  quando in piedi non faccio ritorno,
                  è sempre per me una gran meraviglia:
                  mi precede e con un salto è già in terra
                  e comincia con il suo miagolio insistente,
                  finché non mi decido a servirla
                  ed è lei che col suo fare rumoroso e insistente poi chiama a raccolta
                  sia Cippino che Poppa.

                  Come posso sentirmi io solo
                  con l'amor che mi danno e che vogliono!?

                  C'è Poppa ch'è normale sia incinta ogni volta
                  e manifesta con tenero amore dolcemente
                  il bisogno che sia proprio io a farle le fusa,
                  per cui mi salta sul petto, specie quando
                  un po' stanco mi sdraio sul letto
                  e strofina la testa fin tanto
                  non le manifesto in qualunque
                  maniera il mio affetto, poi va tranquilla,
                  ma se arriva il momento...
                  che avverte in anticipo,
                  sono io la sua mamma e vuole
                  qualsiasi sia l'ora, sia io che l'assista
                  nel travaglio e nel parto.
                  È così che più di una volta, ai piedi del letto,
                  con gran meraviglia e con quasi le lacrime agli occhi, ho contato:
                  fuori uno, e poi due
                  ed il terzo ed il quarto,
                  e qualche volta anche un quinto gattino, assistendo al suo impegno
                  tutta intenta alla svelta, man mano,
                  a pulirli ingoiando ogni cosa,
                  placenta compresa.
                  Con quanto amore ed umana passione
                  mi guarda negli occhi e con lo sguardo orgogliosa mi invita a toccarli,
                  i suoi piccoli nati, ma mai più di tanto.
                  Se li sollevo prendendoli in mano mi sgrida grignando finché non li vede
                  riposti al suo fianco.
                  Ogni volta, la vedi,
                  si sente matrona, si sente importante,
                  è di nuovo già mamma della bella nidiata,
                  allatta i suoi piccoli e pretende
                  un po' più di attenzioni,
                  mi sembra dovuto è normale.

                  Che bella!
                  che dolce visione vedere Cippino aiutarla
                  e sdraiarsi a lei più vicino possibile
                  e quasi invidioso vorrebbe anche lui poi allattarli e con le zampine le allunga
                  ed abbraccia la mamma
                  e anche lui, come trepidante e tenero padre, si lecca i neonati, e non li lascia un momento
                  li rassicura con la sua presenza costante.
                  Al mattino, mi capita spesso
                  m'affaccio all'ingresso in giardino
                  e per Cippi è una festa,
                  perché vuole ch'io noti la sua sveltezza
                  a salire sul tronco dell'albero
                  e di corsa arrivare sin sopra alla cima,
                  per poi scendere e girarmi d'intorno
                  fintanto non gli dico io "bravo".

                  L'altro giorno, non l'ho visto,
                  ma credo gli sia andata un po' male:
                  m'han regalato due tartarughe ben grandi
                  che ho riposto nella piccola vasca
                  con l'acqua in giardino
                  e lui camminando sul bordo
                  vorrebbe annusarle,
                  forse solo curioso o per fare amicizia,
                  ma qualcosa gli sarà andata poi male,
                  l'ho visto moggio moggio rientrare io in casa
                  col musetto tutto rosso e un po' gonfio
                  e una ferita ad archetto ancor sanguinante.

                  Cosa mai gli sarà capitato!?
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                    Scritta da: Damiano Villi
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Avrei donato a te tutto il mio cuore

                    Ricordati di me quando di esser amata avrai bisogno
                    ricordati che tu eri il mio sogno
                    se solo tu avessi dato a me un po' del tuo amore
                    io avrei donato a te tutto il mio cuore
                    e anche se tu sei tutto ciò che io voglio
                    ciò che mi frena è il mio orgoglio
                    da quando ti ho visto con lui
                    sono cominciati i miei giorni bui
                    da quando tu hai varcato quella soglia
                    di esser pugnalato più non ho voglia
                    ed è ormai vano il tuo veleno
                    ciò che ora riveder voglio è l'arcobaleno.
                    Composta venerdì 9 dicembre 2011
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