Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

Voci della notte

O notte senza luna!... Come un innamorato
ti ascolto e ti contemplo, immoto, estasiato...
Qual musica s'effonde sotto l'argenteo manto!
Intorno, delle fonti gorgoglia il terso canto
qui trema un'adamantina. Perluccia sopra un ramo,
là trilla un augellino l'uguale suo richiamo;
e come un orologio, tra l'erbe, l'indiscreto
grillo ripete l'aspro stridio; dal giuncheto
del fiume s'ode il coro dei rospi, come sordi
d'un organo lontano evanescenti accordi;
e regna sopra tutta la placida armonia,
ora mugghiante, ed ora molto sommesso e lento,
lo strepito d'un nero lontan mulino a vento...
E gli astri!... Oh, quale incanto!... Qual pura melodia!...
Nel coruscar metallico, nel vivo palpitare,
sembrami udire il rombo del loro eterno andare...
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Primavera

    Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
    dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
    dove l'aria è azzurra come il fagottino della biancheria
    di colui che è dimesso dall'ospedale!

    Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
    lasciato da una stella senza continuazione
    per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
    insondabili e privi di espressione.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Come amo i pannelli fiamminghi

      Come amo i pannelli fiamminghi
      dove, fra gli ortaggi e i pesci e il vino,
      la ricca selvaggina su un piatto vassoio
      svaria con splendore di ambra gialla.

      E la battaglia dipinta da un antico pennello:
      un soldato dalla tromba luccicante,
      nugoli di polvere, una catasta di morti
      e dappertutto cavalli impennati!

      Ma per me più gradite e più care di quelle bellezze
      sono le masse di pioppi lungo le sponde,
      il rabesco dei cordami e la rosea spuma
      dei fantasiosi tramonti del Lorenese.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La scala di Giacobbe

        La scala non è fatta
        di trefoli lucenti un effimero
        splendore ove angeli
        posano i piedi con un'occhiata senza dover
        sfiorare la pietra.

        È di pietra.
        Di pietra rosa
        che morbida riluce
        solo perché sta contro un cielo incerto,
        il torbido grigiore della notte.

        Una scala ad angoli
        retti, solidamente costruita.
        Si vede che agli angeli tocca
        saltar giù da un gradino all'altro, sollevando
        un poco le ali:

        e l'uomo deve sbucciarsi
        le ginocchia per salire e aggrapparsi
        con le mani. La pietra squadrata
        lenisce i piedi titubanti. Ali lo sfiorano.
        La poesia sale.
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          Scritta da: Antonio Prencipe
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il corpo si offre, la dignità si vende

          Ero un codardo...
          Rifiutavo l'amore che tanto speravo.
          Anima muta, cieca, sorda,
          storpiata, abbandonata, massacrata,
          umiliata, cacciata via da un corpo
          che ormai nella nebbia si dissolve in pace.
          Niente baci.
          Solo sesso e dolore nelle case di bronzo.
          Vendevo il mio corpo con discrezione,
          al miglior offerente offrivo anche il cuore.
          Mi rivestivo in fretta, non esistevano
          parole dolci, solo "ciao" e soldi
          tenuti stretti come si tiene stretta
          una vita ormai consumata come quel
          preservativo rimasto a tacere
          nelle quiete di un temporale.
          Una sniffata di coca e lo schifo
          si dimentica per almeno cinque ore.
          Mi credevo forte perché offrivo
          il mio corpo e vendevo a caro prezzo
          la mia dignità, il mio orgoglio
          ai potenti truffatori di libertà.
          I soldi ripagavano la mia debolezza.
          Un Dio muto s'affacciò alla porta
          dell'inferno, osservò i miei occhi e sorrise...
          Ero scettico,
          non capivo il significato di quel sorriso.
          Ora invece scrutando l'infinito
          e l'orizzonte più remoto capisco
          che il dolore come l'amore è vita.
          Ed io sono vivo e vivo con le mani
          macchiate di sangue, il mio sangue lento,
          sgocciolava negli angoli bui del passato
          macchiando con rapida scesa anche
          le finestre aperte del mio
          atteso e predominante presente.
          Usavo il sesso come protezione, perivo
          in silenzio e nel rumore di una carezza
          non fiatavo, vomitavo odio e dolore.
          La luna si trasforma in pioggia
          ogni volta che il passato ritorna
          e nelle orecchie del mio cuore esplode.
          In tasca niente nemmeno una piccola
          briciola di dignità da poter regalare
          a quel gabbiano che ancora oggi
          mi guarda schifato.
          Composta martedì 28 febbraio 2012
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            Scritta da: Antonio Prencipe
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Due anime che vivono nello stesso cuore

            Un'altra delusione.
            Il cuore si spezza ancora
            come un eclissi di luna piena,
            un bicchiere di vino, due o tre Marlboro
            e la vita sembra solo un brutto scherzo.
            La nostra, la tua amicizia
            è tutto ciò che conta.
            L'anima nello specchio bagnato
            dai molti respiri, amara come
            un cielo deserto si specchia ancora,
            piano per paura di ferire l'immagine
            maledetta riflessa nel silenzio di una piuma
            d'angelo caduta gridando vendetta.
            "Siamo destinati a rimanere soli!"
            Ci siamo sempre detti a bassa voce
            ma entrambi sappiamo che soli non saremo mai
            perché l'amore che ricopre i nostri
            corpi a volte offerti, sbattuti sui letti,
            sopra vite eccitate e sbagliate per noi
            per mancanza di sorrisi è più forte
            di qualunque amore destinato a finire.
            Noi siamo più forti del sole che strilla.
            La guerra scorre nelle vene.
            Amica mia siamo entrambi guerrieri
            chiusi a chiave in un cielo
            che non è fatto per essere nostro.
            Ed io ti amo come amo la mia stessa vita,
            i miei sogni che senza te non hanno senso.
            Ricordo ancora quando nel dolore
            lentamente affogavo e tu con i tuoi sorrisi
            e le tue risate sollevavi quel dolore
            fino a trasformarlo come si trasforma
            l'aurora tenuta in catene nell'oblio.
            Siamo amici, fratelli dallo stesso odore,
            folli amanti dell'impossibile.
            Il dolore è un ago che penetra il fuoco.
            La solitudine ha le ali del rancore.
            Sempre uniti, sempre noi, solo due anime
            vissute dallo stesso cuore,
            caduti dal paradiso senza far rumore
            come fa un petalo di rosa caduto piano
            da uno stelo di lacrime furiose.
            Composta martedì 28 febbraio 2012
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              Scritta da: Alessandro Pinto
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Desiderio proibito

              In tutti i divieti c'è
              una magica forza
              che induce alla tentazione.
              Il vietato è contagioso,
              i desideri proibiti
              si propagano in noi
              come tormento perenne
              infuriato dall'inibizione.
              L'ubbidienza al tabù
              presuppone la rinuncia,
              perché tutti i divieti
              sono menomazioni che
              nascondono desideri.
              Così la tentazione
              cresce a dismisura nella
              prigione dell'inconscio.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Arte poetica

                Tra ombre e spazio, tra guarnigioni e donzelle,
                dotato di cuor singolare e di sogni funesti,
                precipitosamente pallido, appassito in fronte,
                e con lutto di vedovo furioso per ogni giorno della mia vita,
                ahi, per ogni acqua invisibile che bevo sonnolento
                e per ogni suono che accolgo tremando,
                ho la stessa sete assente, la stessa febbre fredda,
                un udito che nasce, un'angustia indiretta,
                come se arrivassero ladri o fantasmi,
                e in un guscio di estensione fissa e profonda,
                come un cameriere umiliato, come una campana un po' roca,
                come uno specchio vecchio, come un odor di casa sola
                in cui gli ospiti entrano di notte perdutamente ebbri,
                e c'è un odore di biancheria gettata al suolo, e un'assenza di fiori
                - forse un altro modo ancor meno malinconico -,
                ma, la verità d'improvviso, il vento che sferza il mio petto,
                le notti di sostanza infinita cadute nella mia camera,
                il rumore di un giorno che arde con sacrificio
                sollecitano ciò che di profetico è in me, con malinconia,
                e c'è un colpo di oggetti che chiamano senza risposta
                e un movimento senza tregua, e un nome confuso.
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Un ricordo

                  Ricordo il dolce tempo delle sierre cordovane
                  Trascorso con l'anima libera dall'attesa
                  Vagando fra le macchie di menta e di genziane
                  I cieli smaglianti, giorni senza sorpresa.

                  Oh il folto biancospino dal voluttuoso odore!
                  Di notte nelle amache in gruppi familiari
                  Guardavamo gli immensi grappoli stellari
                  Suonava dentro un tango e si parlava d'amore.

                  Eravamo tutti giovani e molti erano belli
                  Le sierre simulavano gobbe di cammelli
                  e ai loro lati, a braccetto, su un sentiero abituale

                  Tornavamo cantando al cader della sera
                  in una sola fila, ed era primavera.
                  S'affacciava a guardarci il disco della luna.

                  UN RECUERDO

                  Recuerdo el dulce tiempo de sierras cordobesas
                  Pasado con el alma sin un solo deseo,
                  Vagando entre las matas de menta y de poleo,
                  Los cielos deslumbrantes, los dìas sis sorpresas.

                  Oh, el poblado espinillo de voluptuoso olor!
                  De noche, en las hamacas, los grupos familiares
                  Miràbamos los gruesos racimos estelares.
                  Sonaba, adentro, un tango y se hablaba de amor.

                  Eramos todos jovenes, y muchos eran bellos.
                  Las sierras simulaban jorobas de camellos,
                  Y a su vera, del brazo, por la senda oportuna,

                  Volviamos, cantando, en una sola hilera,
                  Al caer de las tardes. Y era la primavera.
                  Y se asomaba a vernos el disco de la luna.
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Chi sono? (Da poemi)

                    Chi sono?
                    Son forse un poeta?
                    No certo.
                    Non scrive che una parola, ben strana,
                    la penna dell'anima mia:
                    follìa.
                    Son dunque un pittore?
                    Neanche.
                    Non à che un colore
                    la tavolozza dell'anima mia:
                    malinconia.
                    Un musico allora?
                    Nemmeno.
                    Non c'è che una nota
                    nella tastiera dell'anima mia:
                    nostalgìa.
                    Son dunque... che cosa?
                    Io metto una lente
                    dinanzi al mio core,
                    per farlo vedere alla gente.
                    Chi sono?
                    Il saltimbanco dell'anima mia.
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