Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

Primavera

Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
dove l'aria è azzurra come il fagottino della biancheria
di colui che è dimesso dall'ospedale!

Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
lasciato da una stella senza continuazione
per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
insondabili e privi di espressione.
Vota la poesia: Commenta
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Come amo i pannelli fiamminghi

    Come amo i pannelli fiamminghi
    dove, fra gli ortaggi e i pesci e il vino,
    la ricca selvaggina su un piatto vassoio
    svaria con splendore di ambra gialla.

    E la battaglia dipinta da un antico pennello:
    un soldato dalla tromba luccicante,
    nugoli di polvere, una catasta di morti
    e dappertutto cavalli impennati!

    Ma per me più gradite e più care di quelle bellezze
    sono le masse di pioppi lungo le sponde,
    il rabesco dei cordami e la rosea spuma
    dei fantasiosi tramonti del Lorenese.
    Vota la poesia: Commenta
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La scala di Giacobbe

      La scala non è fatta
      di trefoli lucenti un effimero
      splendore ove angeli
      posano i piedi con un'occhiata senza dover
      sfiorare la pietra.

      È di pietra.
      Di pietra rosa
      che morbida riluce
      solo perché sta contro un cielo incerto,
      il torbido grigiore della notte.

      Una scala ad angoli
      retti, solidamente costruita.
      Si vede che agli angeli tocca
      saltar giù da un gradino all'altro, sollevando
      un poco le ali:

      e l'uomo deve sbucciarsi
      le ginocchia per salire e aggrapparsi
      con le mani. La pietra squadrata
      lenisce i piedi titubanti. Ali lo sfiorano.
      La poesia sale.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Antonio Prencipe
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il corpo si offre, la dignità si vende

        Ero un codardo...
        Rifiutavo l'amore che tanto speravo.
        Anima muta, cieca, sorda,
        storpiata, abbandonata, massacrata,
        umiliata, cacciata via da un corpo
        che ormai nella nebbia si dissolve in pace.
        Niente baci.
        Solo sesso e dolore nelle case di bronzo.
        Vendevo il mio corpo con discrezione,
        al miglior offerente offrivo anche il cuore.
        Mi rivestivo in fretta, non esistevano
        parole dolci, solo "ciao" e soldi
        tenuti stretti come si tiene stretta
        una vita ormai consumata come quel
        preservativo rimasto a tacere
        nelle quiete di un temporale.
        Una sniffata di coca e lo schifo
        si dimentica per almeno cinque ore.
        Mi credevo forte perché offrivo
        il mio corpo e vendevo a caro prezzo
        la mia dignità, il mio orgoglio
        ai potenti truffatori di libertà.
        I soldi ripagavano la mia debolezza.
        Un Dio muto s'affacciò alla porta
        dell'inferno, osservò i miei occhi e sorrise...
        Ero scettico,
        non capivo il significato di quel sorriso.
        Ora invece scrutando l'infinito
        e l'orizzonte più remoto capisco
        che il dolore come l'amore è vita.
        Ed io sono vivo e vivo con le mani
        macchiate di sangue, il mio sangue lento,
        sgocciolava negli angoli bui del passato
        macchiando con rapida scesa anche
        le finestre aperte del mio
        atteso e predominante presente.
        Usavo il sesso come protezione, perivo
        in silenzio e nel rumore di una carezza
        non fiatavo, vomitavo odio e dolore.
        La luna si trasforma in pioggia
        ogni volta che il passato ritorna
        e nelle orecchie del mio cuore esplode.
        In tasca niente nemmeno una piccola
        briciola di dignità da poter regalare
        a quel gabbiano che ancora oggi
        mi guarda schifato.
        Composta martedì 28 febbraio 2012
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Antonio Prencipe
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Due anime che vivono nello stesso cuore

          Un'altra delusione.
          Il cuore si spezza ancora
          come un eclissi di luna piena,
          un bicchiere di vino, due o tre Marlboro
          e la vita sembra solo un brutto scherzo.
          La nostra, la tua amicizia
          è tutto ciò che conta.
          L'anima nello specchio bagnato
          dai molti respiri, amara come
          un cielo deserto si specchia ancora,
          piano per paura di ferire l'immagine
          maledetta riflessa nel silenzio di una piuma
          d'angelo caduta gridando vendetta.
          "Siamo destinati a rimanere soli!"
          Ci siamo sempre detti a bassa voce
          ma entrambi sappiamo che soli non saremo mai
          perché l'amore che ricopre i nostri
          corpi a volte offerti, sbattuti sui letti,
          sopra vite eccitate e sbagliate per noi
          per mancanza di sorrisi è più forte
          di qualunque amore destinato a finire.
          Noi siamo più forti del sole che strilla.
          La guerra scorre nelle vene.
          Amica mia siamo entrambi guerrieri
          chiusi a chiave in un cielo
          che non è fatto per essere nostro.
          Ed io ti amo come amo la mia stessa vita,
          i miei sogni che senza te non hanno senso.
          Ricordo ancora quando nel dolore
          lentamente affogavo e tu con i tuoi sorrisi
          e le tue risate sollevavi quel dolore
          fino a trasformarlo come si trasforma
          l'aurora tenuta in catene nell'oblio.
          Siamo amici, fratelli dallo stesso odore,
          folli amanti dell'impossibile.
          Il dolore è un ago che penetra il fuoco.
          La solitudine ha le ali del rancore.
          Sempre uniti, sempre noi, solo due anime
          vissute dallo stesso cuore,
          caduti dal paradiso senza far rumore
          come fa un petalo di rosa caduto piano
          da uno stelo di lacrime furiose.
          Composta martedì 28 febbraio 2012
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Alessandro Pinto
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Desiderio proibito

            In tutti i divieti c'è
            una magica forza
            che induce alla tentazione.
            Il vietato è contagioso,
            i desideri proibiti
            si propagano in noi
            come tormento perenne
            infuriato dall'inibizione.
            L'ubbidienza al tabù
            presuppone la rinuncia,
            perché tutti i divieti
            sono menomazioni che
            nascondono desideri.
            Così la tentazione
            cresce a dismisura nella
            prigione dell'inconscio.
            Vota la poesia: Commenta
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Arte poetica

              Tra ombre e spazio, tra guarnigioni e donzelle,
              dotato di cuor singolare e di sogni funesti,
              precipitosamente pallido, appassito in fronte,
              e con lutto di vedovo furioso per ogni giorno della mia vita,
              ahi, per ogni acqua invisibile che bevo sonnolento
              e per ogni suono che accolgo tremando,
              ho la stessa sete assente, la stessa febbre fredda,
              un udito che nasce, un'angustia indiretta,
              come se arrivassero ladri o fantasmi,
              e in un guscio di estensione fissa e profonda,
              come un cameriere umiliato, come una campana un po' roca,
              come uno specchio vecchio, come un odor di casa sola
              in cui gli ospiti entrano di notte perdutamente ebbri,
              e c'è un odore di biancheria gettata al suolo, e un'assenza di fiori
              - forse un altro modo ancor meno malinconico -,
              ma, la verità d'improvviso, il vento che sferza il mio petto,
              le notti di sostanza infinita cadute nella mia camera,
              il rumore di un giorno che arde con sacrificio
              sollecitano ciò che di profetico è in me, con malinconia,
              e c'è un colpo di oggetti che chiamano senza risposta
              e un movimento senza tregua, e un nome confuso.
              Vota la poesia: Commenta
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Un ricordo

                Ricordo il dolce tempo delle sierre cordovane
                Trascorso con l'anima libera dall'attesa
                Vagando fra le macchie di menta e di genziane
                I cieli smaglianti, giorni senza sorpresa.

                Oh il folto biancospino dal voluttuoso odore!
                Di notte nelle amache in gruppi familiari
                Guardavamo gli immensi grappoli stellari
                Suonava dentro un tango e si parlava d'amore.

                Eravamo tutti giovani e molti erano belli
                Le sierre simulavano gobbe di cammelli
                e ai loro lati, a braccetto, su un sentiero abituale

                Tornavamo cantando al cader della sera
                in una sola fila, ed era primavera.
                S'affacciava a guardarci il disco della luna.

                UN RECUERDO

                Recuerdo el dulce tiempo de sierras cordobesas
                Pasado con el alma sin un solo deseo,
                Vagando entre las matas de menta y de poleo,
                Los cielos deslumbrantes, los dìas sis sorpresas.

                Oh, el poblado espinillo de voluptuoso olor!
                De noche, en las hamacas, los grupos familiares
                Miràbamos los gruesos racimos estelares.
                Sonaba, adentro, un tango y se hablaba de amor.

                Eramos todos jovenes, y muchos eran bellos.
                Las sierras simulaban jorobas de camellos,
                Y a su vera, del brazo, por la senda oportuna,

                Volviamos, cantando, en una sola hilera,
                Al caer de las tardes. Y era la primavera.
                Y se asomaba a vernos el disco de la luna.
                Vota la poesia: Commenta
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Chi sono? (Da poemi)

                  Chi sono?
                  Son forse un poeta?
                  No certo.
                  Non scrive che una parola, ben strana,
                  la penna dell'anima mia:
                  follìa.
                  Son dunque un pittore?
                  Neanche.
                  Non à che un colore
                  la tavolozza dell'anima mia:
                  malinconia.
                  Un musico allora?
                  Nemmeno.
                  Non c'è che una nota
                  nella tastiera dell'anima mia:
                  nostalgìa.
                  Son dunque... che cosa?
                  Io metto una lente
                  dinanzi al mio core,
                  per farlo vedere alla gente.
                  Chi sono?
                  Il saltimbanco dell'anima mia.
                  Vota la poesia: Commenta
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Xenia (da satura)

                    Dicono che la mia
                    sia una poesia d'inappartenenza.
                    Ma s'era tua era di qualcuno:
                    di te che non sei più forma, ma essenza.
                    Dicono che la poesia al suo culmine
                    magnifica il Tutto in fuga,
                    negano che la testuggine
                    sia più veloce del fulmine.
                    Tu sola sapevi che il moto
                    non è diverso dalla stasi,
                    che il vuoto è il pieno e il sereno
                    è la più diffusa delle nubi.
                    Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
                    imprigionata tra le bende e i gessi.
                    Eppure non mi dà riposo
                    sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
                    Vota la poesia: Commenta