Le migliori poesie inserite da Michele Gentile

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Scritta da: Michele Gentile

Santa inquisizione

Chiedo perdono,
umilmente
come solo un peccatore
della mia specie
può fare.
Ho inciso questa vita nelle carni
in profondità,
sorridendo quand'ero in me
scrivendo rabbia nei giorni offesi.
Chiedo perdono
per aver ucciso la speranza e
averla seppellita ancora viva.
Chiedo perdono per aver reciso giovani fiori
per averli dipinti di nero
e cuciti sul mio drappo.
Quale misera umanità rappresento
quanti errori,
nei vostri letti sarei stato il benvenuto
tra il piacere
e il dovere
di raccontarvi un uomo nudo...
chiedo perdono
chiedo perdono.
Composta domenica 8 dicembre 2013
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    Scritta da: Michele Gentile

    Avanti

    Le gemme della memoria
    incontrano la mia carezza.
    Soave
    germoglia nel vento
    brezza di pace,
    quiete che la marea
    sussurra alla foce.
    Avanti mio vecchio cuore!
    L'inverno ti sorride.
    Giorni di pioggia
    ti appartengono,
    bruma straniera di vita
    danza intorno al tuo fuoco.
    Avanti allora, sino all'oro
    su rotte di un tempo corsaro
    governando nuove burrasche
    con redini d'argilla.
    Non temere mai la scorza del cielo,
    perditi
    in questa terra nuova di speranza.
    Composta giovedì 2 gennaio 2014
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      Scritta da: Michele Gentile

      Maledizione

      Trovai scampo
      sulle tue labbra
      tacendo i giorni
      della colpa,
      spogliandomi
      d'ogni ragione.
      Morivo
      ad ogni tuo addio,
      lontana dal mio sguardo
      persino Iddio
      tremava
      al mio pianto.
      La tua pelle di notte
      le porte del sogno,
      senza pietà
      come radice
      nella terra di cui ha bisogno
      dolce rovina tra le tue braccia.
      Dove sei dolce maledizione,
      infinita pazzia?
      Un uomo senza onore
      brama il tuo sapore...
      come un cane
      il suo padrone.
      Composta giovedì 2 gennaio 2014
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        Scritta da: Michele Gentile

        Dove ci incontrammo

        Stamane
        germogliano ricordi.
        Pasteggiano
        le ore
        rimasugli di indifferenza.
        Dove ci conobbero
        stanotte
        va a peccare il rimpianto
        complice
        di mille solitudini.
        Vale ancora la pena
        dare retta al cielo,
        vederlo correre
        nelle stanze più buie
        laggiù
        fra le strade del silenzio
        laggiù...
        dove ci perdemmo.
        Composta mercoledì 2 luglio 2014
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          Scritta da: Michele Gentile

          Liturgia

          Resta una sigaretta spenta,
          una macchia di gelato
          restano una poesia da finire
          e un altare da ricostruire.
          Resta la sera sul davanzale,
          l'ultima lacrima prima di partire
          restano una luce accesa
          e una vita da dimenticare.
          Ma io non voglio vedere oltre le tue spalle
          non voglio sgusciarti via dalle mani,
          inchiodo al muro le nostre ombre
          che restano abbracciate
          aspettando che faccia giorno.
          Composta lunedì 3 luglio 2017
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            Scritta da: Michele Gentile

            Esecuzione capitale

            Perderò la testa
            per mastro titta
            per uno struggente tramonto
            in soffitta.
            Vilipeso tra
            un sconfitta in trasferta
            e il leggendario gra
            questo è un popolo in continuo movimento,
            in perenne migrazione;
            dal senso civico e la buona educazione
            agli alti pascoli della più cupa rassegnazione.
            Che di ottavi monarchi ne ho piene le tasche
            come gli spiccioli di questa fontana
            come le ore perse ad una fermata
            come a dire "a chi tocca nun sé ngrugna"
            porgendo l'altra guancia alla vergogna
            se solo mandi giù bocconi amari
            e ti rimane un filo di voce impigliato nelle mani.
            Ce ne sono di escrementi, di voragini, prestanome e cardinali
            neroni che incendiano la rabbia
            per questo castello sulla sabbia
            chiamato Roma, chiamato urbe
            di lupe e volpi poco furbe
            per decidere qualcosa di sensato
            senza darsi troppe arie su pè l naso.
            Non è pasquino che è tornato.
            È solo il canto stupido e spaesato
            di chi di quest'eterna capitale
            n'è ancora tutto sommato innamorato.
            Ma lorsignori saran d'accordo
            su questo fastidioso corso degli eventi
            che qui di fulgido e glorioso
            sono rimasti solo i monumenti.
            Il barcarolo va contro corrente
            parla ma non dice niente,
            fra le sponde e i ponti sul biondo incedere
            medita che in fin dei conti
            ciascuno ha quello che si merita.
            "Bonanotte popolo"
            l'eco finalmente si risente
            "torna a dormì e lassa perde
            tutte ste faccenne. Aricordete ora e ancora
            che nun ce stà nisuna assoluzione
            e che stamo e ce staremo sempre
            nell'anno der signore!"
            Composta mercoledì 17 gennaio 2018
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